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Francesco Cossiga forse un enigma, certo un politico diverso. Forza Presidente! PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
mercoledì 11 agosto 2010
Cossiga
Spero di tutto cuore che Cossiga ce la faccia e apertamente lo affermo sottraendomi al coro becero degli sciacalli che dai blog lo vitupera. Certo questo politico diverso e per certi versi anomalo è un enigma, ma è altrettanto sicuro che se noi italianucci cominciamo ad avere un barlume di consapevolezza del mondo in cui siamo immersi, lo dobbiamo a lui, a Francesco Cossiga. A quanti continuano a sbandierare con l' aria truce di chi ritiene di aver capito e sapere la verità, i fantasmi del passato che attendono una spiegazione, come molti altri fantasmi che si preferisce non ricordare o sui quali si preferisce fare abile mescolio di carte,ricordo questo aforisma :

..l'essere è un mare sconfinato e incommensurabile.
Non dite: "Ho trovato la verità",
ma piuttosto: "Ho trovato una verità". .. ( Gibran)



dal libro "Fotti il Potere - manuale sul potere politico", scritto da Andrea Cangini con Francesco Cossiga (Aliberti Editore )




"POLITICA E DENARO? I BILANCI DEI PARTITI SONO ANCORA FALSI"
Andrea Cangini 
per  quotidiano nazionale

Tutto ritorna, parrebbe: Mani Pulite, la corruzione, il rapporto perverso tra politica e denaro. C'è da scandalizzarsi? Secondo Francesco Cossiga, no. Perchè, come spiega nel libro in uscita per Aliberti ‘Fotti il Potere, gli arcana della politica e dell'umana natura', «tra politica e denaro ci sarà sempre un legame indissolubile» e non bastano «le logiche moraliste tipicamente italiane a cancellarlo». Si può nasconderlo, al massimo.

Ma non si può pensare che le regole non scritte del gioco politico vengano come d'incanto sovvertite. Dice infatti il presidente che «come accadeva durante la Prima repubblica, i bilanci di tutti i partiti sono ancor oggi sistematicamente falsi», i soldi che ricevono attraverso il finanziamento pubblico «sono solo una minima parte di quelli di cui possono effettivamente disporre» e pertanto «non c'è personalità politica che non possa essere sbattuta in galera per tangenti».

E' capitato anche a Cossiga di maneggiare denaro altrui, e nel libro lo racconta. Racconta anche che, oggi come allora, non c'è grande partito in cui non emergano personaggi i cui meriti politici restano avvolti nel mistero ma le cui carriere si giustificano con il rapporto esclusivo che hanno saputo tessere con chi il denaro lo ha davvero. Perché «i politici sono ormai marionette nelle mani dei banchieri», e «sul fiume di denaro frutto della corruzione navigano le carriere e le fortune personali di molti di loro».

Può dunque capitare che un po' di quel denaro destinato a finanziare la politica resti attaccato alle mani dei politici. Ma sarebbe saggio non farsene un cruccio. Francesco Cossiga cita un brano della lettera scritta al nipote dal liberale Massimo D'Azeglio quando, nel 1852, lasciò la carica di primo ministro del Regno di Sardegna: «Nessuna opera pubblica può giammai essere realizzata senza che alcuno si arricchisca su di essa».

Meglio rassegnarsi, dunque. Perché a mettere l'accento solo sul versante morale dell'agire politico si rischia di trascurarne gli obiettivi naturali: fare, realizzare cose nell'interesse generale. Cossiga ritiene infatti che la moralità individuale andrebbe rapportata all'efficacia di governo, perché «è meglio il politico che ruba un po' ma sa governare bene, di uno onesto ma incapace». Difficile che tale ‘sensibilità' possa permeare i ranghi della magistratura. Che però è fatta di uomini come tutti, dunque non necessariamente estranei al fascino del potere.

E del denaro. Può pertanto darsi il caso che indagini oggettivamente legittime rispondano a logiche esclusivamente politiche. O di potere. Ad esempio: secondo Cossiga «Mani Pulite non nasce con l'arresto di Mario Chiesa. Ho parlato con diversi grandi imprenditori coinvolti, e tutti mi hanno detto che gli sono stati contestati fatti appresi dai magistrati anni prima grazie alle intercettazioni. C'è qualcosa che non torna: perché quelle inchieste da anni dimenticate sono state di colpo lanciate tra i piedi del ceto politico?». Secondo il presidente, allora l'azione della magistratura fu incoraggiata dall'Fbi americano e dai poteri forti italiani.

L'obiettivo? Rovesciare un sistema politico logoro e dal loro punto di vista ormai inservibile. La prassi non è cambiata: «La polizia giudiziaria non risponde più ai propri superiori, per cui il magistrato chiama il funzionario di turno e gli dice: ‘Lei intercetti Tizio, se risulta qualcosa di utile per l'inchiesta, ho già lasciato uno spazio bianco negli atti; in caso contrario, metta da parte le cassette perché possono tornare utili...'».

