Marcinelle dopoguerra,cosi erano i nostri migranti |
Scritto da Marista Urru
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martedì 09 agosto 2016 |
Tra il 1946 e il 1963 ben 867 italiani persero la vita lavorando nelle
miniere belghe. L'accoglienza degli uomini che il nostro governo mandava in cambio di sacchi di carbone belga, fu choccante. I nostri migranti partirono percè richiesti, con i loro bei documenti in ordine.. e furono scaricati nella zona merci..lontano dagli altri passeggeri e dopo un viaggio che pare durasse 52 ore..in seguito ebbero alloggi sub umani, vita isolata dal resto del paese, insulti, come quelli del cartello qui fotografato ed ebbero l'onore di esser chiamati "musi neri", subendo anche maltrattamenti dai locali perchè i nostri operai erano notevolmente più produttivi dei belgi.. e lasciatemelo dire qua e la ancora capita questo atteggiamento ostile verso i nostri lavoratori...la motivazione è la stessa...
Ed oggi al di la dello sciocchezzario dei media tutto volto a
sfruttare i nostri morti, ancora una volta, per motivazioni "altre" ,
noi dobbiamo pretendere rispetto per gli italiani morti . Non si
sfrutti anche il loro ricordo per affari.. Sono stati sfruttati
abbastanza. E impariamo a chiedere rispetto anche per noi italiani
vivi... coraggio!
Marcinelle era l'8 agosto 1956, una carneficina in miniera.Il tempo sfuma i ricordi , ma
noi, per quanto è possibile, li rinverdiremo..per non dimenticare e
capire la lezione fino in fondo. E' assurdo come in tanti stiano
tentando tartufescamente di mettere a confronto la migrazione di
lavoratori italiani in Belgio e quella che oggi dobbiamo
affrontare noi dalla Africa. Non esiste raffronto, il discorso è
chiaramente usato a pretesto di affari che non ci riguardano e che
non debono essere mescolati col ricordo dei nostri morti. Due
tragedie diversissime , ed oggi noi ricordiamo la nostra tragedia e
se siamo persone almeno un poco oneste..non la annacqueremo per fare
comodo a nessuno.
Quindi ricordiamola per grandi linee.
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Genesi, della regista Donatella Altieri |
Scritto da Anna Alessandrino
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sabato 25 giugno 2016 |
Ed è negli occhi del bimbo, nei suoi occhi scuri e profondi, come notti in bianco, che nasce la luce.
Roberto Herlitzka e Claudio Salvato
Ho conosciuto Donatella Altieri un po’ di anni fa in casa di sua madre, Maria
Antonietta Bochicchio, stimatissima insegnante e grande cultrice di tradizioni
locali, e non solo, dove con alcune amiche avevamo preso l’abitudine di
riunirci periodicamente per discutere dell’ultimo libro letto o
dell’ultimo film visto, analizzandone le varie tematiche da più punti di vista.
Donatella, giovane ragazza, si affacciava discreta, magari per salutarci prima di
andar via, eppure in quei pochi attimi, in quelle poche battute scambiate, mi è
rimasto impresso il suo sguardo. I suoi occhi scuri, vividi, erano colmi di una
passione che ora comprendo essere sete di conoscenza, sete di sperimentare e
sperimentarsi. Poi, però, la vita ci ha portato su altri percorsi,
ci siamo perse tutte un po’ di vista, finché non l’ho ritrovata regista quando, nel mio paese, ha presentato il corto Genesi, prodotto da Intergea e
da lei diretto, che ha conquistato numerosi premi, in diversi festival del
cinema, tra cui il Premio 2013 Michelangelo Antonioni, a Bari.
