Il 27 gennaio del 1945 il campo di Auschwitz fu liberato, questa la
data scelta come Giorno della Memoria , ricordiamo la Shoah ebraica,
ma anche quella dei Rom e degli omosessuali.
Ero bambina a Roma, da quel 1945 erano passati pochi anni ed anche noi
bambini ci raccontavamo quel poco che avevamo capito di accadimenti
enormi e folli che mettevano i brividi, una vertigine, un rifiuto a
sapere per molti. Presto venne la consapevolezza, grazie alle pazienti
spiegazioni degli adulti e delle insegnanti, che era bene invece
mantenere il ricordo, perchè non accadesse più.
Scrive oggi ELENA LOEWENTHAL sulla Stampa:
“Il giorno della memoria cade in un anniversario tanto feroce quanto ambiguo: il 27 gennaio, infatti, Auschwitz fu liberata. Quelle porte si aprirono. Sarebbe, teoricamente, un momento festoso: la fine di un incubo, di un inferno bruciato per anni dentro l’Europa. In realtà, è un giorno di sgomento, di occhi sbarrati di fronte a quell’assurdità: come è potuto succedere? Le porte aperte di Auschwitz furono sì, liberazione. Ma furono anche e soprattutto svelamento di una ferocia quale non s’era mai vista. “
Io, dopo una infinità di racconti, letture, ancora mi chiedo dopo tanti anni: potremo mai capire? La risposta oggi purtroppo posso darmela : no. Non possiamo capire né l'abisso di follia che animò i carnefici né perché questo popolo ancora oggi credo, soffra di un senso di estraniazione dal resto del mondo. Forse hanno ragione quelli che invocano l'oblio? Chi sa cosa è giusto e cosa no, che ne possiamo sapere, noi che non abbiamo esperienza dell'esser ebrei, noi che l'orrore non lo abbiamo vissuto, ma solo , anno dopo anno, abbiamo ricordato tramite letture, testimonianze , ed a volte tutto questo vissuto di dolore lo abbiamo addirittura usato per fare politica ?
E. Loewenthal fa questa riflessione :. “I simboli si sono svuotati, il ricordo è diventato cerimonia, la parola non può mancare e così, ogni anno, gli editori si sentono irresponsabili se non pescano l’ultimo sopravvissuto, le lettere rimaste nel cassetto, la storia ancora da raccontare. Un po’ come le strenne per Natale. Il cinema, idem. Scuole ed enti pubblici s’ingegnano per non ripetersi con i loro «eventi». “...”Come tremendo dev’essere, per chi è stato laggiù ed è ancora su questa terra, ritrovare i segni di quei ricordi e l’abuso che a volte se ne fa. Ma ancora una volta, come facciamo noi a immaginare cosa prova qualcuno che l’ha portata davvero, la stella gialla sul petto, vedendola brandire così? Dev’essere tremendamente doloroso, e anche tanto frustrante. La memoria, e quella che si celebra oggi più di ogni altra, non è mai innocua.”
Esatto: la memoria non è mai innocua. Ed ora ci si rende conto che una memoria ripetuta, recitata ridotta a rito, ha svuotato l'Olocausto . Scrive Alvin Rosenfeld autore del libro The end of the Holocaust : “La memoria dell’Olocausto, lungi dall’essere una profilassi, è stata capace di provocare nuove forme di ostilità antiebraica. In pochi presero Hitler sul serio. Il risultato fu Auschwitz, un avvertimento per il passato, il presente e il futuro”...”
“Nuove forme di ostilità ebraica”, non sembrava possibile, non doveva essere possibile, ed invece serpeggiano, i giovani italiani quasi sempre non sembrano rendersi conto di quello che è stato, e come potrebbero se persino noi nati nell'immediato dopoguerra ancora non sappiamo capire come possa essere accaduto? Restano i racconti, eppure a volte mi sembra che in queste celebrazioni manchi l'amore. Amore, empatia, comprensione, sfumano nel rito vuoto , resta la domanda di sempre: perchè?
