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di Tommaso Cerno e Paola Pilati
Milioni di italiani ricevono richieste di soldi assurde,
spesso per multe e bollette già pagate o non dovute. Un Moloch di
Stato che non ascolta ragioni e ti pignora la casa per pochi euro. Ma
ora c'è chi dice basta
Un grande falò di cartelle esattoriali sotto la Mole
Antonelliana. Parte da Torino la rivolta fiscale contro Equitalia.
Sono pronti a migliaia per la prima class action, proprio come nei
film americani, che porterà davanti al giudice quello che
definiscono il nuovo sceriffo di Nottingham: il fisco impazzito. Non
difendono certo gli evasori e le frodi.
Anzi, denunciano i metodi
della società pubblica che riscuote tasse, contributi Inps, Iva,
multe e canone Rai per conto dello Stato. Nel 2006 fu armata dal
governo per scucire il dovuto ai più incalliti nemici del fisco, ma
sta diventando l'incubo di un'altra categoria: artigiani senza più
commesse, commercianti oberati di debiti, famiglie monoreddito
stremate dai conti di casa. Secondo i dati diffusi per la prima
volta, i 18 milioni di cartelle inviate solo nell'ultimo anno e i 40
milioni fra solleciti, notifiche e avvisi di pagamento colpiscono con
la stessa rudezza furbi e imbroglioni, ma pure cittadini con colpe
veniali e magari pronti a pagare. Gente che si vede trattare dagli
sceriffi di Equitalia come ricercati. E che sfinita si sta
ribellando.
Voi evasori, noi poveracci Il consigliere
regionale Alberto Goffi è una specie di Robin Hood che viaggia per
Torino su una jeep verde con il numero di cellulare sulla fiancata. È
lui che ha chiamato a raccolta questo popolo e ha ingaggiato un
duello inedito fra due soggetti pubblici: il locale ufficio di
Equitalia Nomos e l'Osservatorio messo in piedi dalla Regione
Piemonte, che gli fa le pulci. Un duello che potrebbe allargarsi a
macchia d'olio in tutto il Paese. E così in mezzo a chi le tasse non
le paga davvero, nasconde capitali all'estero, distrugge le multe e
con le bollette riempie i cuscini, c'è sempre più gente come Anna:
dopo la crisi della Fiat per mandare avanti l'azienda che faceva
componenti per auto ha congelato i versamenti Inps. Aveva un debito
da 300 mila euro, che nel frattempo è salito a più di un milione. E
non si ferma. La rata da 37 mila euro al mese non la reggeva. Così,
adesso che gli ordini sono tornati a salire e avrebbe lavoro per un
decennio, sta licenziando e chiuderà baracca: "L'interesse
annuale è più alto del debito, così io pago ma non finisco mai. Mi
hanno portato via tutto, mobili, macchinari, auto e casa. Mi resta
l'orologio che mi regalò mio marito e ho paura che me lo sfilino dal
polso. Secondo lei, se volevo evadere mi intestavo tutto?". C'è
Francesco, 46 anni, licenziato, bimba a carico. S'è visto
ipotecare il mini-appartamento per non aver pagato il canone Rai. C'è
Giorgio, 39 anni, cassintegrato: "Il mutuo mi mangia
tutto e quelle vecchie multe di quattro anni fa si sono trasformate
in un incubo: il debito è triplicato, paghiamo ogni mese e non
scende mai". E c'è Giovanni, 60 anni, che
fornisce macchinari alle carceri. Stavolta è lo Stato che ha smesso
di pagarlo e così lui non ha potuto versare i contributi Inps per i
tre dipendenti. Solo che adesso quello stesso Stato è pronto a
mettergli all'asta la casa.
