Mi chiamo Susanna Penco, ho 49 anni,
vivo a Genova e da 16 anni sono affetta da sclerosi multipla.
Sono
biologa e lavoro come ricercatrice all’Università di Genova. Da
sempre sono obiettrice di coscienza verso la sperimentazione animale
per 2 motivi: perché non ho alcuna fiducia scientifica in tale
pratica, e perché provo un grande senso di pietà nei confronti di
tutti gli animali, umani e non umani.
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Fu così che divenni brava a coltivare
cellule esclusivamente “in vitro” e, da anni, esclusivamente
umane. Con le moderne tecniche, con l’avvento di attrezzature
avanguardistiche, e soprattutto SE LA RICERCA IN VITRO FOSSE
FINANZIATA COME DOVREBBE, sono certa che si potrebbero ottenere
grandi risultati applicabili all’uomo.
Molto già si fa: in passato era
ritenuto indispensabile l’animale in settori della ricerca in cui
esso è stato, fortunatamente, ampiamente soppiantato da tecniche
moderne ed innovative.
Ma non è questo l’argomento che
vorrei affrontare in questa sede. Anziché delle ricerche “in
vitro”, vorrei trattare di quelle “in vivo”. In vivo su chi?
Ma sull’uomo,certamente,ovviamente,
naturalmente. E chi, sennò?!
Mi spiego, vorrei proporre ricerche
che potrebbero essere immediatamente disponibili ed applicabili al
vero “bersaglio”della ricerca: la nostra specie. Ecco perché
ho
premesso di essere vittima di una precisa malattia. Io sono
assolutamente disponibile a fare da cavia: no, non sono affatto
impazzita, tanto meno sono una visionaria fanatica
pronta al
sacrificio della vita per un ideale che, tra l’altro, sarebbe
ritenuto ridicolo e assurdo dai più. La mia malattia è “mia”,
io ne sono affetta, ma certamente c’è qualcosa in comune tra me e
tutti gli altri malati: qualcosa che dovrebbe essere indagato
tramite, naturalmente, accuratissime anamnesi, banche dati, analisi
statistiche ed epidemiologiche, ed altro.
Qualcosa si fa, ovviamente. Ma è
poco, e sapete perché? Perché la parte del leone, per i fondi
stanziati o “raggranellati”attraverso varie vie, anche molto
nobili, dalla beneficenza, alle donazioni in tv, ai premi, ecc, la
fanno le ricerche sui topi. Insomma, si riesce a far tornare quasi
normali i topi, fatti ammalare artificialmente (nessun animale al
mondo, a parte l’uomo, si ammala di sclerosi multipla!) con varie
terapie, che poi si rivelano, il più delle volte, o inutili per la
nostra specie, oppure ci scappa addirittura il morto, come del resto
per altri farmaci, altre malattie, ma stessi metodi di ricerca
(animali).
Sappiamo che per ammalarsi di
sclerosi multipla ci vuole,consentitemi il paragone un po’ strano,
una sorta di “fedina penale sporca”: è il DNA. Dunque,
verosimilmente, tutte le
persone che hanno la sclerosi multipla
hanno una “predisposizione”, scritta nei geni, che,
quando
malauguratamente si combina con altri fattori ambientali ancora
sconosciuti, dà la manifestazione della malattia.
Questa
predisposizione è condizionata dal famoso MHC (Major
Histocompatibility Complex), che è una specie di “codice fiscale”
naturale che ciascuno di noi ha, e che, come
un codice fiscale
burocratico, è diverso da persona apersona.Ma qualcosa in comune
c’è. O non esisterebbero i trapianti, le somiglianze tra parenti,
l’identità dei gemelli
“veri”, ecc. Ebbene, a tutt’oggi
io, e coloro che mi curano, ignoriamo il mio MHC.
Perché, se è
così importante? Perché identificare l’ MHC comporta un esame
del sangue costoso...Ma perbacco, costerà sempre meno delle
migliaia di ricerche su migliaia di topi che conducono al quasi
nulla: i topi si rimettono dalla malattia indotta (sono state usate
anche le scimmie, a dire il vero, senza risvolti utili!) eppure i
risultati, incoraggianti su
altre specie, non sono trasferibili
all’homo sapiens sapiens.