Genesi,
ambientato nel nostro paese natale, Gravina in Puglia, della cui anima coglie
alcune sfaccettature, racconta con garbo e delicatezza, l’elaborazione del
lutto sia dal punto di vista di chi trasferisce il dolore, in modo rituale,
alla natura, agli alberi di ulivo in modo particolare, la cui
straordinaria potenza è scolpita dal tempo nei rami e nei tronchi, sia dal
punto di vista di chi quel lutto lo vive chiuso in se stesso e nella
propria solitudine, tra ricordi e nostalgia. Come spiega Donatella in una
intervista, l’idea del film nasce durante un corso tenuto da Marco Bellocchio
presso la Luiss in cui i partecipanti venivano invitati a scrivere una storia
partendo da una poesia. Lei chiede di poter narrare una storia di morte
cominciando dal libro della Genesi, racconto mitico per antonomasia. Infatti,
se la creazione viene narrata attraverso una serie di separazioni, in un
intrecciarsi di morte e rinascita, non è forse la morte la conseguenza di
un’altra separazione, quella dell’anima dal corpo, affinché si viva
in modo nuovo in un’altra dimensione? Eppure, parlare di morte, per tutti e
soprattutto per scrittori e registi, non è mai stato facile e non lo è tuttora.
È un fantasma relegato nel recesso più buio e lontano della nostra interiorità,
recesso che ogni tanto proviamo ad illuminare con una luce fioca, ma quando lì ne vediamo l’ombra spegniamo tutto e fuggiamo ancora più spaventati. Per esorcizzarla,
invece, bisogna illuminare bene quell’angolo buio, in modo che i suoi contorni siano meno marcati, quasi impercettibili sotto la luce, e lei non
ci faccia più paura. Forse per questo Donatella, quando la
storia comincia a prendere forma, intuisce che ha bisogno di luce per illuminare quell’angolo e le viene in
mente una fiaba della tradizione orale, raccolta e narrata da sua madre. La fiaba è Regina Lenticchia in cui si racconta di una madre che vive il dolore per
la perdita della figlia (Regina Lenticchia) in modo straziante, tanto che ogni cosa intorno si anima e soffre con lei. Nell'abbraccio della natura, e
con la natura, quella madre non si sente più sola e a poco a poco riesce ad
accettare la morte della figlia e l’idea della morte.
È questa fiaba che consente a Donatella di raccontare in modo delicato il
dolore intimo, vissuto in grande solitudine, di Giovanni, un uomo ormai
anziano, interpretato magistralmente da Roberto Herlitzka, che ha difficoltà ad
elaborare il lutto per la morte della figlia Annetta, finché qualcosa non lo
spinge a tornare nei luoghi dell’infanzia, nella casa di campagna della sua
terra di origine, dove da piccolo ha vissuto l’esperienza della morte del
padre. In questi luoghi, Giovanni, aspettando chissà cosa, si aggira silenzioso, con gesti lenti e sempre vestito di bianco, quasi
fosse un fantasma, tanto da essere soprannominato proprio così, il fantasma, da alcuni bambini che lo osservano da lontano. Sarà proprio uno di
questi bambini, il nipote del suo più caro amico d’infanzia, con la sua
amicizia, a fargli ripercorrere un periodo della sua
fanciullezza, apparentemente dimenticato. Ricorderà, infatti, la drammatica narrazione di quella fiaba sulla morte, ascoltata da grandi e piccoli in religioso silenzio, in cui tutto partecipa al dolore di una madre, e rivivrà l’antico rito dell’abbraccio dell’albero
amico, simbolo di forza e di esorcismo della morte, rito secondo
cui, quando moriva qualcuno, gli uomini dovevano scuotere dolcemente gli alberi e
rassicurarli affinché non perdessero le foglie per il dolore (tradizione che si
trova anche in altre culture. Lo scrittore portoghese Josè Saramago raccontò
qualcosa di simile, ricordando che suo nonno, prima di morire, scese nell’orto
per abbracciare i suoi alberi).
