vignetta dal blog gavavenezia.blogspot
da huffingtonpost.it – L’euro e l’effetto Mongolfiera
Attualmente, il destino dell'Europa è strettamente legato alla
questione solo apparentemente tecnica del valore eccessivo dell'euro
rispetto a tutte le altre valute principali. Questa situazione riflette a
pieno l'infelice vuoto strategico dell'eurozona, l'unica zona monetaria
abbastanza suicida da accettare di accollarsi il peso di tutte le
svalutazioni delle altre.
Nonostante la recente decisione della BCE di abbassare il suo tasso
ufficiale di riferimento dal precedente 0,5% a un nuovo minimo storico
dello 0,25% abbia portato a un modesto calo nel tasso di cambio tra
l'euro e il dollaro (1,33 dollari per euro), il tasso di cambio resta
troppo elevato: per la creazione della valuta singola, aveva un valore
di soli 1,13 dollari, per calare poi improvvisamente a meno di un
dollaro per euro e risalire successivamente a 1,38 dollari, mentre la
sterlina inglese e lo yen giapponese hanno subito una svalutazione del
25% grazie all'efficace intesa politica tra la banca centrale e i
governi di questi due stati.
Il tasso di cambio dell'euro troppo elevato è disastroso a tutti i
livelli: perché è in grado di distruggere in pochi giorni tutti i
risultati in materia di competitività costati anni di sforzi; perché
costringe le aziende ad abbassare i prezzi e licenziare gli impiegati,
per preservare la loro competitività interna ed esterna. Diminuendo i
costi delle importazioni, riduce l'inflazione a un livello troppo basso e
porta a un eccessivo consumo energetico. Si tratta di un circolo
vizioso in cui ogni tentativo di ridurre i deficit di governo tagliando
le spese pubbliche porta a un alto tasso di disoccupazione e alimenta la
crisi economica. Inoltre, l'euro troppo forte mette i paesi più
indebitati nella posizione di non essere più in grado di ripagare il
loro debito pubblico senza dissanguare i risparmiatori: Cipro ne è un
esempio.
Infine, a livello politico, un elevato tasso di cambio rende l'euro
impopolare e permette ai suoi detrattori di avere voce in capitolo; in
realtà, il suo tallone d'Achille è proprio la sua non-esistenza
politica.
Infatti, l'euro non scomparirà se troppo debole, ma diventerà
politicamente insostenibile se eccessivamente forte, per esplodere come
una mongolfiera salita troppo in alto.
Al contrario, una drastica riduzione del valore dell'euro
permetterebbe di aumentare le esportazioni, diminuire le importazioni
all'esterno dell'eurozona, creare posti di lavoro, porre fine alla
deflazione e ridurre il peso del debito pubblico, rafforzando il
supporto della valuta singola e giovando alla credibilità politica
dell'eurozona.
Per raggiungere questo obiettivo, la Francia deve convincersi dei
punti sopraelencati per guidare l'attivo coinvolgimento della Germania e
della BCE in questa impresa.
La Germania è ancora ostile all'idea perché diffidente nei confronti
di tutto ciò che possa dare l'impressione di una valuta debole e di un
ritorno dell'inflazione. Questo non per salvaguardare la democrazia
(Hitler, contrariamente a quanto si crede, non salì al potere per domare
l'inflazione, ma dopo che questa era già stata domata), ma per i suoi
timori in materia demografica: il paese ha bisogno di surplus
commerciali e stabilità dei prezzi in modo che il surplus continui a
crescere per pagare le pensioni degli attuali lavoratori, considerando
che le generazioni future non saranno in grado di finanziarle.
Una volta convinti i responsabili delle decisioni, i ministri delle
finanze dovranno solamente ribadire all'unanimità, durante ogni riunione
del gruppo dell'euro, che il tasso di cambio dell'euro è troppo forte; a
quel punto, la BCE non dovrà fare altro che dichiararsi a favore di un
calo del valore dell'euro. Inoltre, se necessario, la BCE potrebbe
ulteriormente diminuire il suo tasso ufficiale di riferimento, che è
persino più alto di quello della Fed, la banca centrale degli Stati
Uniti (0,25 contro lo 0,08%).
Ovviamente, gli Stati Uniti si dichiareranno ostili a tale decisione,
argomentando che la bilancia dei pagamenti della zona euro ha
dichiarato un surplus persino con un euro forte, mentre la loro è
negativa. Sosterranno che con un euro debole il surplus della Germania
(attualmente già levato, addirittura maggiore di quello della Cina)
aumenterà ulteriormente. È probabile. Ma perchè l'eurozona dovrebbe
essere l'unica a non servirsi delle stesse armi sfruttate da altri? E
gli americani, che hanno fallito nell'opporsi alla caduta dello yen e
della sterlina inglese, non riusciranno a fare nulla contro un euro più
debole, se la decisione sarà portata avanti in maniera risoluta.
Un euro indebolito a un livello ragionevole (un euro per dollaro)
rappresenta dunque la scelta migliore; deve diventare una priorità e
mettere in gioco tutte le sue forze. La Francia deve rivendicare tutto
ciò, insieme a tutti gli altri sforzi per ripristinare la competitività
tramite l'innovazione. Più l'euro sarà debole, più la posizione
dell'Europa nel mondo sarà forte. E viceversa.
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