Scrivo
questo in risposta a tanti discorsi strampalati che sento in giro… non
mi rivolgo a qualcuno in particolare, ma a un pensiero comune che trovo
aberrante, colonialista e senza senso.
È un pensiero di molti, e sembra avere origine dalla nostra classe dirigente.
Già ho scritto e parlato di immigrati ed immigrazione, e mi permetto di
farlo visto che mi è capitato e mi capita di avere a che fare con
stranieri (penso come molte persone anche se non abbastanza
evidentemente!). Quello che davvero mi lascia perplessa è questa idea
comune dello sfruttamento dell’immigrato, mascherato da solidarietà.
Cosa dice l’opinione “pubblica” - educata dai quotidiani, a loro volta
istruiti dai politici italiani - ? Semplicemente afferma che gli
stranieri siano una risorsa per il Paese Italia, in quanto procreano in
uno Stato oramai anziano, con una bassissima natalità, e in quanto
fanno lavori che noi non facciamo.
Questo concetto è ovviamente ingiusto sia per gli autoctoni che per
gli stranieri: per i primi in quanto li delegittima dei loro meriti,
come se non facessero figli per qualche loro idea strana e come se non
cercassero altro che il lavoro dietro una scrivania. Per avvalorare
questa teoria è stato detto e ridetto che avevamo troppi laureati…
Eppure sembrerebbe che l’Italia si ponga fra gli ultimi posti fra i
Paesi OCSE già per quanto riguarda gli immatricolati e in più, per
citare Confindustria “L’Italia è agli ultimi posti per grado di
istruzione elevata: solo il 15% della popolazione tra i 25-34 anni
consegue un titolo di studio terziario rispetto ai principali paesi
europei e Ocse“. Dunque, visto che tutti questi laureati in realtà
non ci sono, gli Italiani in generale non vorrebbero sporcarsi le mani,
evitando di fare mestieri come l’infermiere (per cui serve una
laurea…), il barista, il cuoco, l’elettricista, l’operaio di fabbrica e
l’operaio edile. Eppure in fabbrica muoiono un sacco di Italiani e ci
sono città che reggono la propria economia quasi esclusivamente
sull’edilizia.
In secondo luogo, il sentire comune si tramuta, nei confronti degli
immigrati, nell’accettazione del loro sfruttamento come bestie da soma:
gli stranieri hanno il compito di far da “fattrici” e procreare, perché
altrimenti il nostro PIL collasserebbe (ancor di più) e in più devono
per forza fare “i lavori che gli Italiani non fanno più”, che sarebbero
quelli appunto di infermiere, operai eccetera. Ma se, in effetti e
contro le chiacchiere tendenziose dei giornalisti comandati dalla
classe politica, all’atto pratico questa cosa non fosse vera ci si
domandere cosa facciano davvero gli stranieri al posto degli autoctoni.
In realtà la differenza fra immigrati ed italiani sta nel “prezzo”.
Quando, a parità di posto di lavoro, età, esperienza, titolo di studio,
un Italiano viene stipendiato misere 850 euro mensili, uno straniero ne
prende ancora meno: ovvero 750 euro al mese. Lo straniero “costa” di
meno, perché tace ed accetta: ed è così che lo sfruttamento si maschera da solidarietà.
Gli stipendi scendono ancora di più, sono sempre più bassi. Se una
barista italiana guadagna 750 euro, una barista moldava, guarda caso,
ne guadagna 550 e lavora full time come l’italica collega. Non è vero
dunque che manchino baristi italiani: ci sono, ma ovviamente vogliono
uno stipendio che consenta loro di sopravvivere. Allora si verifica che
il proprietario del bar decisamente preferisca qualcuno che si prenda
uno stipendio ridicolo per la vita esosa del Paese Italia, e uno
straniero è adatto allo scopo in quanto tace e abbassa la testa. Stessa
cosa fanno gli Ospedali pubblici: un 110 e lode di 30 anni gli origine
italiana guadagna 850 euro al mese collaborando per la ricerca sulle
leucemie, ma un 110 e lode di 30 anni di origine romena ne guadagna ben
100 euro in meno nello stesso istituto ed, in più, sia i responsabili,
che i colleghi gli raccontano la bugia che lì tutti guadagnino la
stessa cifra.
