Teresa e la luna. Già, la luna! E’ a lei che è
fisso lo sguardo di Teresa quella notte, come ogni notte ultimamente.
La mano sul petto, come a stringere un pezzo del suo
cuore che ora è proprio là, fra le stelle e quella luna che la
guarda da oltre la finestra, quella luna che se avesse braccia la
stringerebbe a sé, se avesse mani le asciugherebbe le lacrime che le
solcano il viso.
Teresa e la luna, la luna e Teresa, Teresa che è
madre, Teresa che madre non è più.
“Dove sei Lina, dove sei amore di mamma! Cosa sarò
senza te, adesso?”
Chiude gli occhi Teresa. E' stanca.
Un vento leggero pare accarezzarla e la voce
nell’orecchio è un sussurro.
“Mamma…mamma sono io…Mamma non piangere
io sto bene…davvero… mamma ascolta…voglio che torni ad
ascoltare.”
Apre gli occhi, Teresa. Ma non c’è nessuno. Eppure
era la sua voce, della sua bimba. Il cuore in subbuglio. La chiama, “
Lina…Lina…”.
E d’un tratto svanisce il silenzio e si fa sempre
più rumorosa e vivace la voce del povero mondo dei bassi napoletani,
quello che vive come in una corte dei miracoli.
E una profonda pietà la invade. E comprende.
Ecco, così ho immaginato una delle pagine più belle
del libro di Carla Marcone, “ Teresa e la luna”,
perché Carla, oltre che per il suo stile ricco e scorrevole e il
linguaggio poetico, colpisce il lettore per il calore e l’amore che
mette nel descrivere non solo Teresa, ma tutti i personaggi che nel
romanzo ruotano con lei e intorno a lei, tanto da spingerlo (il
lettore) a vivere i sentimenti, le emozioni e la realtà viva e
pulsante di questo o di quel personaggio.
Carla ce li fa amare questi personaggi, reali e di
fantasia, che dipinge con pennellate rapide e sapienti, tanto da
farci cogliere anche il più piccolo particolare. Ed è così che si
guarda il marito di Teresa, Vincenzo, che l’ama al punto da
schierarsi sempre e comunque dalla sua parte; il guappo
Michele,’o Belzebù; il servo Raffaele, dagli occhi azzurri come il
mare; la prostituta Maddalena, che mette sotto i piedi la propria
dignità nell'indifferenza della gente; il buon gobbo Alfonso
Casanova, che è causa di brusiii della più cupa superstizione;
l’amica Paolina Craver.
Ma torniamo ancora a Teresa.
Teresa ora è forte, e troverà nel dolore la forza
per rimettersi in gioco e ridare orgoglio a Napoli e alla sua gente.
Sa cosa fare, sa che deve scendere tra quella umanità
per cercare di alleviare la miseria ai più deboli, per aiutare le
donne a riprendersi la propria dignità e per curare i bambini
orfani, malati, affamati e lasciati al proprio destino in una città,
che alle soglie dell’Unità, è decimata dal colera.
Così, mentre gli arricchiti ignoranti ostentano la
loro ricchezza e i nobili difendono il loro blasone, lei corre nei
vicoli lerci, incurante di tutto e di tutti, dedicandosi anima e
corpo a curare, ad attrezzare cucine, a istruire soprattutto, perché
sa che la miseria si può eliminare se si elimina prima di tutto
l’ignoranza. E' l'unica strada per garantire a tutti una vita più
umana.
Una cosa ha, però, a cuore più di tutto: curare dal
colera i bambini ammalati e lottando contro mille ostacoli, Teresa,
da molti considerata pazza, è decisa a farsi ascoltare da chi
potrebbe aiutarla, dato che vuole costruire un ospedale su ciò che
resta di una ex caserma dell’esercito borbonico. E quando ha tutte
le autorizzazioni, per portare a termine questo progetto, appoggiata
dal marito, impegna la sua dote finchè, “ carriola dopo carriola”,
nel 1880 viene inaugurato il primo ospedale di Napoli per malattie
infettive, dedicato alla memoria della figlia Lina.
Sarà attivo per molti anni, questo ospedale, ma dal
1975 verrà smembrato, fino a divenire un palazzo “offeso da
mozziconi di sigarette e gomma da masticare, e da pareti di plastica
e alluminio che delimitano uffici e scartoffie, senza vita, senza
calore, senza cuore". E Teresa? Teresa forse si aggirerà
incredula tra quelle stanze, cercando inutilmente un bambino da
accarezzare e da consolare.
Carla Marcone ci regala dunque uno splendido
ritratto di donna, una donna straordinariamente
coraggiosa e testarda che interagisce con gli avvenimenti storici
di una Napoli che vive gli ultimi anni del governo borbonico e quelli
immediatamente dopo l’Unità. È una donna che si impara ad amare
perché non perde mai la speranza e accetta tutto di questa città :
il bene e il male, la leggerezza e la superstizione, la nobiltà e la
corruzione; né si atteggia a giudice, anzi si rimbocca le maniche e
“fatica” perché sa che solo con l’amore e l’esempio qualcosa
può cambiare.
E ci insegna a guardare oltre quei muri e a
impietosirci e a commuoverci con lei…anzi con loro: con Teresa e
Carla.
Dimenticavo di dirvi che Teresa è realmente vissuta:
è Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri (1826-1903), figlia
del generale Carlo, nipote del filosofo e giurista Gaetano
Filangieri e sposa di Vincenzo, duca di
Roccapiemonte. Teresa oltre a interessarsi di attività
filantropiche, fu anche scrittrice.
Anna Alessandrino
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