Nell'ottobre 2009 Equitalia mandò un preavviso di ganasce fiscali
addirittura al Radio Soccorso di Torino, che trasporta i malati di
cancro. Il tutto per un debito di 3.058 euro su una vecchia tassa
rifiuti. "Una cosa è la caccia ai delinquenti, che ogni anno
nascondono allo Stato 120 miliardi di tasse e vanno presi. Altra cosa
è infierire su questi poveracci per fare cassa", dice Goffi.
Ecco il punto. Da un anno l'Agenzia delle Entrate ha diminuito le
"commesse" per Equitalia: meno riscossioni con la forza,
più disponibilità a trattare con i presunti evasori per ottenere in
via bonaria e in tempi più rapidi il dovuto.
In questo modo l'Agenzia incassa direttamente oltre il 67 per
cento dei crediti, lasciando alla società di riscossione circa un
caso su tre. E così Equitalia si concentra sempre di più su multe,
canoni, Tarsu e ritardi di pagamento o sui piccoli imprenditori
soffocati dalla recessione. Applicando le stesse ipoteche e
pignoramenti previsti per chi evade, anche per poche centinaia di
euro. L'effetto pratico è bizzarro: l'evasore consapevole,
mimetizzato dietro off shore e conti esteri, senza case da
sequestrare né auto da bloccare, se la cava spesso con un
concordato. Mentre il cittadino che ogni anno compila il modello
Unico, ma non ha i quattrini per saldare, si vede spogliato di tutto.
Emblematico il fenomeno della case ipotecate spesso per pochi
spiccioli. A "L'espresso" Equitalia ha fornito un primo
quadro nazionale. Si parla di oltre 616 mila ipoteche iscritte dal
2007 a oggi. E sarebbero già tante. Eppure Federcontribuenti ripete
che il dato non è attendibile e che in Italia le ipoteche sarebbero
già oltre un milione e mezzo. "Basta leggere i dati della
Provincia di Torino trasmessi alla Regione qualche mese fa. Oggi in
un territorio di 2 milioni di abitanti ci sono almeno 39 mila
ipoteche attive. Impensabile che in Italia siano poco più di 600
mila, soprattutto se si considera che nelle grandi città come Roma e
Napoli il fenomeno è storicamente più diffuso", spiega Goffi.
A dimostrare che i provvedimenti non scattano solo nei confronti
degli evasori veri, c'è il boom di ricorsi da Roma a Milano.
Centinaia di persone si sono trovate l'ipoteca per debiti inferiori
ai mille euro, magari per vecchie multe. A chi s'è presentato allo
sportello di Equitalia la risposta è stata sempre la stessa: "Noi
applichiamo la legge". Lo ripetono tutti. Dal responsabile
comunicazione dell'Equitalia, al direttore generale. Peccato che la
Cassazione l'abbia smentito, dichiarando illegittima l'ipoteca della
casa per meno di 8 mila euro. Equitalia ha preso atto e ha subito
promesso di cancellare senza oneri per il contribuente le ipoteche
irregolari iscritte dal 2007. Eppure finora non è accaduto nemmeno
questo, in un rimpallo su chi debba sborsare i quattrini necessari.
C'è pure il caso di chi, come Gianni di Milano,
artigiano nel settore del mobile, s'è visto mettere all'asta la sua
quota di casa che divideva con la moglie. Il 50 per cento è finito
in mano a un estraneo che, pochi giorni dopo, ha cominciato a
presentarsi a casa a tutte le ore: "Mi diceva questo: o ti
ricompri da me la tua quota al doppio del prezzo o vi rendo la vita
impossibile. Per me è cominciato un incubo". "Questi sono
problemi che stanno emergendo e su cui è necessaria un riflessione
sia a livello politico, sia di sistema", ammettono ai piani alti
dell'Agenzia delle Entrate.
Che vi sia un abuso lo conferma l'avvocato Carmelo Calderone.
