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1 Maggio : da ilsimplicissimus: Contro la barbarie PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
martedì 01 maggio 2012
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1 Maggio : da ilsimplicissimus: Contro la barbarie
Pagina 2

1 Maggio Contro la barbarie, dal blog di Alberto Capece Minutolo: ilsemplicissimus

La parola economia è un falso storico, è il risultato di una torsione di significati avvenuta da due secoli, non dissimile da quella a cui va incontro oggi la democrazia. Ed è anche la prima moneta falsa del capitalismo. Quando ci si illuse di poter fondare una dottrina economica con l’ambizione di farne una “scienza dura” come la fisica, si dovette mostrare come le stesse regole avessero un valore universale al di là delle culture e del tempo. Così si impose man mano il nome di economia come sintesi di tutto ciò che riguardava lo scambio e il mercato, mentre nel mondo antico tutto questo andava sotto il none di crematistica e l’ oikonomìa era l’arte di armonizzare le proprie cose, i rapporti e la conduzione dello stato.

La questione è tutt’altro che relegata all’etimologia, ma coinvolge il cuore della questione  sociale, della democrazia, del lavoro e del senso del’esistenza:






con l’affermaresi della parola economia si intendeva dire qualcosa che oggi appare finalmente e amaramente chiaro: che i rapporti di produzione e di scambio  sono l’unica realtà possibile e tutto il resto è residuale. Che tutto compresa natura, denaro e uomini non ha altro significato e ruolo che quello di essere merce, ancorchè tutte e le tre cose siano il fondamento dell’esistenza stessa del concetto di merce. Dunque tutto ciò che non concerne questa natura di scambio non è altro che un ostacolo, un  intralcio allo scambio lo stesso: lo stato, i diritti, il significato del vivere sono lacci e lacciuoli in questa rapace e desolante visione.

Il problema alla fine è se l’economia debba assoggettare l’uomo o non sia che un aspetto della sua vita e vada assoggettata all’uomo. Gli economisti, almeno quelli meno intelligenti,  hanno perfettamente ragione quando sostengono che il mercato è il regolatore universale (un’idea – detto per inciso – nata per analogia alle valvole regolatrici delle prime macchine a vapore). Ma questa ragione è anche, epistemologicamente e umanamente, la loro menzogna: i mercati autoregolano sì, ma solo i mercati. Il resto , tutto il resto viene anzi sregolato e deformato, impacchettato e costretto a diventare merce.

In questo primo maggio che da festa dei lavoratori è divenuta la festa ai lavoratori, forse vale la pena rendere onore ad uno dei grandi demistificatori della società di mercato, l’economista e antropologo ungherese (o in senso più culturale, austroungarico) Karl Polanyi autore de “La grande trasformazione” uscito nel ’44, libro allo stesso tempo celebre e sconosciuto, oscurato prima dalla battaglia tra economia di mercato ed economia marxista e dopo dalla pervasività del pensiero unico, ma sempre in agguato dove esiste l’onestà e l’intelligenza del dubbio.   Sembra un testo scritto apposta per l’oggi, nel tempo in cui il capitalismo finanziarizzato, mostra gli artigli giocando al ribasso sulla dignità e di tutto ciò che si oppone alla sua logica.

Cosa dice Polanyi? Una cosa evidente che fa parte della vita concreta e non delle astrazioni scorrette da cui è ossessionata la crematistica attuale:  che “l’economia è quindi inserita e coinvolta [embedded ] in istituzioni di natura economica e non economica. La presenza di istituzioni non economiche è di importanza decisiva”. La sostanza è che “i rapporti interpersonali basati sul dare e sul ricevere sono incorporati in una vasta rete di impegni sociali e politici che non consentono agli individui di massimizzare i vantaggi economici ottenuti in queste relazioni”. Si tratta per l’appunto di tutto ciò che oggi si vorrebbe spazzare via.

L’antropologo e storico Polanyi osserva che al contrario di quanto postulato dall’economia classica e assolutizzato poi da quella neoclassica esisto diversi tipi di scambio: 1) il mercato caratterizzato da scambi impersonali regolati da un equivalenza numerica determinata dalla moneta ; 2)  la reciprocità che dà luogo ad uno scambio non mediato dalla moneta  tra  partner o comunità che  non  sono  legati  necessariamente  da vincoli economici; 3)  la  redistribuzione  generata  quando  un  centro  politico  è  in grado  di  raccogliere  risorse  e  distribuirle  secondo  criteri definiti tra tutti i membri della società. Dunque il cosiddetto mercato è solo un aspetto delle relazioni e non è affatto qualcosa che rifletta una natura mono dimensionale umana. In questo senso l’economia ridiventa oikonomia.