Il rastrellamento degli ebrei romani al Portico di Ottavia.
Fu terribile, mio padre lavorava in centro,corse verso l'isola tiberina, e non fu il solo romano , cercarono di salvare dei fuggitivi, e ci riuscirono, come e quanti, non me lo hanno detto, furono sempre assai riservati su questo punto .
Questo rastrellamento crudele era inaspettato, impensabile, Roma era stata dichiarata “città aperta “ e Il 28 settembre gli ebrei romani avevano versato cinquanta chili d'oro ai tedeschi . Il comandante Herbert Kappler li aveva richiesti e li aveva avuti, pensavano di aver pagato per esser lasciati in pace.
Giacomo Debenedetti, letterato di origine ebraica e anche lui perseguitato, scrisse sul rastrellamento al ghetto un piccolo libro, che evidentemente ho perso: 16 ottobre 1943, che vale la pena di leggere, un racconto vivo di piccoli gesti, attimi. Dovrebbero farlo leggere ai giovani, che capiscano che vuol dire essere inermi ed innocenti di fronte alla forza bruta che si accanisce senza un perchè, cattiva, distruttiva, sulla tua famiglia , i tuoi figli, i tuoi cari. Quella notte presero e deportarono 1022 persone, intere famiglie che apparivano assurdamente rassegnate, inermi, sotto il tiro delle armi, inebetite dai comandi urlati delle ss, dagli spintoni, e forse dalla enorme assurdità di quello che stava succedendo.
La notte prima, il 15 ottobre i tedeschi entrano nel ghetto e sparano all'impazzata, lanciano bombe a mano verso i marciapiedi, probabilmente per impedire che chiunque possa avvertire gli ebrei di modo che poi al mattino, cessati gli spari, stanchi di una notte insonne, gli ebrei si sentissero sicuri di esser solo stati oggetto di una bravata, abbassando ogni allarme.
“..loro soli ( i tedeschi ndr ) sapevano la ragione di quell'inferno. E forse la vera ragione era proprio che non ce ne fosse nessuna: l'inferno gratuito, perchè riuscisse più misterioso, e perciò più intimidatorio...”
Li portano via al mattino presto e... “Nel mezzo della via passano, in fila indiana un po' sconnessa, le famiglie rastrellate: una SS in testa e una in coda sorvegliano i piccoli manipoli, li tengono su per giù incolonnati, li spingono con i calci dei mitragliatori, quantunque nessuno opponga altra resistenza che il pianto, i gemiti, le richieste di pietà, le smarrite interrogazioni...” “Taluno bacia le proprie creature: un bacio che cerca di nascondersi ai tedeschi, un ultimo bacio tra quelle vie, quelle case, quei luoghi che li hanno veduti nascere, sorridere per la prima volta alla vita. E certi padri tengono la mano sul capo dei figlioli, col medesimo gesto con cui nei giorni solenni hanno impartito la Birchàd Choanìm – Ti benedica il Signore e ti protegga..- quella che invoca, per i figli di Israele, e promette la pace.”