Siede in quasi tutte le commissioni tributarie d'Italia, da Trieste a
Messina, e da tempo denuncia le storture del sistema: "La
vessazione è evidente. Nell'ultimo triennio Equitalia nel Lazio ha
attuato l'ipoteca al 69 per cento dei proprietari raggiunti da una
cartella. È così che la bandiera della presunta lotta all'evasione
sventola fiera sui tetti degli immobili ormai diventati di
Equitalia".
La piovra di Stato Il fatto è che per
sopravvivere la piovra Equitalia deve fare budget. E per riuscirci
non guarda in faccia nessuno. Al Capone e la vecchietta con 500 euro
di pensione che non è riuscita a pagare la tassa immondizie per loro
sono la stessa cosa. "Lo dice la legge", ripetono ai call
center. È vero, è una società pubblica (51 per cento di proprietà
della Agenzia delle entrate, 49 dell'Inps). Un baraccone all'italiana
con 8 mila dipendenti, come un ministero, che ha raccolto i rami
secchi del vecchio sistema di riscossione privato abrogato nel 2005
dal ministro Vincenzo Visco. Per mandarlo avanti l'unico introito
sono proprio le cartelle esattoriali. Su ogni debito contestato, alla
società spetta il cosiddetto aggio, ovvero un interesse del 9 per
cento. Una specie di gabella che si calcola sull'importo già
maggiorato dalle sanzioni e non sul debito reale che il cittadino ha
contratto. Significa che più cartelle spediscono, più notifiche
mandano, più avvisi recapitano e più incassi fanno.
Di gente tartassata così ce n'è a migliaia. E l'incubo che grava
sul Paese ha i numeri di una catastrofe finanziaria. Basta guardare
una cartella esattoriale per capire che il sistema è destinato a
esplodere, col debito che aumenta anche di quattro o cinque volte. In
un caso documentato, un piano di ammortamento datato 18 dicembre 2009
partiva da circa 350 mila euro. Contributi in ritardo perché
l'impresa doveva scegliere fra licenziare a Natale metà dei
dipendenti o sospendere l'Inps in attesa di tempi migliori. L'hanno
fatto decine di migliaia di aziende del Nord. Per Equitalia è
evasione fiscale. Così ha fatto i conti e l'importo iscritto a ruolo
è salito a oltre 544 mila euro, poi a 726 mila con gli interessi di
mora. In più, su ognuna di quelle cartelle, la società si porta a
casa il famoso 9 per cento: 25 mila euro calcolati sull'importo
iscritto a ruolo, cioè già gonfiato. A questo punto l'imprenditore
accetta di rateizzare e il calcolo riserva l'ultima amara sorpresa:
il debito sale a 828 mila euro.
Senza tirare in ballo le migliaia di cartelle "pazze",
multe mai ricevute che riappaiono dieci anni dopo con importi cinque
volte superiori, capita anche che la contravvenzione annullata dal
giudice di pace prosegua comunque il suo iter di riscossione. E che
Equitalia ti mandi la cartella esattoriale. Nessuno è tenuto a
informarla che quella sanzione sia ormai illegittima. E l'unico che
resta fregato è il contribuente. L'importo cresce anche del 120 per
cento e, se non viene coperto entro i fatidici 60 giorni, scatta il
blocco dei beni. L'avvocato Antonella Nanna della Federconsumatori è
in prima linea nel denunciare le storture del sistema. Dal Lazio alla
Toscana, da Napoli a Trento sono migliaia le segnalazioni: "Un
nostro associato aveva ottenuto l'annullamento di una cartella
esattoriale con liquidazione delle spese processuali a suo favore,
eppure s'è visto notificare un fermo all'auto", racconta. Un
altro, con tanto di sentenza favorevole della commissione tributaria
che prevedeva il rimborso di somme che aveva già versato a
Equitalia, non ha ottenuto la restituzione dell'importo perché non
era possibile stabilire chi dovesse risarcirlo.