La verità è che italiani e stranieri, comunitari e non, fanno gli
stessi lavori. La verità è anche che, però le retribuzioni sono
differenti sia nel privato che nel pubblico e che la cosa è sempre
stata così.
In Italia abbiamo avuto i Sindacati che, nel bene e nel male, si sono
battuti ed hanno lottato, sin dal secondo Dopoguerra, per ottenere
condizioni di lavoro sempre migliori, ed ora, affermando che “gli stranieri fanno lavori che gli italiani non fanno più“,
si sta screditando quella stessa attività Sindacale che dura da
decenni. La verità, dunque, è un’altra, simile ma diversa: il
lavoratore italiano tende a scartare posti di lavoro poco remunerativi,
cosa che uno straniero, sentendosi in minoranza, temendo di essere
cacciato (e, signori miei: questo timore, vi posso assicurare, che lo
si ha a prescindere, indipendentemente dalle leggi esistente), temendo
di non guadagnare, accetta in silenzio ed a testa bassa.
Allora, come nasce questa fantasia? Come mai gli italiani si recano
in Inghilterra per fare gli infermieri, oppure nei Paesi Bassi per fare
i cuochi e i camerieri, o in Spagna per fare i magazzinieri? Come mai
gli italiani che vengono “esportati” fanno figli e in Italia no? Non
siamo di fronte alla metafora dell’ “Isola di Lost” in cui le
donne che restano incinte muoio! Siamo di fronte semplicemente a un
Paese invivibile, vecchio di mentalità, dove una classe di pochi, una
oligarchia di banchieri, grandi industriali e - per ultimi - politici
burattini, vogliono un popolo che sia “popolino”, cioè debole, povero,
ignorante e dunque facilmente comandabile. Allora l’unica speranza è
quella di utilizzare (nel vero senso della parola) i cittadini
stranieri, facendo finta di essere solidali. Questi personaggi, però,
non si rendono conto che un giorno quegli stessi cittadini stranieri
vorranno smetterla di guadagnare qualche miserabile spicciolo per
mantenere un sistema a rete che succhia soldi. Attualmente in Italia
entrano laureati che si abbassano a vendere occhiali fuori dei
supermercati: queste persone per ora accettano che il loro titolo di
studio non venga riconosciuto valido. Però non si calcola e non si
tiene conto che i figli di costoro avranno tutto il diritto in futuro
di chiedere ciò che gli spetta: ovvero stipendi adeguati oltre che
lavori adeguati e condizioni di lavoro regolari e sicure. A quel punto
come si farà? Si tenterà di “sostituire” questi nuovi italiani con
altri stranieri nella speranza che la popolazione resti sempre zitta?
Io non credo che sia vero ciò che ci dicono: non credo che sia vero
che le fabbriche italiane al nord hanno bisogno di stranieri perché gli
italiani non fanno più l’operaio di fabbrica, ma credo che gli
immigrati accettino stipendi da fame e che i proprietari delle
industrie vogliano guadagnare quel certo surplus di cui parlava un tale
Marx, per cui un operaio italiano non conviene, in quanto conosce i
suoi diritti e vuole che siano rispettati (anche perché con un mutuo
che costa 1000 euro al mese, servirebbe uno stipendio netto di 2000 al
mese). E credo che alimentare questo genere di leggenda, serva solo a
mandare in fumo anni e anni di lotte ed a dare credito ad un nuovo tipo
di Colonialismo: un Colonialismo “invertito”, il quale fa entrare le
prede come una trappola per mosche.
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