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Faccio parte di gruppo di sostegno a Report, poi ho letto P. Barnard. Leggi anche tu
Scritto da Marista Urru
giovedì 10 settembre 2009
Il gionalismo se non morto, è morente, leggete questo illuminante articolo di Paolo Barnard, che dire se non che a volte siamo maledettamente distratti? Non ce ne eravamo nemmeno accorti, imbambolati di fronte ai nostri schermi...
Ma dov'è la dignità di Santoro? Di Travaglio? Della
Gabanelli? E delle centinaia di migliaia di voi che li seguite? Lewis Hill si
vergognerebbe di loro, e di voi.
Rampognano da non so quanti anni che in Italia c'è il
‘regime', un regime viepiù bieco e nero, ma poi alle casse del ‘regime' vanno a
piagnucolare spazi televisivi e denaro. Mai nella storia degli oppositori
d'Italia, dai giorni dei fratelli Rosselli a oggi, né nella storia d'Occidente,
si è vista una condotta talmente penosa. E voi pubblico strillate che
l'informazione è di ‘regime', ma tutto quello che volete fare è starvene a casa
in salotto e avere la libertà servita gratis in Tv dal ‘regime'. Ridicoli. Mai
nella storia delle società civili organizzate, dalla nascita del socialismo a
oggi, si sono visti così tanti incapaci cittadini.
Santoro naviga per 20 anni fra le fila dei comunisti e
post comunisti di Ingrao nella televisione di Stato, e oggi finge di non sapere
che la Tv di Stato
è un cadavere decomposto, inutile scuoterlo. Gabanelli si infila nella Tv di
Stato di Craxi, col socialista Roberto Quagliano (vero ideatore di Report) e
con Giovanni Minoli, e oggi lamenta ‘censura' dopo 5 anni di prime serate sotto
Berlusconi. Travaglio dichiara che nella Tv di Stato "tutti hanno il
guinzaglio, e senza guinzaglio lì dentro non ci si entra", poi sta anche lui
abbarbicato al botteghino di viale Mazzini ad attendere i suoi contratti
firmati. Tutti e tre a pretendere la paghetta dal 'regime'.
Uno spettacolo indecente. Nel 1943, un uomo di nome Lewis
Hill contemplava il suo Paese, gli Stati Uniti, in piena corsa agli armamenti,
controllato con ferrea determinazione da un ‘regime' militare, poliziesco, ma
soprattutto bancario e industriale senza pari nel mondo occidentale. Non
esisteva, negli USA di allora, neppure la più pallida idea di partecipazione
democratica nei media, meno che meno la libertà di espressione. Hill e alcuni
giornalisti-attivisti si trovavano a quell'epoca internati in un campo di
semi-libertà per obiettori di coscienza a 2.500 metri di altezza
sulle Sierra Mountains; non avevano telefoni, Internet, né editori nazionali
che li pubblicassero, né V-day pensabili o Star di sostegno. Lewis Hill e il
suo collega Roy Finch volevano la libertà dei media. Era tutto ciò per cui
vivevano e avevano lavorato. Non bussarono alle porte del New York Times o di
NBC Radio, né in seguito alla CBS o ABC. Non rampognarono i consiglieri
d'amministrazoie dei media americani per uno spazio nel ‘regime'. Ebbero
dignità.
Hill partì da un seminterrato di San Francisco con un
microfono e due idee: libertà di opinione a qualsiasi costo e i finanziamenti
da chi ascolta. Le sue prime parole all'etere, il 15 aprile 1949 alle 3 del pomeriggio,
furono: "Questa è radio KPFA, Berkeley". Gli ascoltatori accertati quel
giorno furono 12. Oggi quel microfono perduto nell'indifferenza del dopoguerra,
è divenuto Pacifica Radio e la
Tv Democracy Now!, la più vasta rete di media pubblici
d'America e del mondo, con 800 stazioni che la ospitano, più satellite e
internet, e una audience mondiale di quasi 200 milioni di persone. Interamente
auto-finanziata.
Eppure mai, mai in questa grande storia di giornalismo
libero è accaduto che un singolo giornalista di Pacifica e Democracy Now! si
sia sognato di bussare alle porte del ‘regime' a elemosinare libertà. Essi
hanno capito che un cadavere non rivive, che bisogna abbandonarlo alla
decomposizione e partorire altro. Esattamente quello che si dovrebbe fare in
Italia. Ma costa. Costa l'immenso prezzo dell'oscurità per decenni, costa, cari
finti eroi della finta libera informazione italiana, la perdita della carriera,
delle copertine sui giornali, delle collaborazioni con i settimanali, delle
folle adoranti, dell'adrenalina dell'essere famosi, della candidature in
politica, delle cene con magistrati o ‘principessine'. Significa affrontare il
destino amarissimo di coloro che hanno dato tutta la vita per poter raccontare
il mondo, ma gli tocca farlo dalle catacombe dei 12 ascoltatori o giù di lì,
giornalisti come Carlo Ruta, Antonella Randazzo, Carlo Gubitosa, Paolo Barnard,
e tanti altri come noi. Come Lewis Hill quel pomeriggio di 60 anni fa.
Ma se fra Santoro o Gabanelli e Lewis Hill o l'attuale Amy
Goodman passa un'oceanica differenza in dignità (oltre che bravura), lo stesso
va detto degli attivisti italiani e di quelli americani. Qui si fanno feste di
piazza e falò colorati, girotondi patetici o petizioni, poi tutti a casa, e
quando c'è da metterci le proprie ore di uggioso e anonimo lavoro per pagare e
per far funzionare un'informazione libera, capita sempre che dopo il solito
strepitoso inizio rimanete in 5, perché un mese dopo c'è già un altro V-day da
fare, e via! di corsa tutti al nuovo party. Così, in questo Paese di pavidi e
adoranti servili, sono fallite tutte la iniziative ispirate a ciò che invece
gli altri sanno fare.
Gli altri hanno giganti del calibro di John Pilger, Dean
Baker, Alexander Cockburn, Amy Goodman, Naomi Klein, Nir Rosen, Amira Hass,
Akiva Orr, Tariq Ali..., che nessuno ha mai, mai visto, neppure per sbaglio,
aggirarsi per i corridoi del ‘regime' a piagnucolare per un paio di riflettori
puntati addosso.
Berlusconi li vede i piagnucolanti, e non per nulla,
mentre alternativamente gli allunga un tocco di pane o glielo toglie, li
disprezza.