Giovedi 19 Luglio 2012
Fa un certo effetto aver ascoltato ieri sera a "IL FATTO",
ospiti Caselli e Ayala che commemoravano la orripilante strage di
Borsellino e la sua scorta (come solo pochi mesi prima lo fu quella
di Falcone), affermare che i due magistrati dei quali si sono fatti
due eroi, in vita furono costretti, soprattutto Falcone, ad
affrontare umiliazioni inenarrabili tanto da poter sostenere che
Falcone "cominciò a morire" dopo che per la nomina di
Procuratore Capo a Palermo gli fu preferito Mele, solo per ragioni di
anzianità. E con quale puntualità Caselli ha citato "le
malelingue", i corvi, che nelle stanze ed i corridoi della
Procura di Palermo e nella sede del CSM facevano circolare su Falcone
le peggiori nequizie (una delle quali, la più intollerabile fu
quella di aver attribuito allo stesso Falcone la responsabilità di
"essersi costruito" l'attentato alla Addaura, come elemento
di merito, per poter ambire a quel posto, appunto, l'essere vittima
di attentati da parte della mafia).
E le stesse critiche feroci riservate a Borsellino (oh come li
ricordo quei giorni!) che come un animale in gabbia, consapevole che
il prossimo a saltare in aria sarebbe stato lui, per quello che
denunciava, le interviste che rilasciava, non entrando mai nel merito
i suoi nemici, lo si accusava "Di non rispettare i livelli
istituzionali"...
A questo aggiungo ciò che lo stesso Falcone disse in vita e cioè
che l'isolamento è il segnale che si offre alla mafia per colpire
magistrati, ed altri che alla mafia si oppongono, per indurla a
colpire la propria vittima. Insomma una sorta di "passi"
che non ci sarà NESSUNO a contrastarla....
Certo mettendo insieme tutte queste cose non posso che rilevare le
analogie di una "metodologia dell'annullamento" che un
sistema di potere (di caste politiche, giudiziarie, sindacali, di
lobbies economiche, di mafie, è del tutto indifferente specificare
quale perché la metodologia è identica) contro quegli elementi che
ne denunciano il malaffare, e da cui dunque "sentono" possa
venire un rischio per la loro sopravvivenza.
Ora poiché mi ricordo quelle stragi come fosse oggi, e me le
sento ancora oggi aggredirmi le viscere per lo schifo e lo sdegno, mi
permetto di rilevare le analogie anche col mio licenziamento (facendo
ovviamente le debite proporzioni con chi poi si fece saltare in aria.
Ma certo "la fase preparatoria" è identica anche nell'uso
delle "incolpazioni"). Ieri è stato riferito che a
Borsellino si rimproverò di "non rispettare i livelli
istituzionali", a me sono arrivate decine di contestazioni
disciplinari (unicamente da quando l'ENEL fu "governata"
dalla gestione del duo D'Alema / Bersani) quasi sempre incentrate sul
"mancato rispetto della linea gerarchica" anche quando mi
riferivo a vicende che non potevano contemplare tale rispetto visto
che non si riferivano allo svolgimento di un lavoro che mai mi veniva
assegnato, ma al riferimento di questioni generali anche politiche
che riportavano a quella gestione. Motivi del tutto pretestuosi e
formali dunque che diventavano "motivo di accusa" da parte
di chi voleva, soprattutto, farti tacere, così come tacere doveva
Borsellino riferendo di quello che aveva patito in vita Falcone,
fatto saltare in aria ancora non si sa da chi e, screditandolo,
renderlo impotente nel suo metodo di lavoro che con Falcone aveva
consentito per la prima volta, veramente, di "processare la
mafia" connivente con tutti i poteri da sempre.
Mi inchino pertanto devotamente alla memoria di due uomini che
nulla avevano a che spartire con questo paese di mexda. Avrei
preferito avessero fatto altro, si fossero distratti, avessero
portato sé stessi, le loro famiglie, a svagarsi altrove, perché
oggi sarebbero vivi insieme a tutti quelli che li hanno protetti in
vita finché avevano potuto. Questo paese non merita gente così né
tantomeno il loro sacrificio. Questo paese merita i nani, gli
sguatteri che qualcuno chiama giornalisti, le ballerine i papponi e
le mignotte.
Grazie Paolo e Giovanni, vi ricorderò sempre.
Bruna Gazzelloni
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