In quelle intercettazioni si trova a volte anche la prova di collusioni col contropotere mafioso. Strano? Macché: «L'Italia - allarga le braccia Cossiga - è l'Italia: l'Italia della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta. E, purtroppo, sarà sempre così. Dobbiamo rassegnarci perché i poteri mafioso, camorrista e ‘ndranghetista non ci sono estranei: sono espressione del carattere della gente cui si rivolgono e corrispondono ad un sentimento radicato in alcuni popoli italiani. Per cui, ad esempio, anche chi non è camorrista in senso stretto ma aspira a governare la Campania sa benissimo che non deve rompere le palle alla camorra...».

Il che, concretamente, cosa significa? «Significa tante cose, la più banale è che se a una gara d'appalto partecipa una ditta in odore di camorra quella ditta verrà fatta vincere... Stesso discorso per la mafia. Per fare politica occorre avere rapporti con chi ha il potere, e in Sicilia, come sanno bene anche quei pochi ex diessini capaci di raccogliere qualche voto sull'isola, fare politica senza entrare in contatto con la mafia è impossibile. Salvo accettare di svolgere un ruolo residuale...». Il che, per la maggior parte dei politici (anche di quelli ‘onesti') sarebbe una scelta contronatura.

2 - A INVENTARE LA P2 FURONO GLI AMERICANI
Un capitolo tratto da "Fotti il Potere", manuale sul potere politico scritto da Andrea Cangini con Francesco Cossiga

Non c'è solo il denaro, naturalmente. Il regno oscuro del potere invisibile su cui spesso s'appoggia il potere politico si compone di voci diverse, e una parola che da sempre aleggia sulla politica italiana è la parola massoneria. Parola cara a Francesco Cossiga, che massone dice di non esserlo mai stato ma che tale viene comunque considerato da molti. Anche perché è lui stesso a lasciarlo intendere. Ci gioca. Ama ricordare il nonno «massone di rito scozzese e venerabile della Loggia di Sassari» e quando occorre difende l'istituzione da attacchi, critiche e luoghi comuni.

Presidente, la massoneria è in grado di influenzare la politica? 
«Le risponderò con un motto, poco noto, di Alcide De Gasperi: "Sapere che esiste, ma non parlarne mai e avere almeno due ministri massoni nei governi che si formano"».

Perché? 
«Perché la massoneria può sempre tornare utile. Naturalmente oggi non ha più la forza che aveva nell'Ottocento, quando era la religione civile del Risorgimento contro la Chiesa e accomunava monarchici e repubblicani. Allora, la massoneria coincideva con lo Stato e massoni erano i vertici delle forze armate e dei carabinieri. Oggi la massoneria è ancora influente, ma sicuramente meno d'un tempo».

Perché si diventa massoni? 
«Ah, be', occorre distinguere. Oggigiorno c'è anche chi, sulla scia delle suggestioni new age e magari della letteratura di Paulo Coelho, si fa massone spinto da un umano desiderio di trascendenza e di spiritualità fuori dalla religione tradizionale. Per altri è una forma di distinzione sociale: in loggia si ritrovano con persone più altolocate di loro e ritengono di poterne trarre qualche vantaggio».

Conta più l'ideale o l'interesse? 
«Domanda difficile, credo che per molti l'interesse sia una spinta più che sufficiente...»

Può dunque capitare che uomini politici avversari in parlamento alla sera si ritrovino nella medesima loggia: questo ha un qualche effetto sulle cose della politica? 
«Può averlo, certo. In loggia si stringono legami personali, nascono rapporti, si concepiscono affari... Ma a far la differenza tra una condotta lineare e una condotta diciamo così equivoca sono, al solito, la tempra morale e il senso dello Stato di ciascuno».

Dalla massoneria alla P2, in passo è breve... 
«La gente non sa che la P2 è stata inventata dagli Stati Uniti, Paese in cui l'influenza degli "illuminati" è rappresentata dalla simbologia massonica emblematicamente riprodotta sulle banconote da un dollaro e nel quale dei quarantaquattro presidenti che si sono succeduti alla Casa Bianca fino a oggi solo tre non erano massoni: due di loro (McKinley e Kennedy) furono ammazzati, mentre il terzo (Nixon) fu costretto alle dimissioni. Quanto a Obama, non saprei dire.

Ma se finirà ammazzato anche lui potrebbe significare che non era massone... La P2, comunque, esiste da quando Roma è diventata Capitale d'Italia ed era la loggia a cui si iscrivevano i massoni che ricoprivano alte cariche dello Stato. E questo spiega perché non ci fosse l'obbligo di frequentare il Tempio il sabato sera e perché ci si potesse iscrivere anche all'orecchio del "Grande Fratello".

