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SENTENZA di STRASBURGO si al Crocefisso non influenza gli alunni PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
venerdì 18 marzo 2011

A mio modo di vedere, a Strasburgo  il buon senso ha prevalso sull'accanimento insensato che avrebbe voluto cancellare un simbolo che  da sempre è presente nel Paese e che non impedisce a nessuno di seguire i valori religiosi che  sente suoi e che non confliggano con  gli ordinamenti  che l'Italia si è dati maturandoli nel tempo.

 D'altra parte se vogliamo un dialogo interculturale e religioso, mi sembra assurdo cominciare cancellando la nostra cultura e la nostra religione. Buon senso appunto.

Scrivevo a proposito del crocefisso che io, non credente , non intendevo rinunciarci, era luglio, ed ora, dopo quanto da quei giorni è andato accadendo nel mondo, raddoppio e sottoscrivo, non rinuncio a Cristo, non rinuncio al suo messaggio.

 






Le idee di questo profeta erano state tanto sconvolgenti per la realtà del suo tempo, da portarlo alla Croce, mentre il popolo, per lo stesso motivo per il quale lo uccidevano, per la forza delle sue idee che donavano il rispetto e  la speranza, lo acclamava come figlio di Dio.

Cristo rivoluziona il mondo nel modo più pericoloso per il Potere, Egli parla ad una umanità imbarbarita, dedita al materialismo più sfrenato, e che ha di conseguenza cancellata ogni spiritualità, dedita nei fatti alla indifferenza totale verso chi soffre, chi è debole, chi non regge il passo, gli oppressi e vilipesi, i deboli, i poveri, i vecchi, gli ammalati, le donne, i bambini.


Cristo si rivolge dunque a questa umanità oppressa ed umiliata nel suo essere umanità senza potere, e non dice loro, come i chierici per tanto tempo hanno fatto con noi: "Porta pazienza , è la vita, e tu contentati della preghiera - placebo" . No, Cristo parla agli animi degli oppressi e fa conoscere loro l' amore ed il rispetto di sè, e nel contempo redarguisce gli oppressori e gli ipocriti. Cristo si rivolge alle intime esigenze degli umili e dei diseredati, non offre loro pannicelli caldi, e carità, ma restituisce al loro intimo la dignità rubata dalla protervia dei potenti e dei prepotenti.

Per questo fu odiato, per quello che di davvero pericoloso per il potere seminava: l'amore di sè, l'accettazione di sè, il diritto  al rispetto ed alla speranza, il senso del divino come fonte di bene ed armonia, di Amore e Spiritualità.

Un messaggio che la storia racconta essersi sparso per il mondo tanto era necessario, tanto era atteso.

Un messaggio temuto dal Potere ancora oggi, un messaggio il cui simbolo è il Crocefisso , immagine che ci racconta a cosa arriva il potere quando si sente minacciato nelle sue radici , immagine  quindi quella del crocefisso  che non solo non dobbiamo nascondere, ma dobbiamo esporre più di prima, per ricordarci come appunto reagisce il Potere se e quando teme di essere in pericolo, e ben sappiamo che tanto più forte reagisce quanto più le sue radici sono contorte, malate, e traggono forza in vizi, ruberie, crudeltà, indifferenza, oppressione e sfruttamento dei deboli. (Continua)



 


 La sentenza di Strasburgo

(ASCA) - Roma, 18 mar - ''Se e' vero che il crocifisso e' prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l'eventuale influenza che l'esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni''. E' un passo delle motivazione della sentenza definitiva e inappellabile della Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo (15 giudici contro 2) che ha dato ragione all'Italia nella causa ''Lautsi e altri contro Italia'' sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche stabilendo che nell'esposizione del simbolo religioso non c'e' violazione dei diritti dell'uomo.

 

Si chiude cosi' il caso approdato davanti alla Corte il 27 luglio 2006 con il ricorso di Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi. La Lautsi riteneva infatti la presenza del crocifisso un'ingerenza incompatibile con liberta' di pensiero, convinzione e di religione (art.9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950) cosi' come del diritto all'istruzione, in particolare, il diritto ad un'educazione ed insegnamento conformi alle convinzioni religiose e filosofiche dei genitori (art.2 del Protocollo n.1).

 

Nella motivazione della sentenza, in merito proprio all'articolo 2 del protocollo 1 sul diritto all'istruzione, si legge che ''dalla giurisprudenza della Corte emerge che l'obbligo degli Stati membri del Consiglio d' Europa di rispettare le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori non riguarda solo il contenuto dell'istruzione e le modalita' in cui viene essa dispensata: tale obbligo compete loro nell'esercizio dell'insieme delle 'funzioni' che gli Stati si assumono in materia di educazione e di insegnamento''.

 

Cio' ''comprende l'allestimento degli ambienti scolastici qualora il diritto interno preveda che questa funzione incomba alle autorita' pubbliche. Poiche' la decisione riguardante la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche attiene alle funzioni assunte dallo stato italiano, essa rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 2 del protocollo 1''.

 

Questa disposizione, si legge ancora, ''attribuisce allo Stato l'obbligo di rispettare, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d'insegnamento, il diritto dei genitori di garantire ai propri figli un'educazione e un insegnamento conformi alle loro convinzioni religiose e filosofiche''.

 

La Corte ''constata che nel rendere obbligatoria la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche, la normativa italiana attribuisce alla religione maggioritaria del paese una visibilita' preponderante nell'ambiente scolastico'' e sottolinea altresi' che ''un crocifisso apposto su un muro e' un simbolo essenzialmente passivo, la cui influenza sugli alunni non puo' essere paragonata a un discorso didattico o alla partecipazione ad attivita' religiose''.

Infine, la Corte osserva che ''il diritto della ricorrente, in quanto genitrice, di spiegare e consigliare i suoi figli e orientarli verso una direzione conforme alle proprie convinzioni filosofiche e' rimasto intatto''.

La Corte conclude dunque che ''decidendo di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai bambini della ricorrente, le autorita' hanno agito entro i limiti dei poteri di cui dispone l'Italia nel quadro del suo obbligo di rispettare, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d'insegnamento, il diritto dei genitori di garantire tale istruzione secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche''. La Grande Camera della Corte e' stata presieduta da Jean-Paul Costa (Francia), il giudice Giorgio Malinverni (Svizzera) ha espresso un'opinione dissenziente, condivisa dalla giudice Zdravka Kalaydjieva (Bulgaria).

 




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