Rivivendo
tutto questo, Giovanni comprende quanto nel mondo antico il
rapporto con la morte fosse più naturale e pian piano nel suo animo qualcosa
cambia, tanto che un giorno riprende a narrare a sua figlia Annetta, tornata a
lui bambina in sogno, un racconto che lei amava tanto, quello della Creazione, riportato nel libro della Genesi. Per
la prima volta, poi, dopo anni, riesce a riabbracciare l’albero amico e a
sussurrargli quel dolore che lo aveva accompagnato per così tanto tempo. A poco
a poco il dolore si scioglie e quella morte accettata. Giovanni torna a guardare il
mondo attorno a sé con un cuore nuovo e può riaprire
finalmente la sua casa alla luce e a quanti vogliono condividere con lui quella
ri-nascita.
Ecco,
questa, per sommi capi, è la storia di Genesi, un cortometraggio di diciotto minuti nei quali lo spettatore resta incantato dalla bellezza delle immagini e in cui ogni particolare ha una sua precisa motivazione di essere. E' un film in cui tutto, a partire dalla scenografia e dalla luce calda della fotografia, ci accompagna verso i
personaggi, soprattutto verso Giovanni e il suo dolore. Tutte le sequenze, inoltre, sembrano rispecchiare esattamente ciò che è concepito dagli occhi
della mente della regista e, in esse, si
coglie nitidamente la sua delicatezza. La macchina da presa, infatti, è il suo sguardo che per immergersi nella storia fissa e accoglie ogni
personaggio, ogni paesaggio, ogni ambiente con quella tenerezza che deriva
dalla totale accoglienza dell’altro. Questa tenerezza è ancora più
evidente nell’intensa amicizia di Giovanni con il bambino,
interpretato dal bravissimo Claudio Salvato, con cui impara a parlare del
proprio dolore, nonché a gioire per la genuinità e la freschezza di quel volto e di
quegli occhi che riescono a fargli intravedere un nuovo futuro.
Dopo aver visto la prima volta questo corto, quando è stato presentato nel mio paese, ho voluto rivederlo altre volte e l'ho cercato sul web. Sempre ho provato le stesse emozioni, quelle che
si provano leggendo una poesia dolce e malinconica che ti penetra nel cuore. Ma
ho sentito anche i profumi e i colori intensi della natura,
intensi come lo erano i sentimenti di quel mondo ormai scomparso per il quale
si può provare solo una grande nostalgia. E ho sentito, intenso e reale,
l'odore del vento tra gli alberi.
Già,
gli alberi.
Sapete,
dovremmo imparare ad ascoltarli, gli alberi. Forse comprenderemmo meglio noi
stessi per accettare che quel che accade semplicemente sia.
Giovanni, se pure dopo una vita, l'ha compreso e Genesi forse è questo che vuole dirci.
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Natale 2015 Marista eccoli i settanta anni pensieri e parole |
Scritto da Marista Urru
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venerdì 25 dicembre 2015 |
PENSIERI E PAROLE
Natale 2015 , e sono
arrivata a 70 anni..molti. Un amico virtuale mi scrive.. “si può
esser felici a 70 anni, purché si sia sereni”… ha ragione,
peccato che non sia poi tanto facile. Ci penso su : ma si, si può
fare con un po di pazienza ed un minimo di buona sorte, mi dico
mentre sorseggio il primo caffè del mio compleanno.
Guardo fuori della
finestra..ci sono delle roselline deliziose da cogliere, volendo, e
dei gerani particolarmente rigogliosi e fioriti.. strano a Natale...
Forse chi sa, pian piano riprenderò a badare a questo piccolo angolo
di paradiso, voglio credere che sarà così, che ce la farò.
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GIUSTIZIA:MODERNI GLADIATORI BESTIARII: Elvo Zornitta |
Scritto da Marista Urru
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sabato 26 luglio 2008 |
Erano chiamati bestiarii quei gladiatori destinati nell'arena a scontrarsi con le belve, uno spettacolo disgustoso per la nostra moderna civiltà,credo sarete tutti d'accordo su questo punto.
