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SCLEROSI E VIVISEZIONE TESTIMONIANZA DI UNA BIOLOGA: SUSANNA PENCO. PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
sabato 26 maggio 2012


cane e gatto istinto
Mi chiamo Susanna Penco, ho 49 anni, vivo a Genova e da 16 anni sono affetta da sclerosi multipla.
Sono biologa e lavoro come ricercatrice all’Università di Genova. Da sempre sono obiettrice di coscienza verso la sperimentazione animale per 2 motivi: perché non ho alcuna fiducia scientifica in tale pratica, e perché provo un grande senso di pietà nei confronti di tutti gli animali, umani e non umani.


La mia esperienza professionale inizia tanti anni fa, quando decisi, ancor prima di laurearmi, di dedicarmi alle colture cellulari come alternativa ad una ricerca da me ritenuta cruenta ed inutile. Ebbi la fortuna di incontrare le persone giuste: i miei “Capi” mi consentirono di lavorare, anche se presso la mia sede di lavoro il grosso delle pubblicazioni scientifiche passavano per lo stabulario (dove io non entrai mai).



    .

    Fu così che divenni brava a coltivare cellule esclusivamente “in vitro” e, da anni, esclusivamente umane. Con le moderne tecniche, con l’avvento di attrezzature avanguardistiche, e soprattutto SE LA RICERCA IN VITRO FOSSE FINANZIATA COME DOVREBBE, sono certa che si potrebbero ottenere grandi risultati applicabili all’uomo.

    Molto già si fa: in passato era ritenuto indispensabile l’animale in settori della ricerca in cui esso è stato, fortunatamente, ampiamente soppiantato da tecniche moderne ed innovative.


    Ma non è questo l’argomento che vorrei affrontare in questa sede. Anziché delle ricerche “in vitro”, vorrei trattare di quelle “in vivo”. In vivo su chi?

    Ma sull’uomo,certamente,ovviamente, naturalmente. E chi, sennò?!
    Mi spiego, vorrei proporre ricerche che potrebbero essere immediatamente disponibili ed applicabili al vero “bersaglio”della ricerca: la nostra specie. Ecco perché ho
    premesso di essere vittima di una precisa malattia. Io sono assolutamente disponibile a fare da cavia: no, non sono affatto impazzita, tanto meno sono una visionaria fanatica
    pronta al sacrificio della vita per un ideale che, tra l’altro, sarebbe ritenuto ridicolo e assurdo dai più. La mia malattia è “mia”, io ne sono affetta, ma certamente c’è qualcosa in comune tra me e tutti gli altri malati: qualcosa che dovrebbe essere indagato tramite, naturalmente, accuratissime anamnesi, banche dati, analisi statistiche ed epidemiologiche, ed altro.


    Qualcosa si fa, ovviamente. Ma è poco, e sapete perché? Perché la parte del leone, per i fondi stanziati o “raggranellati”attraverso varie vie, anche molto nobili, dalla beneficenza, alle donazioni in tv, ai premi, ecc, la fanno le ricerche sui topi. Insomma, si riesce a far tornare quasi normali i topi, fatti ammalare artificialmente (nessun animale al mondo, a parte l’uomo, si ammala di sclerosi multipla!) con varie terapie, che poi si rivelano, il più delle volte, o inutili per la nostra specie, oppure ci scappa addirittura il morto, come del resto per altri farmaci, altre malattie, ma stessi metodi di ricerca (animali).


    Sappiamo che per ammalarsi di sclerosi multipla ci vuole,consentitemi il paragone un po’ strano, una sorta di “fedina penale sporca”: è il DNA. Dunque, verosimilmente, tutte le
    persone che hanno la sclerosi multipla hanno una “predisposizione”, scritta nei geni, che,
    quando malauguratamente si combina con altri fattori ambientali ancora sconosciuti, dà la manifestazione della malattia.
    Questa predisposizione è condizionata dal famoso MHC (Major Histocompatibility Complex), che è una specie di “codice fiscale” naturale che ciascuno di noi ha, e che, come
    un codice fiscale burocratico, è diverso da persona apersona.Ma qualcosa in comune c’è. O non esisterebbero i trapianti, le somiglianze tra parenti, l’identità dei gemelli
    “veri”, ecc. Ebbene, a tutt’oggi io, e coloro che mi curano, ignoriamo il mio MHC.
    Perché, se è così importante? Perché identificare l’ MHC comporta un esame del sangue costoso...Ma perbacco, costerà sempre meno delle migliaia di ricerche su migliaia di topi che conducono al quasi nulla: i topi si rimettono dalla malattia indotta (sono state usate anche le scimmie, a dire il vero, senza risvolti utili!) eppure i risultati, incoraggianti su
    altre specie, non sono trasferibili all’homo sapiens sapiens.


