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Si è parlato di 40 anni di contributi per andare in pensione.. una pazzia inutile PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
mercoledì 14 luglio 2010

schiavi alla nascita
Nessuno schiavo è più infelice di quello che mette al mondo figli destinati ad essere schiavi. (Esopo)

'Non era un refuso, ma il tentativo di ulteriore rigore': a dirlo e' stato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che ha commentato cosi' la decisione di togliere dalla manovra la norma che prevedeva come in alcuni casi i 40 anni di contributi non sarebbero stati sufficienti per la pensione.

Mi spieghino coloro. Se ogni lavoratore resta almeno fino ai 70 anni col sedere sulla sedia, hanno calcolato quanti delle nuove generazioni restano fuori e per quante generazioni? E se è vero che l'INPS è in attivo, di grazia, perchè?



Qualche considerazione terra terra su pensioni e l'INPS


  1. Pensioni : scopriamo che l'INPS è in attivo nonostante che i soldi versati dai lavoratori per la propria pensione in realtà non vadano proprio tutti per la pensione dei su detti, costituendo questo italico costume un altro prelievo occulto a danno del lavoratore. Per esempio , la Cassa Integrazione ci costa una bella porzione dei nostri versamenti.

La CIG: cassa integrazione guadagni infatti viene prelevata dai nostri versamenti pensionistici, in questo modo si aiutano le aziende, vale a dire per lo più i nostri capitalisti , quelliche il capitale se lo tengono nell'armadio e fanno pagare debiti e fallimenti a noi, poi bellini bellini si pavoneggiano e strologano per il mondo.

.
Il principio quando fu pensata la legge ad hoc era anche giusto(era il 1947) , ed è quello di venire incontro alle aziende che si trovino in momentanea difficoltà, sgravandole in parte dei costi della manodopera temporaneamente non utilizzata.


La legge ed i successivi aggiustamenti di fatto fanno sì che spesso si toglie al povero per dare al ricco. Grandi aziende in difficoltà dichiarata, pagano stipendi di milioni di euro ai dirigenti, fanno dividendi milionari agli azionisti , e poi ottengono la CIG , anche con la collaborazione del sindacato, che gestisce l'enorme potere di decidere chi del personale andrà in cassa integrazione, Detto fatto: una bella fetta dei nostri versamenti prende il volo , aiuta le aziende. Bello a dirsi, evidente l'appello alla solidarietà tra poveri, solo che che poi.. spesso licenziano pure.


Certo la faccia è salva: i licenziamenti avvengono sempre dopo una giusta dose di scioperi, proteste, dichiarazioni infiammate dei sindacati, ma alla fine dello psicodramma egregiamentee interpretato da tutti i soggetti, il popolo bue paga, e paga due volte, come cravattato statale al quale viente trattenuto alla fonte più di metà dello stipendio e come lavoratore licenziato, dopo strenue lotte e magari scioperi che gli sono costati giornate di lavoro, scioperi ai quali non si può nei fatti sottrarre.


2) Ma non dobbiamo essere tristi, per mille che soffrono a qualcuno va molto meglio, e di ciò rendiamo grazie a un qualche diavolaccio che nel frattempo se la ride.

Oggi a deputati e senatori per percepire la pensione occorre portare a termine almeno una legislatura: con 5 anni di contributi, a 65 anni percepiscono il 25 per cento dell'indennità, pari a circa 4 mila e 200 euro. Se invece portano a termine 2 legislature, si arriva al 38 per cento (6 mila e 400 euro), mentre per tre mandati l'assegno è pari al 53 per cento (circa 8 mila e 900 ). (Fonte. Libero)

Lo scorso anno, il 2009, la Camera ha speso 138,2 milioni di euro per le pensioni dei deputati, mentre per quelli dei senatori si è arrivati a 81,2 milioni, per una cifra complessiva di 219,4 milioni.
Due anni prima, nel 2007, lo Stato ha pagato la pensione a 1.377 ex deputati e a 861 ex senatori oppure, in caso di prematura scomparsa, ai loro familiari. Le cose sono migliorate solo negli ultimi tempi: prima del 2008, infatti, per maturare la pensione occorreva restare in Parlamento per metà legislatura più un giorno.
 Oggi vanno in pensione a 65 anni, ma l'età scende man mano che si fanno diversi mandati, fortunatamente non vanno comunque in pensione prima dei 60 anni, è già qualcosa

Scrive a questo proposito Gianluca Roselli sempre su Libero - 26/05/2010


" A Montecitorio bastava aver conquistato uno scranno prima del 1996 per ottenere la pensione già all'età di cinquant'anni.