In essa, in questa forma ritrovata di complessità, si ritrova l’idea di diritto universale, di classe, di interesse diverso rispetto a quello immediato, si ritrova la speranza, l’utopia, la crescita e persino l’affettività. Ciò che gli Adam Smith ritenevano una forma di scambio “naturale” si rivela invece un banale riduzionismo, un innaturale ritaglio funzionale agli interessi delle incipienti classi dominanti. E ciò che verrà poi con la scuola mercatista secondo cui l’economia è solo la massimizzazione razionale delle risorse scarse per soddisfare bisogni e fini individuali, non è che un assurdo perché postula bisogni e fini di cui non fornisce ragioni se non il postulato della loro esistenza, perché crea un universo di monadi che hanno finestre solo sul mercato e alla fine si rifugia nell’orrenda tautologia che l’unico fine del mercato è il mercato stesso.

Mi piacerebbe poter allegare in pdf tutto il testo se ciò non andasse contro gli interessi di mercato della Einaudi ancorché faccia parte dei bisogni individuali e collettivi di conoscenza. Ma almeno un piccolo  brano lo voglio riportare, qualcosa che pare scritto oggi, in questo giorno di  festa del lavoro che vive l’aggressione al lavoro.

“L’autoregolazione implica che tutta la produzione è in vendita sul mercato e che tutti i redditi derivano da queste vendite. Di conseguenza vi sono mercati per tutti gli elementi dell’industria, non soltanto per le merci (sempre com- prendenti i servizi) ma anche per il lavoro, la terra e la moneta, ed i loro prezzi vengono chiamati rispettivamente prezzi delle merci, salari, rendita ed interesse.

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  Commenti (13)
11. la rana bollita
Scritto da colzani, il 04-05-2012 07:52
buongiorno Marista 
credo di apprezzare lo sforzo del sig Minutolo e i parte quanto scrive il bravo Silvio. Possiamo aprire gli occhi e realizzare il grande bluff dei numeri oppure assopirci nel loro magico movimento; resta questa "scienza", come altre al servizio dei moti rivoluzionari, una necessità per il confezionamento (confezionamento solo poichè il "mondo nuovo" è una ineluttabile costante) dei nuovi meccanismi - mi conceda l'eufemismo caro Silvio - che trasporteranno verso il consolidamento della nuova forma di produzione. Le drogate teorie di Einstein, per fare un esempio, nonostante la solida manifestazione dei quanti ancora intorpidiscono le menti dei due mondi, e forse allora non solo scopriremo che Neanderthal non si è mai estinto (o non è mai apparso) ma anche la inossidabile verità che una colonia di triceratopi stanno occupando la stazione di Camden. 
cordialmentE
12. energia scalare emondo nuovo
Scritto da Marista, il 01-05-2012 17:18
Silvio, stavolta fatico a seguirti, ma aspetto pazientemente, nel frattempo metto in "chiaro" i tuoi post, spero oggi stesso. 
ciao, e buon pomeriggio!
13. L'ALBA DI UN MONDO NUOVO
Scritto da SILVIO, il 01-05-2012 15:44
L'economia sarebbe dovuta essere una scienza sociale posta al servizio dell'uomo per consentirgli una serena e pacifica esistenza in quel fugace trascorrere che equivale alla vita terrena. 
 
Ma così non è mai stato per la disomogeneità insita nella natura umana. 
 
Quali ne sono le cause? 
 
Provo ad ipotizzarne la principale, riconducibile al postulato che l'Uomo di Neanderthal (ottuso, insaziabile, violento, prevaricatore, predatore e omicida) non si sia mai completamente estinto. 
 
Anzi, si è incrociato con la specie superiore dell'Homo sapiens (il Cro-Magnon) dando luogo ad ibridi continuamente ondeggianti tra il bene e il male (con riferimento al bene comune). 
 
Sono (a mio avviso) essi la variabile (maggioritaria) impazzita responsabile delle indicibili sofferenze dell'umanità. 
 
La redenzione avverrà allorché le attuali teorie economiche dominanti (basate su modelli matematici completamente avulsi dai dati empirici) saranno sepolte dal tacito uso dell'energia illimitata dell'universo e, cioè , dell'energia scalare.  
 
Gli strumenti (affinché ciò avvenga) esistono già. 
 
Basterà divenirne tutti consapevoli e lottare al fine che sorga finalmente l'alba di un mondo nuovo.

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