Eppure la nostra moderna civiltà si pasce, almeno in Italia, di spettacoli gladiatorii ormai da molto e nella totale indifferenza della coscienza comune e persino di quella dei così detti benpensanti ( categoria astratta , informe e concettualmente fluida quanto il mercurio).
Da queste considerazioni l'idea di mostrarvi un poco alla volta i nostri moderni gladiatori, almeno quelli di cui si ha notizia e traccia sul web e sui media; tenterò comunque di allargare il tiro, perchè le persone distrutte nell'Arena della malagiustizia, della giustizia negata, della giustizia sciatta , sono moltissime. Cominciamo da un caso che tutti ricorderanno, legato alla caccia frenetica che si dette ad uno strano criminale : Unabomber.
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GIUSTIZIA:MODERNI GLADIATORI BESTIARII- Rocco Meloni |
Scritto da Marista Urru
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martedì 29 luglio 2008 |
Da Giustizia Giusta- fonte Alice Notizie
La foto ritrae un caso clamoroso e doloroso, il trionfo dell'assurdo , il caso Tortora.
Eccomi al secondo nome della lista dei Gladiatori vittime di giustizia e vittime della “opinione pubblica” e delle sue belve sempre bisognose di nuovo cibo.
Questa storia come altre simili ha dell’assurdo, son certa nessuno o
quasi ha mai sentito parlare di Rocco Meloni, Sardo di 56 anni,
imprenditore e consigliere comunale a Lanusei.
Questo moderno eroe, o martire, fate voi, dagli anni ‘90 ad oggi è
stato arrestato due volte, messo sotto inchiesta per vari reati
relativi alla pubblica amministrazione e assolto 12 volte.
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GIUSTIZIA : MODERNI GLADIATORI BESTIARII-Gigi Sabani |
Scritto da Marista Urru
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martedì 26 agosto 2008 |
Il 6 Settembre 2008, tra pochi giorni, sarà un anno dalla
morte di Gigi Sabani, il conduttore televisivo che ebbe la carriera stroncata
da dichiarazioni fasulle di starlette pronte a tutto per aver visibilità e
strappare una qualche possibilità di carriera nel mondo dello spettacolo.
Ricordiamo come la vicenda si rivelò una bufala pazzesca,
una delle tante, come Sabani venisse infine risarcito e il Pubblico
Ministero sanzionato per aver rovinato
una vita, una carriera.. con un terribile trasferimento per abuso d’ufficio.
Il presentatore, esposto oltre ogni ragionevole limite alla
gogna mediatica , accusato di induzione alla prostituzione , vide sparire amici
e conoscenti, venne emarginato e ne usci’ distrutto.
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Lorenzin Decreto sul fumo per educare al buon senso |
Scritto da Marista Urru
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martedì 13 ottobre 2015 |
Sorpresa, la Ministra Lorenzin appenderà orgogliosa al suo
palmares una medaglia, un decreto, che entrerà in vigore entro
Natale : divieto di fumo in macchina in presenza di minori e donne
incinta. E non dite che l'Italia non è posto per bambini e non dite
che l'Europa ha a cuore solo banche ed affari!
L'Europa ci segue amorevole in tutto, calibro della frutta, degli
ortaggi, aspetto dei detti prodotti che deve essere accattivante,
lucidato..per profumo e gusto..beh c'è tempo, per
quelli..arrangiatevi. E ora decide anche se come e quando fumare.
Un tempo, quando eravamo meno rincitrulliti, le persone educate,
che purtroppo son quasi del tutto scomparse , sapevano bene che
non si fumava in presenza di bambini e di donne incinte, soggetti ai
quali il fumo poteva dare fastidio, del fumo non se ne conoscevano i
danni o quasi, ma i più conoscevano la educazione ed il rispetto per gli
altri.
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