In Senato era ancora più facile: bastavano quindici anni di contributi se si era stati eletti prima del 2001. Baby pensionati e anche d'oro, visto che l'assegno più basso si aggira sui 2.400 euro e quelli più alti viaggiano intorno ai 9.900. Oggi, dopo la riforma del 2006, che ha visto la riduzione delle indennità parlamentari del 10 per cento, si va in pensione a 65 anni per chi ha fatto solo una legislatura. Per più mandati l'età scende, ma mai al di sotto dei 60 anni. Almeno questo evita le situazioni paradossali del passato. Come quella dell' ex leader di Autonomia Operaia e oggi scrittore di successo, Toni Negri, per esempio, dal 1993, anno del suo sessantesimo compleanno, percepisce 3.108 euro mensili grazie alla sua elezione a Montecitorio nel 1983 nel partito radicale, anno in cui rimase in Parlamento per soli 64 giorni, durante i quali, causa ferie estive, furono convocate solo nove sedute. E che dire di Giuseppe Gambale, entrato in Parlamento nel 1992 con la Rete di Leoluca Orlando, baby pensionato di lusso a soli 42 anni? Oppure il banchiere varesino Giovanni Valcavi che, dopo solo nove settimane e mezzo in Parlamento, dal 1992 porta a casa 3.108 euro. Piove anche sul bagnato, visto che spesso la pensione da parlamentare si cumula con quella di altre prestigiose occupazioni.


L'imprenditore Luciano Benetton, per esempio, eletto in Senato per i repubblicani nel 1992, incassa un assegno mensile di 3 mila e 100 euro lordi. La sorella dell'Avvocato, Susanna Agnelli, scomparsa un paio d'anni fa, percepiva invece 8 mila e 455 euro. Altro baby pensionato è l'ex delfino di Bettino Craxi Claudio Martelli, che con 20 anni di contributi percepisce 8.455 euro. Il record, però, spetta a quattro exparlamentari del tutto sconosciuti ai cittadini, ma ben noti alle casse del Tesoro: Angelo Pezzana, Pietro Graveri, Luca Boneschi e Renè Andreani, tutti radicali: un solo giorno nel Palazzo, contributi volontari per 5 anni e un vitalizio di 3.108 euro mensile. "

3) Poi esistono i soggetti ammessi al regime contributivo agevolato, insomma pagano meno contributi inps del semplice impiegato o della dittarela che boccheggia.. ma " ha da pagà sinnò chiude " e.. tutti senza lavoro e senza che a nessuno importi un fico. Ma ci sono gli agevolati, le pensioni gliele paghiamo noi.. visto che bravi ' Paghiamo per tutti, aiutiamo le aziende dei capitalisti boriosi, aiutiamo i sindacalisti che poareti.. , aiutiamo tutti tranne noi stessi a memo di rompresi le balle e mandarli tutti all'inferno, ma temo non succederà mai  e su questo zoccolo duro di onesti si fa affidamento e su loro si usa il rigore, ne va del benessere di troppi!!


Non so quanti siano quelli che godono di questo privilegio:  certo Le coop, compresi i colossi della grande distribuzione.. e me pare giusto!


Ma vediamo che succede in terra sindacale, terra di potere , leggendoci questo brano di un articolo di


FAUSTO CARIOTI



"Pensionati molto speciali ( i sindacalisti ndr) insomma, i cui assegni gravano o graveranno su chi la pensione se l'è sudata sino all'ultimo spicciolo, tutto grazie a una legge risalente al 1974, che prende il nome da Giovanni Mosca, deputato socialista e, in precedenza, leader della Cgil.

