La vita altro non è che un
pellegrinaggio
verso il luogo del cuore.
Olivier Clement
Anna Corsi l’ho conosciuta su “faccialibro” grazie alla passione per la scrittura che ci accomuna. È una donna solare, allegra, positiva e, ancora adesso, stento a credere che durante la seconda guerra mondiale fosse quasi adolescente, prima per la sua anima rimasta giovane e poi perché non dimostra assolutamente i suoi anni. Ha pubblicato vari libri, anche di poesia, ma è l’ultimo quello che me l’ha fatta conoscere maggiormente, è “Il libro di Anna” in cui è racchiusa tutta la sua vita, o per meglio dire gli avvenimenti più importanti della sua vita, da quando, bambina, viveva felice a Genova con la sua famiglia, fino ai nostri giorni.
Leggerlo è stato per me come vivere un viaggio, il viaggio che racchiude in sé quasi la metafora della vita tra nascita, morte (intesa non necessariamente in senso fisico) e ri-nascita.
Inizialmente questo “viaggio” mette Anna in contatto con paesaggi e affetti cari, rassicuranti. Sembra quasi di vederla farsi accarezzare dal vento, o perdersi tra le note di un’opera, a cui si era avvicinata grazie alla passione per la musica della mamma, o tra i riflessi del sole sul mare. D’improvviso, però, uno scossone tremendo oscura ogni orizzonte: l’Italia nel ‘40 entra in guerra e tutto cambia. Nella famiglia di Anna, ben presto, ci sono le prime perdite tra cui l’amato padre. Tutto diventa difficile e lo è ancora di più quando l’Italia è divisa in due, a nord gli ex alleati, i tedeschi, e a sud i liberatori, gli americani. Lei, con la mamma e il fratello Domenico, è a Genova dove la situazione è davvero drammatica tanto che, quando il fratello fugge tra i partigiani, Anna, non ancora sedicenne, viene presa e deportata in Germania, durante una irruzione dei tedeschi in casa.
Ecco, forse da qui comincia il vero viaggio di Anna che, messa con
forza su un convoglio, viene separata brutalmente dai luoghi e dagli
affetti a cui è tanto legata.
In questa partenza, in cui
sicuramente ha vissuto l’abbandono, la perdita, in quanto costretta a lasciare la
mamma, i luoghi cari, le passioni, inizia una nuova fase, quella che
determinerà tutta la sua esistenza. Anna deve morire un po’ a sé per
poter sopravvivere al dramma che le si presenta davanti e proprio per
affrontare i rischi che quel viaggio comporta, tra freddo, fame e bombe,
stacca pezzi di sé lasciandoli indietro forse nella speranza che un
giorno possano ricomporla e portarla sulla strada del ritorno, della
ri-nascita. Mi chiedo chi possa averla aiutata a non perdere il
controllo, a non perdere l’equilibrio e non ho difficoltà a dire che
sicuramente la sua forza, il suo coraggio, data la giovane età, lei li
ha tratti dall’amore ricevuto in famiglia, amore che custodisce
gelosamente nel suo cuore.
Questa partenza diviene per Anna quasi
un rito di iniziazione che segna in modo indelebile la sua vita e che,
nonostante la giovane età, le fa stringere i denti, davanti a tante
prove, e le fa tenere ben piantati i piedi per terra. Grazie alla sua
forza, alla sua determinazione di voler vivere, a Monaco riesce a
fuggire dal convoglio durante un bombardamento, stringendo tra le mani
l’indirizzo di una famiglia che avrebbe potuto aiutarla e che vive in un
paesino a 15 km dalla città. Quell’indirizzo glielo ha dato
furtivamente un giovane soldato tedesco mosso a pietà.
Mentre
corre su quella strada, in terra straniera, senza sapere dove andare per
sfuggire alle bombe, si aggrappa letteralmente alla mano di una ragazza
che si sta affrettando verso il rifugio antiaereo e che la porta con sé
senza porle domande. La guerra indurisce i cuori, ma per fortuna non a
tutti. Quando torna la calma, riesce ad arrivare in quel paese senza
sapere neanche lei come, riesce a bussare a quella porta e lì, in quella
famiglia, trova la salvezza.
È, però, un arrivo che implica una
pausa, è la sospensione del flusso minaccioso che le aveva suscitato
tante ansie, per consentirle di incamminarsi verso quei nuovi orizzonti
che è quasi costretta a guardare, verso nuovi percorsi con aspettative,
ricerche, abbandoni, ritrovamenti e ritorni che essi comportano.
In
questa pausa Anna comincia una nuova vita e non si lascia spaventare
dall’imprevisto e dall'ignoto, volente o nolente le tocca confrontarsi
con se stessa, con gli altri e con le sue capacità. Con tenacia impara
da sola quella strana lingua e cerca di comprendere quel nuovo modo di
vivere a cui, tutto sommato, si adatta presto. Nonostante l'abbandono
forzato dei propri cari e degli spazi rassicuranti della propria terra,
Anna va avanti, deve farlo, non ci sono per il momento altre alternative
e deve farlo in quella terra straniera. Anche se la guerra sembra
finita, c’è troppo caos, infatti, intorno per potersi muovere e tornare a
casa, dalla sua famiglia, della quale conserva i valori che le sono
stati insegnati. Forse per questo, non cambia interiormente, anzi,
continuerà a coltivare sempre la parte sensibile di sé, grazie alla
quale accoglierà ogni emozione con consapevolezza, stupore e curiosità,
che le consentiranno di scoprire la bellezza anche nelle cose più brutte
e di andare avanti.
Guardando alla sua storia in modo oggettivo,
mi viene da pensare, tuttavia, che parte di quel periodo, Anna, per il
suo modo di essere, deve averlo vissuto, se pure a livello inconscio,
quasi come una prigione, come uno spazio e un tempo serrati in cui
radunare tutte le energie psichiche per la fuga, divenendo, la prigione,
potente incubatrice di speranza, istinto di sopravvivenza e soprattutto
pensiero.
E le catene cadono quando arriva colui che scandisce
il ritmo di una evasione, che diventa via via presa di coscienza della
liberazione.
Il liberatore è Isenardo, quel giovane uomo dal nome
così strano, incontrato per caso proprio lì, in quel paesino tanto
lontano da casa. Ed è italiano. Quando i loro sguardi si incontrano,
sono due anime che si fondono e che si riconoscono perchè Isenardo è,
come Anna, dolce, forte, sensibile e generoso.
È l’amore che
Anna ha sempre aspettato e sognato per tutta la vita ed è con lui che
vive e sperimenta, forse per la prima volta, il rimanere pienamente di
fronte a se stessa. Adesso ha di nuovo la voglia e la forza di
combattere per il diritto di tornare a scegliere e scegliere una nuova
vita.
Quell’incontro diventa per Anna il punto di fuga, il luogo
preciso a cui lo sguardo riconduce per attraversarsi e tornare a
ri-conoscersi, per ricomporre quei pezzi di sé sparsi anni addietro e
per finire quel viaggio e tornare al punto di partenza, dove recuperare
ciò che è noto e caro, dove è racchiusa la sua immagine di nostalgia.
Anna Alessandrino
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