Ecco che mi piacerebbe essere
utile a me stessa e ai posteri, futuri malati di sclerosi multipla:
sarebbe opportuno identificare il mio “codice fiscale biologico”
(l’MHC), propormi di sottoporre a monitoraggio, continuo nel
tempo, il mio stile di vita: ad esempio, abitudini alimentari,
attività fisica, farmaci assunti, e cento altre cose, sottopormi
con regolarità ad esami innocui (diagnostica per immagini, dalle
risonanze agli ecocolordoppler, a prelievi di sangue ed
eventualmente di liquor, ad esempio).veri protagonisti.
Io degli studi sugli animali mica mi
fido.
Esistono già ricerche cliniche su
pazienti umani, ma, a mio modesto avviso, ancora poco coordinate,
poco gestite, frammentarie, ritenute secondarie alla ricerca su
animali
che comporta, a dirla tutta, una grande produzione
scientifica di lavori su prestigiose riviste e... aiuta la carriera
dei ricercatori.
E poi, ditemi, perché nessuno mi
“usa”, se sono attenta, lucidamente consenziente, diligente ed
affidabile e per di più con competenze scientifiche?
Delusa dal
disinteresse nei confronti di Susy viva, ho cercato
di consolarmi
pensando al futuro (spero lontano): quando di me resterà la salma.
Sì, avete inteso bene: ho deciso, molto tempo fa, di donare il mio
cadavere all’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla)
affinché il mio sistema nervoso centrale difettoso (ma anche altri
organi) sia indagato, studiato, osservato, analizzato, in rapporto
anche con quello dei miei parenti stretti che, persuasi della bontà
del gesto, hanno seguito il mio esempio.
È molto facile, si tratta di
effettuare una scrittura olografa: su un foglio qualunque, con data
e firma, ho scritto che donare il cadavere è mio desiderio;
generoso verso i miei simili e pietoso verso chi non c’entra nulla
(gli animali, topi, cani, gatti o scimmie che siano).
In pratica,
dopo il decesso,una parte di me, anziché marcire o essere cremata,
sarà prelevata da medici competenti - almeno spero - e il “resto”
di me potrà essere oggetto delle
eventuali attenzioni funebri
scelte da me o consolatorie per i miei cari.
Naturalmente il tutto, come un
testamento, è revocabile in qualsiasi momento, se si cambiasse
idea!
Certo non mi capiterà.
Immagino la morte come evento
ineluttabile ma sfruttabile!
Come gli Epicurei, ritengo che la
morte sia in fondo un falso problema: finché ci sono io non c’è
lei, quando ci sarà lei non ci sarò più io... È una sorta di
filosofica battuta per
far intendere che, se contano la vita
ultraterrena, l’anima, lo spirito, a mio avviso, sia per
incrollabili credenti che per laici rigorosi, del corpo morto
sarebbe bene fare buon uso,
senza tema di vilipendio, né di
mancanza di rispetto, anzi!
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Come Leonardo da Vinci, credo
molto nello studio dei cadaveri:umani per gli umani, felini per i
felidi, canini per i canidi... insomma, specie-specifici. Infatti
vorrei che anche i
resti degli animali domestici - anziché
finire cremati,o, peggio, nell’immondizia ordinaria, fossero
“sfruttati” per ricerche utili ad altri animali.Così come le
correlazioni malattie umane, abitudini umane, in una stessa
famiglia, fossero messe, appunto, in correlazione con patologie
degli animali che vivono nella medesima famiglia. La mia cagnolina
si è ammalata di un raro tumore del sistema nervoso periferico: da
tanti anni lei dorme vicino al mio cellulare sotto
carica...
vogliamo mica vedere se fosse capitato ad altri
cani?
Sarebbe facile, basterebbero coordinamento di
professionisti e collaborazione di volenterose persone. Insomma,
sono alla ricerca della causa-effetto. Sono alla ricerca della
ricerca dedita a qualcosa che serva, che sia correlata e dedicata al
vero bersaglio dell’indagine, quale che sia, uomini o animali,
indagandone le abitudini comuni se vivono insieme, ma senza
mischiarli da vivi. Senza voler usare pneumatici da moto su
un’automobile.
È su animali vivi che si pratica
la sperimentazione animale. Si fanno nascere apposta. Fate caso al
linguaggio comune giornalistico e televisivo: gesti, avvenimenti,
fatti e persone è tutto “straordinario”.Un aggettivo
inflazionato. Ebbene, io desidero qualcosa di assolutamente
ordinario! Nulla trovo di eroico, strano, eccezionale o
straordinario nel mio auspicio, nei miei propositi.
Sono alla
ricerca di qualcosa di buono, che sia buono, che
produca
risultati buoni. Per tutti. Senza vittime.
DOTT.SSA SUSANNA PENCO
Tratto
da : atra orizzonti -