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Scritto da Marista Urru   
domenica 27 luglio 2008
di Francesca Lippi [ 27 Luglio 2008 ]
 

Scrivo questo in risposta a tanti discorsi strampalati che sento in giro… non mi rivolgo a qualcuno in particolare, ma a un pensiero comune che trovo aberrante, colonialista e senza senso.
È un pensiero di molti, e sembra avere origine dalla nostra classe dirigente.
Già ho scritto e parlato di immigrati ed immigrazione, e mi permetto di farlo visto che mi è capitato e mi capita di avere a che fare con stranieri (penso come molte persone anche se non abbastanza evidentemente!). Quello che davvero mi lascia perplessa è questa idea comune dello sfruttamento dell’immigrato, mascherato da solidarietà.
Cosa dice l’opinione “pubblica” - educata dai quotidiani, a loro volta istruiti dai politici italiani - ? Semplicemente afferma che gli stranieri siano una risorsa per il Paese Italia, in quanto procreano in uno Stato oramai anziano, con una bassissima natalità, e in quanto fanno lavori che noi non facciamo.

Questo concetto è ovviamente ingiusto sia per gli autoctoni che per gli stranieri: per i primi in quanto li delegittima dei loro meriti, come se non facessero figli per qualche loro idea strana e come se non cercassero altro che il lavoro dietro una scrivania. Per avvalorare questa teoria è stato detto e ridetto che avevamo troppi laureati… Eppure sembrerebbe che l’Italia si ponga fra gli ultimi posti fra i Paesi OCSE già per quanto riguarda gli immatricolati e in più, per citare Confindustria “L’Italia è agli ultimi posti per grado di istruzione elevata: solo il 15% della popolazione tra i 25-34 anni consegue un titolo di studio terziario rispetto ai principali paesi europei e Ocse“. Dunque, visto che tutti questi laureati in realtà non ci sono, gli Italiani in generale non vorrebbero sporcarsi le mani, evitando di fare mestieri come l’infermiere (per cui serve una laurea…), il barista, il cuoco, l’elettricista, l’operaio di fabbrica e l’operaio edile. Eppure in fabbrica muoiono un sacco di Italiani e ci sono città che reggono la propria economia quasi esclusivamente sull’edilizia.

In secondo luogo, il sentire comune si tramuta, nei confronti degli immigrati, nell’accettazione del loro sfruttamento come bestie da soma: gli stranieri hanno il compito di far da “fattrici” e procreare, perché altrimenti il nostro PIL collasserebbe (ancor di più) e in più devono per forza fare “i lavori che gli Italiani non fanno più”, che sarebbero quelli appunto di infermiere, operai eccetera. Ma se, in effetti e contro le chiacchiere tendenziose dei giornalisti comandati dalla classe politica, all’atto pratico questa cosa non fosse vera ci si domandere cosa facciano davvero gli stranieri al posto degli autoctoni.

In realtà la differenza fra immigrati ed italiani sta nel “prezzo”. Quando, a parità di posto di lavoro, età, esperienza, titolo di studio, un Italiano viene stipendiato misere 850 euro mensili, uno straniero ne prende ancora meno: ovvero 750 euro al mese. Lo straniero “costa” di meno, perché tace ed accetta: ed è così che lo sfruttamento si maschera da solidarietà. Gli stipendi scendono ancora di più, sono sempre più bassi. Se una barista italiana guadagna 750 euro, una barista moldava, guarda caso, ne guadagna 550 e lavora full time come l’italica collega. Non è vero dunque che manchino baristi italiani: ci sono, ma ovviamente vogliono uno stipendio che consenta loro di sopravvivere. Allora si verifica che il proprietario del bar decisamente preferisca qualcuno che si prenda uno stipendio ridicolo per la vita esosa del Paese Italia, e uno straniero è adatto allo scopo in quanto tace e abbassa la testa. Stessa cosa fanno gli Ospedali pubblici: un 110 e lode di 30 anni gli origine italiana guadagna 850 euro al mese collaborando per la ricerca sulle leucemie, ma un 110 e lode di 30 anni di origine romena ne guadagna ben 100 euro in meno nello stesso istituto ed, in più, sia i responsabili, che i colleghi gli raccontano la bugia che lì tutti guadagnino la stessa cifra.

La verità è che italiani e stranieri, comunitari e non, fanno gli stessi lavori. La verità è anche che, però le retribuzioni sono differenti sia nel privato che nel pubblico e che la cosa è sempre stata così.
In Italia abbiamo avuto i Sindacati che, nel bene e nel male, si sono battuti ed hanno lottato, sin dal secondo Dopoguerra, per ottenere condizioni di lavoro sempre migliori, ed ora, affermando che “gli stranieri fanno lavori che gli italiani non fanno più“, si sta screditando quella stessa attività Sindacale che dura da decenni. La verità, dunque, è un’altra, simile ma diversa: il lavoratore italiano tende a scartare posti di lavoro poco remunerativi, cosa che uno straniero, sentendosi in minoranza, temendo di essere cacciato (e, signori miei: questo timore, vi posso assicurare, che lo si ha a prescindere, indipendentemente dalle leggi esistente), temendo di non guadagnare, accetta in silenzio ed a testa bassa.

Allora, come nasce questa fantasia? Come mai gli italiani si recano in Inghilterra per fare gli infermieri, oppure nei Paesi Bassi per fare i cuochi e i camerieri, o in Spagna per fare i magazzinieri? Come mai gli italiani che vengono “esportati” fanno figli e in Italia no? Non siamo di fronte alla metafora dell’ “Isola di Lost” in cui le donne che restano incinte muoio! Siamo di fronte semplicemente a un Paese invivibile, vecchio di mentalità, dove una classe di pochi, una oligarchia di banchieri, grandi industriali e - per ultimi - politici burattini, vogliono un popolo che sia “popolino”, cioè debole, povero, ignorante e dunque facilmente comandabile. Allora l’unica speranza è quella di utilizzare (nel vero senso della parola) i cittadini stranieri, facendo finta di essere solidali. Questi personaggi, però, non si rendono conto che un giorno quegli stessi cittadini stranieri vorranno smetterla di guadagnare qualche miserabile spicciolo per mantenere un sistema a rete che succhia soldi. Attualmente in Italia entrano laureati che si abbassano a vendere occhiali fuori dei supermercati: queste persone per ora accettano che il loro titolo di studio non venga riconosciuto valido. Però non si calcola e non si tiene conto che i figli di costoro avranno tutto il diritto in futuro di chiedere ciò che gli spetta: ovvero stipendi adeguati oltre che lavori adeguati e condizioni di lavoro regolari e sicure. A quel punto come si farà? Si tenterà di “sostituire” questi nuovi italiani con altri stranieri nella speranza che la popolazione resti sempre zitta?

Io non credo che sia vero ciò che ci dicono: non credo che sia vero che le fabbriche italiane al nord hanno bisogno di stranieri perché gli italiani non fanno più l’operaio di fabbrica, ma credo che gli immigrati accettino stipendi da fame e che i proprietari delle industrie vogliano guadagnare quel certo surplus di cui parlava un tale Marx, per cui un operaio italiano non conviene, in quanto conosce i suoi diritti e vuole che siano rispettati (anche perché con un mutuo che costa 1000 euro al mese, servirebbe uno stipendio netto di 2000 al mese). E credo che alimentare questo genere di leggenda, serva solo a mandare in fumo anni e anni di lotte ed a dare credito ad un nuovo tipo di Colonialismo: un Colonialismo “invertito”, il quale fa entrare le prede come una trappola per mosche.

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