La protesta si allarga E così la rivolta
torinese è ormai una rivoluzione nazionale. Dal Veneto alla
Lombardia, dalla Toscana alla Puglia, le storie sono tutte simili e
drammatiche. Un circolo vizioso, secondo il presidente dell'Api
torinese Fabrizio Cellino, il primo industriale italiano a schierarsi
apertamente contro Equitalia. "Nelle regioni produttive del Nord
oggi pesa perfino più della crisi economica: se un artigiano o un
commerciante è in difficoltà, magari perché proprio lo Stato
ritarda i pagamenti, Equitalia pignora e segnala la posizione alla
centrale rischi. Il debito aumenta e molti chiudono. O finiscono
nelle mani degli usurai. Mentre lo Stato non paga mai", spiega.
La loro proposta al ministro Giulio Tremonti è una moratoria che
consenta ai vessati di uscire dal gorgo dei debiti, per ripartire con
la caccia all'evasione quando le regole saranno più eque.
Che il problema esiste, l'Agenzia delle Entrate lo sa. Tanto che
ha varato il cosiddetto "bon ton" del fisco. Il gran capo
Attilio Befera, che è anche presidente di Equitalia, è dovuto
ricorrere a una severa lettera di richiamo per riportare a modi più
civili il comportamento dei suoi segugi. Non che gli evasori meritino
il guanto di velluto, ma la mossa indica il bisogno di cambiare il
clima tra erario e contribuenti, soprattutto in vista della nuova
battuta di caccia che si aprirà a breve: tra il 2011 e il 2013
all'Agenzia tocca di scovare 20 miliardi di euro che oggi le sfuggono
e riportarli a casa. E se per l'Agenzia il sistema funziona meglio
non si può dire che Befera abbia ottenuto grossi risultati con
Equitalia, anch'essa con un obiettivo ambizioso: aumentare le
riscossioni di un miliardo entro il 2012 (oggi è a quota 8).
Mentre da un lato il mastino di Giulio Tremonti sul fronte del
fisco si preoccupa di bon ton, dall'altro si rafforzano i poteri del
braccio operativo di Equitalia. Già superiori a quelli della stessa
Guardia di finanza. Arrivano, notificano, pignorano, sequestrano,
ipotecano, bloccano i conti senza nemmeno la necessità di un giudice
che firmi. Ma non è finita. Dal prossimo anno la società avrà
anche un'altra arma: quella di agire direttamente sul contribuente
infedele con indagini finanziarie che fino a oggi erano riservate
all'Agenzia e relegate alla procedura penale, e rispetto alle quali
il contribuente godeva di garanzie e tutele. Da domani, gli esattori
potranno eseguirle in via amministrativa e guardare così nei conti
correnti e negli investimenti di chiunque.
Due anni fa è nato pure il Fondo giustizia, che incamera tutti i
denari bloccati da un provvedimento giudiziario e finora depositati
nelle banche. Si tratta di 1,7 miliardi, che Equitalia dovrà
investire come fosse un gestore finanziario (incassando un aggio del
5 per cento sull'utile). Sempre per il ministero retto da Angelino
Alfano, la Spa guidata da Befera dovrà recuperare i crediti delle
spese processuali e le sanzioni pecuniarie maturate alla fine di un
processo.
Fra i pezzi grossi di Equitalia vige la regola del silenzio. A
Torino l'amministratore delegato Nicola De Chiara non riceve
giornalisti. Al centralino puoi chiamare decine di volte, che tanto
nessuno ti passa nessuno. L'unico modo per parlarci e andarci di
persona. Ma niente contatto diretto. "Parlate con Roma",
rimbalza la segreteria.
