Santa Marinella è un
mio vecchio amore, l’estate dai miei
primi anni di vita trascorreva qui. Da giovane sono stata anche un po’ canzonata dai miei coetanei per questa passioncella.
I miei amici che come
me vi trascorrevano la villeggiatura sin da bambini, per lo più
nutrivano per questa cittadina la
indifferenza che si prova per qualcosa che si possiede, per molti di loro era un po’ come una vecchia
moglie che sta lì, immutevole e
maledettamente tua “per sempre”, e loro avevano fame di nuovo e di avventura.
A me invece Santa Marinella dava l’idea di un mondo a parte, in bilico
tra vecchio e nuovo e per questo pericolosamente instabile , a rischio
sparizione. E difatti tornando ogni anno
vedevo sparire inesorabilmente angoletti che a me parevano degni di esser
conservati, lì un albero, là una roccia, dove una colata di cemento a coprire
gli scogli e man mano sparire le vecchie
casette mediterranee che avevano proporzioni ed aspetto ottimali per il
paesaggio ove si inserivano senza usargli violenza in una armonia rotta solo
dal sistema stradale fatto di
viottoli pieni di buche e sassi,
polverosi e per lo più non accuditi.
Ed era inevitabile che gran parte della mia Santa Marinella sparisse , il modo ed i perché il cambiamento
e l’ammodernamento è stato a volte ottenuto violentando ed imbruttendo
l’esistente, non sta a me raccontarlo, ne so troppo poco.
Pure la cittadina resta graziosa, neanche la mano pesante
usata qua e la da chi neanche sapeva guardarsi intorno e capire che cosa stava in
realtà rovinando, è riuscita ad uccidere questo paese e la sua bellezza,
la sua grazia innata fatta di colori, profumi, paesaggi, di natura che non vuole morire e resiste agli
attacchi del nuovo che avanza. Rimane sempre a mio avviso il sito più
accattivante e bello, ricco di luoghi segreti , angoli e vedute, attimi di
colore e suono, di questo tratto di costa.
veduta tipo di case a schiera, potrebbero esser ovunque, manufatti disumanizzanti e spesso orribili che fanno comodo solo ai costruttori, brutti e costosi per noi.
Di cosa era fatto a ben vedere il mio piccolo mondo in bilico?
Debbo esser onesta, non saprei dire con precisione: un glicine, un angolo di
spiaggia ormai perso nel cemento, la
risacca tra scogli ormai perduti,
un campo di garofani accanto ad una distesa di grano coperti ormai da case a schiera, i chioschi di bibite sulla
spiaggia ed i loro padroni, persone particolari tutti.
In cosa consistesse
la particolarità è presto detto: si vedeva la vita vissuta sui volti, nelle
rughe, negli occhi, sentimenti e risentimenti, dolore e amore, personaggi vivi il cui ricordo pare perso, ed è un peccato.
E ricordo i campi di
fiori e i canti dei bambini delle
colonie estive condotti in file ordinate da suorine compunte ai bagni. Ricordo
con nostalgia gli alti banchi di alghe arenate
sulle spiaggia da cui buttarsi e
rotolarsi, i bassi fondali ricchi di pesci, polpetti, granchi, gamberetti. Le
case erano poche come le ville, e ci si
conosceva tutti, villeggianti e no, così che noi bambini ci si ritrovava ogni anno ,
rinnovando e rompendo amicizie e gruppi.
La memoria mi rimanda profumi, colori, immagini, pennellate di un quadro ricco e variegato in
cui trovano posto personaggi locali indimenticabili. La Gatta e la
Bavosa, così soprannominata per l’andamento all’ingiù
delle labbra carnose, Arturo e le sue barche, Iroldo e Silvana, Pasqualina e Renato, Fedora, Zio Cesare dagli
incredibili occhi da bambino e l’animo pieno di poesia, e tanti altri: la lotta
per la vita, l’amore per i figli, la
casa, la terra, il mare.. tutto era su quei visi, ci leggevi su quelle facce
che qualunque fosse il loro vissuto, il rispetto per quelle donne, per quegli
uomini, era dovuto.