    Ecco che mi piacerebbe essere utile a me stessa e ai posteri, futuri malati di sclerosi multipla: sarebbe opportuno identificare il mio “codice fiscale biologico” (l’MHC), propormi di sottoporre a monitoraggio, continuo nel tempo, il mio stile di vita: ad esempio, abitudini alimentari, attività fisica, farmaci assunti, e cento altre cose, sottopormi con regolarità ad esami innocui (diagnostica per immagini, dalle risonanze agli ecocolordoppler, a prelievi di sangue ed eventualmente di liquor, ad esempio).veri protagonisti.

    Io degli studi sugli animali mica mi fido.


    Esistono già ricerche cliniche su pazienti umani, ma, a mio modesto avviso, ancora poco coordinate, poco gestite, frammentarie, ritenute secondarie alla ricerca su animali
    che comporta, a dirla tutta, una grande produzione scientifica di lavori su prestigiose riviste e... aiuta la carriera dei ricercatori.


    E poi, ditemi, perché nessuno mi “usa”, se sono attenta, lucidamente consenziente, diligente ed affidabile e per di più con competenze scientifiche?
    Delusa dal disinteresse nei confronti di Susy viva, ho cercato
    di consolarmi pensando al futuro (spero lontano): quando di me resterà la salma. Sì, avete inteso bene: ho deciso, molto tempo fa, di donare il mio cadavere all’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) affinché il mio sistema nervoso centrale difettoso (ma anche altri organi) sia indagato, studiato, osservato, analizzato, in rapporto anche con quello dei miei parenti stretti che, persuasi della bontà del gesto, hanno seguito il mio esempio.

    È molto facile, si tratta di effettuare una scrittura olografa: su un foglio qualunque, con data e firma, ho scritto che donare il cadavere è mio desiderio; generoso verso i miei simili e pietoso verso chi non c’entra nulla (gli animali, topi, cani, gatti o scimmie che siano).
    In pratica, dopo il decesso,una parte di me, anziché marcire o essere cremata, sarà prelevata da medici competenti - almeno spero - e il “resto” di me potrà essere oggetto delle
    eventuali attenzioni funebri scelte da me o consolatorie per i miei cari.

    Naturalmente il tutto, come un testamento, è revocabile in qualsiasi momento, se si cambiasse idea!
    Certo non mi capiterà.
    Immagino la morte come evento ineluttabile ma sfruttabile!
    Come gli Epicurei, ritengo che la morte sia in fondo un falso problema: finché ci sono io non c’è lei, quando ci sarà lei non ci sarò più io... È una sorta di filosofica battuta per
    far intendere che, se contano la vita ultraterrena, l’anima, lo spirito, a mio avviso, sia per incrollabili credenti che per laici rigorosi, del corpo morto sarebbe bene fare buon uso,
    senza tema di vilipendio, né di mancanza di rispetto, anzi!


  1. Come Leonardo da Vinci, credo molto nello studio dei cadaveri:umani per gli umani, felini per i felidi, canini per i canidi... insomma, specie-specifici. Infatti vorrei che anche i
    resti degli animali domestici - anziché finire cremati,o, peggio, nell’immondizia ordinaria, fossero “sfruttati” per ricerche utili ad altri animali.Così come le correlazioni malattie umane, abitudini umane, in una stessa famiglia, fossero messe, appunto, in correlazione con patologie degli animali che vivono nella medesima famiglia. La mia cagnolina si è ammalata di un raro tumore del sistema nervoso periferico: da tanti anni lei dorme vicino al mio cellulare sotto carica...
    vogliamo mica vedere se fosse capitato ad altri cani?
    Sarebbe facile, basterebbero coordinamento di professionisti e collaborazione di volenterose persone. Insomma, sono alla ricerca della causa-effetto. Sono alla ricerca della ricerca dedita a qualcosa che serva, che sia correlata e dedicata al vero bersaglio dell’indagine, quale che sia, uomini o animali, indagandone le abitudini comuni se vivono insieme, ma senza mischiarli da vivi. Senza voler usare pneumatici da moto su un’automobile.


    È su animali vivi che si pratica la sperimentazione animale. Si fanno nascere apposta. Fate caso al linguaggio comune giornalistico e televisivo: gesti, avvenimenti, fatti e persone è tutto “straordinario”.Un aggettivo inflazionato. Ebbene, io desidero qualcosa di assolutamente ordinario! Nulla trovo di eroico, strano, eccezionale o straordinario nel mio auspicio, nei miei propositi.
    Sono alla ricerca di qualcosa di buono, che sia buono, che
    produca risultati buoni. Per tutti. Senza vittime.


    DOTT.SSA SUSANNA PENCO
    Tratto da : atra orizzonti -





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