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1. Non succederà mai più. Scritto da Franco Parpaiola , il 30-01-2012 13:21 Salve Marista. Marcel Reich-Ranicki nel suo discorso del 27 Gennaio di quest’anno durante la commemorazione della liberazione di Ausschwitz, ricordando anche la distruzione del Ghetto d Varsavia, di cui né è uno dei pochi sopravvissuti pronunciò l’ultima sentenza con queste testuali parole: La distruzione de Ghetto di Varsavia aveva un solo scopo, un unico fine, la Morte. Il 20 Gennaio di quest’anno cadeva anche il 67. della nefasta Conferenza di Wannsee “ Wannsee-Konferenz” alla quale presero parte oltre a Eichmann anche membri della Wehrmacht e funzionari civili del terzo Reich. Quel giorno la gerarchia nazista capitanata dal Generale di Polizia, Reinhard Heydrich, incaricato personalmente da Göring di organizzare la distruzione di tutti gli ebrei organizzò su base industriale la sistematica distruzione di cittadini tedeschi e di altri Stai europei, assieme a comunisti, omosessuali e gitani. Heyndrich fu ferito mortalmente poi a Praga da agenti polacchi della SAS inglese il 4 di Giugno 1942. Dai protocolli e reperti salvati da quella conferenza, già da diversi anni, ne fu fatto un filmato televisivo ritrasmesso alla tv pochi giorni fa dove gli attori pronunciavano le frasi così come, protocollate allora. Agghiacciante. È la macchina per l’eliminazione industriale metodicamente studiata e programmata nei suoi più mini particolari a tavolino, che ingrandisce a dismisura e in modo esponenziale, che fa ribrezzo. È la distruzione pianificata e organizzata di essere umani, nativa da discorsi di supremazia e ideologie di superiorità raziale che la distingue dalle altre mostruosità perpetrate dall’homo sapiens, per incredibili esaltazioni raziali di una Banda di mentecatti pieni zeppi di complessi d’inferiorità. L’odio politico è un'altra cosa, quello ci porta ai Gulag russi, alle fosse ardeatine, alle foibe e al genocidio della Cambodia, e perché no, anche al genocidio slavo, senz’altro alle porcate italiane fatte dagli eroi partigiani vincitori della Seconda Guerra Mondiale nell’italico dopoguerra, tutto questo era dettato da odio e dall’interesse politico e sociale, specialmente in Italia La Shoah invece era dettata da convinzioni di superiorità razziale realizzata da una banda di esaltati criminali che si credevano superiori ad altri esseri umani. La Storia ci insegna che e d’uopo non abbassare il livello di guardia, e questo vale anche per il Bengodi. Il giorno della commemorazione serve soprattutto a ricordare di tenere gli occhi e le orecchie ben aperti affinché ciò non avvenga mai più, non ha commiserare parzialmente. La Löwentall e Rosenfeld sbagliano, e sbagliano pure di grosso. Ciao.
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2. Un'altra giornata. Scritto da Alvaro
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' target='_blank'>, il 29-01-2012 05:10 Il 27 Gennaio, una giornata triste, triste e gioiosa, e' finito un incubo, rinasce la speranza per un mondo migliore. Giusto, giustissimo, ricordare per non dimenticare, per non commettere ancora gli stessi errori nati da una "ideologia" perversa e maledetta. Ma c'e' anche un'altra "ideologia" che ha causato morti,e anche piu'del nazismo, pero' questi morti aspettano ancora una giornata della "memoria", perche'? Forse i morti a causa del "comunismo" sono morti di serie B? Non credo proprio, ogni morto e' uguale all'altro a prescindere, ogni essere umano cui viene tolta la vita con violenza merita rispetto e compassione, ognuno di noi ha diritto di vivere nella piu' assoluta liberta', eticamente corretta sia chiaro, nella verita' e fino a che Dio vuole, non l'uomo e le sue deliranti ideologie. Forse i morti russi e di praticamente tutta l'Europa dell'Est, stiamo parlando di milioni di persone, non meritano una giornata della "memoria" perche' meno ricchi? Perche' meno conosciuti? Perche' meno rappresentati nei grandi centri del potere mondiale? Io non lo so ma, da oggi in poi, tutte le volte che si parlera' di giornate della "memoria" portero' avanti questa idea, chiedero' i motivi di questa mancanza, non e' giusto. Se, per motivi che non conosco e non mi interessa conoscere, non si potesse trovare un giorno particolare per ricordare, si unisca il ricordo dei morti sotto il comunismo con quelli morti sotto per il nazismo, sempre morti sono. Alvaro.
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