II copione è di quelli già visti: "la leggina" fu presentata come un provvedimento destinato a sanare la situazione di qualche centinaio di persone, che nei decenni successivi al dopoguerra avevano lavorato per sindacati o partiti politici più o meno in nero, cioè senza che a loro nome fossero stati versati all'Inps i contributi dovuti.

Bastava una semplice dichiarazione del rappresentante nazionale del sindacato o del partito e si potevano riscattare, al costo dei soli contributi figurativi, interi decenni di attività, a partire dagli anni Cinquanta. Piatto ricco, mi ci ficco; proroga dopo proroga (l'ultima è scaduta nell'aprile del 1980) la legge Mosca è diventata un bastimento sul quale sono saliti quasi 40mila lavoratori - reali o presunti - di sindacati e partiti politici. Pensioni facili, facilissime. Che hanno procurato alle casse dell'Inps un aggravio valutato in 10 miliardi dì euro.

Tra i beneficiari della legge Mosca, molti bei nomi della politica e del sindacato, gran parte dei quali ancora in attività: Armando Cossutta, Achille Occhetto, Giorgio Napolitano, Sergio D'Antoni, Pietro Larizza, Franco Marini, Ottaviano del Turco, la scomparsa Nilde lotti.

Pensioni che si sono andate ad accumulare a sostanziosi vitalizi parlamentari o ad altri trattamenti previdenziali. Accanto a questi personaggi noti, un esercito di funzionari più o meno oscuri. Chi è ricorso alla maxi-sanatoria previdenziale - perché di questo, in fin dei conti, si è trattato -sono stati soprattutto il Pci e la Cgil. Botteghe Oscure regolarizzò la situazione di circa 8mila funzionari, mentre il sindacato rosso sanò le posizioni dì ben 10mila dipendenti.

Ovviamente, come lecito attendersi in questi casi, molti ne hanno approfittato per farsi una pensione gratis senza averne diritto. Le tante inchieste avviate dalle procure di mezza Italia tra il 1995 e il '96 portarono alla luce casi clamorosi, come quelli di funzionari che dichiaravano di aver iniziato a lavorare sin dalla tenera età di cinque anni, oppure quando il loro sindacato o il loro partito ancora non esistevano.

Non solo. Un'altra leggina, votata ai tempi dell'Ulivo, garantisce ad alcuni sindacalisti la possibilità di vedersi moltiplicare per due i contributi pensionistici e quindi, di fatto, di ottenere una pensione doppia. Lo statuto dei lavoratori prevede che ai dipendenti in aspettativa per lo svolgimento di incarichi sindacali siano versati, a carico dell'Inps, i soliti contributi figurativi, calcolati sulla base dello stipendio non più versato dall'azienda di provenienza. Un decreto legislativo del '96, firmato dall'allora ministro del Lavoro Tiziauo Treu, uomo vicino alla Cisl, prevede però che i sindacalisti in aspettativa possano godere di un ulteriore versamento da parte del sindacato.

Lo steso privilegio è garantito ai sindacalisti distaccati: quelli, cioè, che continuano a percepire lo stipendio dell'azienda privata o dall'ente pubblico di provenienza pur lavorando esclusivamente per il sindacato.

I base agli ultimi dati disponibili, a godere di questo regime speciale di doppio contributo - in vista di una pensione moltiplicata per lo stesso fattore - sono 1.793 sindacalisti, dei quali ben 1.278 fanno capo alla Cgil.

Le pensioni non sono il solo caso in cui i sindacati e i loro rappresentanti si trovano a godere di regole sociale calibrate su misura. Alle organizzazioni sindacali, per citare l'esempio più clamoroso, non si applica l'obbligo di reintegro previsto dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

In altre parole, i sindacati sono liberi di licenziare i loro dipendenti senza correre il rischio di doverli riassumere se un giudice dovesse decidere che il licenziamento è avvenuto senza una giusta causa. Inutile ricordare che la Cgil e le altre sigle, in difesa di quell'articolo 18 che a loro non si applica, hanno scatenato una vera e propria guerra di religione. "






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