Tutte queste e molte altre
persone ricordo, che a me
apparivano speciali e che amavo in un
certo modo, un microcosmo racchiuso in uno spazio certo meno disumanizzante
della città, meno teso, e soprattutto abitato da umani veri e genuini, meno presi da quella
stanchezza sfuggente che avvelenava già i Romani e che sempre più spesso coglievo nei loro figli e
nipoti.
Un mondo finito, come normale che sia, ma il cui ricordo a volte sbiadito e a tratti vivido conservo con l’ affetto che si deve al ricordo della propria gioventù, ma
che mi fa considerare quello che già mi sembra di aver scritto mesi fa: noi
spesso parliamo , mostriamo città e paesi,
foto, panorami, ma dimentichiamo il
“fattore umano”, mi mette una estrema tristezza vedere foto delle nostre
cittadine prese all’alba squallide e deserte, quasi che solo le case, le strade
ed i monumenti abbiano una valenza.
Io mi sono convinta
che niente come un piccolo centro si può comprendere a fondo solo legandolo al suo passato , un
filo indissolubile lega le
persone che lo hanno vissuto a quelle
che lo vivono nel presente, e va
colto quel filo e custodito.
Ogni paese o
cittadina è un unicum nella sua sostanza,
e la unicità è data da coloro che lo hanno abitato, amato, costruito o
magari demolito,un luogo è quel che è solo in quanto è stato abitato,
forgiato, modificato, abbellito o imbruttito, da quelle e non altre “persone”.
E mi sembra di
ravvisare in alcuni angoli della attuale Santa Marinella voluti e pensati senza
una colleganza a persone e passato,
angoli di assoluta non –vita, angoli né vivi né morti in cui niente ti invita a sostare, niente ti suscita alcun moto di mente o di cuore, ed infatti
restano desolati e deserti:piazzole, stradoni buoni per qualche gatto o qualche cane che fa il giro serale,
belli o brutti, non conta, son vuoti contenitori inerti e tristi , che hanno
esaurito la loro funzione al momento in cui sono stati costruiti, e si vede.
Questo credo sia l’enorme pericolo che molte località ormai corrono:
la dimenticanza, il gelo e la disumana logica del profitto minuto,
che rischia di creare luoghi morti, di
fronte ai quali non resta che fare
marcia indietro verso lidi più ospitali, come per primi fanno molti dei nostri
giovani.
Non c’è che dire, ogni pianta senza radici muore, ed ogni
opera, strada, ufficio, palazzina, villetta, sradicata dal sentimento del
luogo, rischia di diventare vuoto appiccicume, bello o brutto conta niente se
non altro esprime che un conto in banca
per alcuni lasciando agli altri uno squallido nulla che rischia di avanzare,
proprio come il NULLA di un vecchi film
: “ La storia infinita” che narra la
lotta tra il bene ed il male visto questo ultimo con felice intuizione come un
NULLA che avanza ed inghiotte bellezza e sentimento, amore e solidarietà.
Questo rischiano le piccole cittadine, che il nulla avanzi,
inghiottendo il Paese, respingendo i giovani più fattivi, mentre il passato
muore ed il presente slegato dal passato si riduce a produrre vuoti contenitori di case/ dormitorio.
|
- Si prega di inserire commenti riguardanti l'articolo.
- Commenti ritenuti offensivi verranno eliminati.
- E' severamente vietato qualsiasi tipo di spam. Cose del genere verranno cancellate.
- I commenti verranno approvati dall'Amministratore prima di venire pubblicati.
- Ricordarsi di inserire il codice numerico nell'apposito box
- Se il codice è errato riaggiornare la pagina (refresh)
|
Riporta quest'articolo sul tuo sito!
Powered by AkoSuite 2007 |