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J Attali euro ed effetto mongolfiera PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
lunedì 02 dicembre 2013

vignetta dal blog gavavenezia.blogspot




da  huffingtonpost.it – L’euro e l’effetto Mongolfiera
Attualmente, il destino dell'Europa è strettamente legato alla questione solo apparentemente tecnica del valore eccessivo dell'euro rispetto a tutte le altre valute principali. Questa situazione riflette a pieno l'infelice vuoto strategico dell'eurozona, l'unica zona monetaria abbastanza suicida da accettare di accollarsi il peso di tutte le svalutazioni delle altre.

 

Nonostante la recente decisione della BCE di abbassare il suo tasso ufficiale di riferimento dal precedente 0,5% a un nuovo minimo storico dello 0,25% abbia portato a un modesto calo nel tasso di cambio tra l'euro e il dollaro (1,33 dollari per euro), il tasso di cambio resta troppo elevato: per la creazione della valuta singola, aveva un valore di soli 1,13 dollari, per calare poi improvvisamente a meno di un dollaro per euro e risalire successivamente a 1,38 dollari, mentre la sterlina inglese e lo yen giapponese hanno subito una svalutazione del 25% grazie all'efficace intesa politica tra la banca centrale e i governi di questi due stati.

Il tasso di cambio dell'euro troppo elevato è disastroso a tutti i livelli: perché è in grado di distruggere in pochi giorni tutti i risultati in materia di competitività costati anni di sforzi; perché costringe le aziende ad abbassare i prezzi e licenziare gli impiegati, per preservare la loro competitività interna ed esterna. Diminuendo i costi delle importazioni, riduce l'inflazione a un livello troppo basso e porta a un eccessivo consumo energetico. Si tratta di un circolo vizioso in cui ogni tentativo di ridurre i deficit di governo tagliando le spese pubbliche porta a un alto tasso di disoccupazione e alimenta la crisi economica. Inoltre, l'euro troppo forte mette i paesi più indebitati nella posizione di non essere più in grado di ripagare il loro debito pubblico senza dissanguare i risparmiatori: Cipro ne è un esempio.

Infine, a livello politico, un elevato tasso di cambio rende l'euro impopolare e permette ai suoi detrattori di avere voce in capitolo; in realtà, il suo tallone d'Achille è proprio la sua non-esistenza politica.

Infatti, l'euro non scomparirà se troppo debole, ma diventerà politicamente insostenibile se eccessivamente forte, per esplodere come una mongolfiera salita troppo in alto.

Al contrario, una drastica riduzione del valore dell'euro permetterebbe di aumentare le esportazioni, diminuire le importazioni all'esterno dell'eurozona, creare posti di lavoro, porre fine alla deflazione e ridurre il peso del debito pubblico, rafforzando il supporto della valuta singola e giovando alla credibilità politica dell'eurozona.

Per raggiungere questo obiettivo, la Francia deve convincersi dei punti sopraelencati per guidare l'attivo coinvolgimento della Germania e della BCE in questa impresa.

La Germania è ancora ostile all'idea perché diffidente nei confronti di tutto ciò che possa dare l'impressione di una valuta debole e di un ritorno dell'inflazione. Questo non per salvaguardare la democrazia (Hitler, contrariamente a quanto si crede, non salì al potere per domare l'inflazione, ma dopo che questa era già stata domata), ma per i suoi timori in materia demografica: il paese ha bisogno di surplus commerciali e stabilità dei prezzi in modo che il surplus continui a crescere per pagare le pensioni degli attuali lavoratori, considerando che le generazioni future non saranno in grado di finanziarle.

Una volta convinti i responsabili delle decisioni, i ministri delle finanze dovranno solamente ribadire all'unanimità, durante ogni riunione del gruppo dell'euro, che il tasso di cambio dell'euro è troppo forte; a quel punto, la BCE non dovrà fare altro che dichiararsi a favore di un calo del valore dell'euro. Inoltre, se necessario, la BCE potrebbe ulteriormente diminuire il suo tasso ufficiale di riferimento, che è persino più alto di quello della Fed, la banca centrale degli Stati Uniti (0,25 contro lo 0,08%).

Ovviamente, gli Stati Uniti si dichiareranno ostili a tale decisione, argomentando che la bilancia dei pagamenti della zona euro ha dichiarato un surplus persino con un euro forte, mentre la loro è negativa. Sosterranno che con un euro debole il surplus della Germania (attualmente già levato, addirittura maggiore di quello della Cina) aumenterà ulteriormente. È probabile. Ma perchè l'eurozona dovrebbe essere l'unica a non servirsi delle stesse armi sfruttate da altri? E gli americani, che hanno fallito nell'opporsi alla caduta dello yen e della sterlina inglese, non riusciranno a fare nulla contro un euro più debole, se la decisione sarà portata avanti in maniera risoluta.

Un euro indebolito a un livello ragionevole (un euro per dollaro) rappresenta dunque la scelta migliore; deve diventare una priorità e mettere in gioco tutte le sue forze. La Francia deve rivendicare tutto ciò, insieme a tutti gli altri sforzi per ripristinare la competitività tramite l'innovazione. Più l'euro sarà debole, più la posizione dell'Europa nel mondo sarà forte. E viceversa.

 

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