Il primo statista della P2 fu Giuseppe Zanardelli, più volte ministro e nel 1901 capo del governo. In tempi più recenti, quando gli americani videro che i comunisti si stavano avvicinando troppo all'area del potere fecero della P2 un'associazione iperatlantista. Diciamo la verità, si immagini cosa poteva fregargliene a certi banchieri o a certi capi di Stato maggiore di forza armata di Licio Gelli... Aderire alla P2 per molti è stato solo un modo per avere buoni rapporti con gli Stati Uniti, i quali incaricarono appunto Gelli, che io conosco bene, di organizzare la cosa».

Con quale fine? 
«Col fine di essere sempre informati su quel che accadeva in Italia, di ritardare il più possibile l'andata al potere dei comunisti e di avere a disposizione un ultimo baluardo di democrazia qualora la situazione fosse effettivamente precipitata».

Nel frattempo, i piduisti facevano affari... 
«Sì, certo, come avviene in tutte le associazioni. Ma la gente non sa, o non ricorda, che dopo tutto il can can che è stato fatto la Cassazione ha sentenziato che l'appartenenza alla P2 non costituisce reato. Essere iscritti alla P2 o a una bocciofila era, insomma, la stessa cosa!»

Per il trentennale del sequestro Moro si è tornati a parlare della P2, cui, tra gli altri, erano iscritti tutti, ma proprio tutti, i capi dei servizi segreti di allora, nonché il capo della squadra mobile responsabile dei posti di blocco a Roma e il comandante dei nucleo investigativo dei carabinieri. C'è chi crede che questo sia più che sufficiente a spiegare la mancata liberazione dell'ostaggio. 
«Favole. E poi, guardi, per prassi i direttori dei servizi segreti sono stati tutti nominati con l'accordo del Partito comunista, e s'immagini se il servizio di vigilanza del Pci non sapeva che erano pidduisti...»

Il servizio di vigilanza del Pci? 
«Sì, era uno dei servizi di informazione più capillare dentro l'amministrazione dello Stato: bravissimi e cioè in-for-ma-tis-si-mi! Pensi che scoprii solo diversi anni dopo essere stato ministro dell'Interno che avevano contatti costanti col servizio segreto militare e con quello civile. E senza che il ministro ne sapesse nulla! Le racconto questo per dire che il Pci della P2 e di chi fossero i suoi affiliati sapeva tutto, ma non ha mai ritenuto che ciò rappresentasse una vera e propria minaccia».

La P2 si è affettivamente sciolta? 
«Sì, fu effettivamente sciolta e Giovanni Spadolini, che di questo fece un suo cavallo di battaglia, attraverso il gran maestro Armandino Corona epurò i piduisti dalla massoneria con scrupolo certosino. Uno zelo che lo mise in contrasto con la Gran Loggia di Londra, dal momento che un massone non può, o meglio non potrebbe, denunciare e far giudicare dalla Giustizia profana un fratello massone».

Modesta annotazione a margine, ricavata da una pagina ingiallita del notes di un vecchio cronista. È il resoconto dell'arrivo a Roma del neoambasciatore statunitense Graham Martin, uomo legato alla Cia. Siamo alla fine degli anni Sessanta, è una mattinata tiepida e ai piedi della scaletta dell'aereo appena atterrato da Washington sostano due macchine.

La prima, più vicina, è quella dei funzionari dell'ambasciata giunti ad accogliere il nuovo capo. Della seconda, ferma qualche metro più in là, non si sa nulla. Solo quel che si vede: è una mercedes scura. Martin sbarca dall'aereo, saluta frettolosamente gli uomini dell'ambasciata e si dirige verso la mercedes. Ne scende un uomo di bassa statura che l'ambasciatore abbraccia fraternamente e col quale si accomoda sul sedile posteriore. La mercedes fila via, quell'uomo era Licio Gelli.

da:

http://sottoosservazione.wordpress.com/2010/05/27/il-testamento-del-gattosardo-vecchio-e-malato-questo-libro-e-l%E2%80%99ultima-parola/

 

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  Commenti (1)
1. Una Storia italiana
Scritto da Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo website, il 11-08-2010 15:36
L'obiettivo principale fino alla caduta del Muro era di prevenire che il Comunismo si impadronisse del bel Paese. 
Erano i tempi della Guerra Fredda, se ciò non avvenne dobbiamo ringraziare anche o forse proprio Francesco Cossiga. 
 
Ora il muro non c'è se non nella mente di qualche nostaligico, e la Guerra Fredda è finita, nel bel Paese non rimane altro che l'eco sinistro del comunismo, tanti fantasmi del passato e una Società disiunita e quasi allo sbando. 
Un Italia che ora non sa, non riesca, o non possa voltare pagina in modo pacifico, diventerà come un vecchio ritornello che nessuno canta più. 
Spero che Francesco Cossiga resti ancora con noi, ma se questa volta deve andare veramenet allora questo vorra dire che il suo lavoro in Italia è terminato e spriamo possa ancora dare i suoi Frutti. 
Ciao.

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