Eppure, fuori microfono, qualcuno che ammette gli errori c'è. Una
mail riservata, partita dagli uffici milanesi, invita a osservare una
coincidenza quanto meno bizzarra: mentre Equitalia continuava ad
accumulare ipoteche sulle case nei mesi dello scudo fiscale, buona
parte dei capitali che rientravano dai conti dei veri evasori
all'estero (pagando solo il 5 per cento del dovuto) è finita proprio
sul mercato immobiliare. Vale a dire che, oltre a portarsi in Italia
milioni di euro con meno di un ventesimo di quello che versano i
contribuenti trasparenti, quei soldi sono spesso serviti ad
accaparrarsi, sottocosto, ville e appartamenti messi all'asta da
Equitalia. Un trend che al quartier generale dell'Agenzia delle
entrate a Roma osservano a distanza: "C'è anche un aspetto
positivo: quegli evasori rientrati dovranno pagare le imposte e noi
ora sappiamo dove sono. E possiamo controllarli". Peccato solo
che molte di quelle case le ha perse gente che i redditi li aveva
almeno dichiarati.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/equitalia-e-rivolta/2139305//0
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11. Scritto da
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, il 17-12-2010 00:47 lo stato è il vero cancro dell’ Italia . Ora lo stato cerca di depredare i patrimoni immobiliari degli italiani, ereditati da generazioni, la scusa ? solita frase storica : evasione fiscale e le agenzie delle entrate vengono addestrate alla rapina : inventano tasse evase,in base a parametri cervellotici , o circolari confuse, aggiungono poi sanzioni esorbitanti,con il fine ultimo di impossessarsi del patrimonio frutto del sacrificio di generazioni. Ormai lo stato ci ha preso gusto e come una fiera carnivora si avventa sui patrimoni con iscrizioni ipotecarie, decreti ingiuntivi, pignoramenti, e altri vincoli ,per impossessarsi poi, dei beni degli italiani che hanno qualche bene immobile intestato o mobile iscritto nei pubblici registri . Solo un nullatenente e un ricchissimo (banca) può vivere bene in Italia ,per gli altri, è rapina garantita da parte dello stato.
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12. Magari venissero Scritto da
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, il 08-12-2010 18:14 Salve Marista. Sì, speriamo che vengano in Germania. Qui c'è acuta necessità di Ingegneri, di Medici e personale Tecnico Sanitario. La Germania ha acuta necessita di gente giovane volenterosa e capace, che vengano. Magari venissero. Ciao.
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13. pizzo Scritto da
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, il 08-12-2010 17:54 Ciao Franco, hai usato il termine esatto, noi paghiamo il pizzo. Non solo a chi si è organizzato il fisco, ma anche a coloro che controllano il piccolo commercio, non a tutti, come sempre ci sono bravissime persone e marioli, il guaio è che se tu denunci i marioli, non succede nulla, i nostri sindacati, il nostro cancro peggiore, dicono che se uno ha il posto fisso, anche se è marilo, deve restare e anche molt giudici la pensano così, io riassumerei in breve: è cresciuto un antistato nello Stato. Una mala pianta abbarbicata, se ne tagli un tralcio, ne nascono due, la si dovrebbe soffocare dalle radici, ma sembra che a troppi vada bene così. Per questo molti giovani se ne vanno, e vedrai che appena le cose negli altri Paesi si stabilizzeranno, da questo Paese se ne andranno in molti, anche anziani.. aspetta e vedrai una migrazione storica
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14. Roba da Matt Scritto da
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, il 08-12-2010 12:34 Ciao Marista. Insomma in Italia ormai se non fosse da piangere, sarebbe tutto da ridere. Mentre da una parte i Vuvuela nazionali urlano allo scandalo dopo le rivelazioni di pettegolezzi da parte di Wikileaky, che personalmente ho ribattezzato “weeweeleaky”, in altre parole: Incontinenza di pipì. Dall’altra i soliti Vuvuela nostrani stano zitti di fronte ai calci che si prendono in continuazione nelle palle, se mai le hanno, dal sistema d’Esattoria Italiana. Questo sistema di pizzo statale è unico al Mondo ed è veramente una schifezza, buon solo a coltivare il nepotismo e la corruzione d’Ufficio. Salutönen
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