Disprezzata dagl'intellettuali, detestata dai marxisti, la classe
media sta sprofondando nella palude sociale, fino alle soglie
dell'esclusione. Però in questa decadenza dei "poveri penultimi" cade
il sogno della mobilità sociale
di Francesca Lippi
da il Domenicale del 13 giugno 2009
«Distratta, indolente, prudente, la nostra borghesia ama i suoi
figli viziati e ribelli». Con queste caustiche parole Leo Longanesi
tratteggiava la sua concezione della categoria sociale simbolo della
società capitalistica. Del resto la classe media sembra aver sempre
avuto una connotazione negativa: piccina, mediocre e perbenista,
risultava pessima sia che la si osservasse con sdegno dall'alto, sia
che la si guardasse con invidia dal basso. Nell'orizzonte della lotta
di classe, poi, è stata vista come piena di colpe e continuamente
additata come priva di morale e portatrice di disvalori o, peggio, di
quei falsi valori che provocavano «rabbia, pena, schifo o malinconia»
in cantautori come Claudio Lolli, speranzoso che il vento un giorno la
spazzasse via.
Qual è il significato della critica tout court al "fu ceto medio"? E
soprattutto, dove l'ha portato una sfilza di accuse e insulti che non
s'è interrotta fino a oggi? L'incriminata "bestia in giacca e cravatta"
di fatto ha proseguito a generare scandalo e disprezzo soprattutto nel
comune sentire traghettato da quella cultura chic che ha visto nella
piccola borghesia niente altro che una massa informe di "ipocriti
professionisti". Ebbene, proprio adesso c'è chi nota la nascita di
un'ampia fascia di "nuovi poveri" fra gli ex residenti proprio
nell'odiata categoria medio e piccoloborghese, che si dirige con passo
svelto verso l'indigenza.
In realtà il fenomeno emerge da qualche anno. I sintomi vengono
citati nelle tavole rotonde televisive al grido di «allarme gli
italiani non arrivano a fine mese». Ciò nonostante, in quei contesti
non si perviene all'indicazione di quale sia la causa del misterioso
impedimento, essendo peraltro l'"ammalato" un soggetto dotato di
regolare stipendio e magari anche professionista. Da anni, nell'ambito
del cosiddetto "terzo settore", statistiche Istat riguardano questa
particolare classe sociale che si è beccata il più alto numero di
soprannomi: nuovi poveri, poveri grigi, poveri in giacca e cravatta,
penultimi, poveri oscillanti e poveri relativi. Tutti epiteti che
servono a scostare larghe fasce di persone da una vita dignitosa e
vorrebbero negare al contempo qualsiasi tipo di diritto e di aiuto da
parte istituzionale.
Nel Belpaese attualmente sono presenti circa 11 milioni di persone
definibili "povere", di cui 7 milioni e ottocentomila sono "grigi"
costretti a vivere con 800 euro al mese: ciò li taglia fuori dal
diritto di tutela all'interno di regole burocratiche che stabiliscono
chi sta dentro e chi fuori da esenzioni e sgravi. Da tempo, infatti, in
un contesto di crescente inflazione con l'aumento dei prezzi
contrapposto a una stagnazione dei redditi, è facile riscontrare,
contemporaneamente, un'amplificazione di tasse e gabelle che sembra non
solo scissa dal reale potere di acquisto dei redditi familiari, ma -
quali che siano stati in questi anni i governi in carica e le loro
politiche a breve periodo - non tiene neppure conto della continua
erosione dello stato sociale che vede la riduzione di servizi pubblici
per la salute, l'abitazione, l'assistenza, l'infanzia e la vecchiaia a
fronte di un incremento dell'integrazione privata. Ciò si ripercuote su
quella che una volta era la "classe media".
Fino a pochi anni fa questo fatto veniva descritto come circoscritto
ai lavoratori dipendenti, forse al fine di ottenere consensi da questi.
Man mano, però, e repentinamente, è risultato evidente che il nuovo
"gruppo sociale" era eterogeneo, annoverando al suo interno giovani,
genitori, donne sposate e non, divorziati, vedovi, pensionati, precari,
docenti nonché i tanto odiati "professionisti". Ogni anno ben 40mila
piccole imprese e attività artigianali, e oltre 150mila commercianti,
falliscono a causa dell'usura a cui sono costretti a ricorrere per
fronteggiare spese insostenibili dopo che il credito bancario è loro
negato per mancanza di garanzie. Secondo dati Eurispes il 44, 2% della
popolazione che è costretta a indebitarsi lo fa per mancanza di
liquidità, mentre per il 19, 7% la motivazione principe pare la
necessità di denaro e la mancanza di altre soluzioni possibili al fine
di acquistare ciò di cui si ha bisogno, dagli elettrodomestici fino
alle cure mediche e ai libri scolastici. Il primo risultato è la
perdita dell'abitazione: sono in aumento gli sfratti nelle grandi
città, con un incremento del 150%, e le richieste di sfratto sono
salite del 220%.
A detta della Caritas, la quale si vede aumentare le richieste di
aiuto ogni anno del 40%, il problema scaturisce anche dal fatto che i
poveri detti "relativi" hanno necessità differenti rispetto a quelli
"assoluti": un impiegato con famiglia, con stipendio di mille euro
mensili che se ne vanno in fumo con le bollette, non può essere
considerato povero anche se avesse figli a carico, che diventano così
un effettivo peso economico. Il cittadino in questione si troverà
emarginato dalla società e costretto a far fronte senza alcun tipo di
appoggio o garanzia alle spese della sanità, dell'istruzione e
dell'alimentazione.
Nel convegno promosso a febbraio dall'associazione "G. Dossetti: i
Valori" col titolo "Alimentazione e recessione", il segretario generale
Claudio Giustozzi spiegava come le vittime di questa situazione siano
proprio quei ceti medi che, comprendendo oltre 4. 700mila famiglie
italiane, non riescono più a far quadrare i conti delle bollette, delle
rette scolastiche e della spesa al supermercato.
Nell'odierna "società dei tre terzi", il 29, 9% degli italiani
risulta garantito da un reddito superiore ai 35mila euro annui, il 32,
1% vive con meno di 17. 500, mentre ben il 38% è rappresentato proprio
dal ceto medio che vive di precarietà e rischia continuamente di
scivolare nel gradino più basso, sui confini dell'area di
inclusione-esclusione. L'immagine che viene rimandata è quella di
un'Italia molto simile al Sud America, caratterizzata da forti
squilibri sociali, e con una soglia di povertà già a 1850 euro mensili:
incapace non solo di sostenere spese impreviste, ma anche di riscaldare
la casa, sostenere spese mediche e di prima necessità.
La lotta di classe sembra essere andata, quindi, ottimamente in
porto. La vetusta e anacronistica battaglia è vinta: il borghese col
suo mediocre pensiero di tranquillità è stato abbattuto. Poco importa
se il risultato è stato antidemocratico: lo stillicidio verso il basso
di un ceto "di mezzo" non significa solo aumentare il divario fra
"ricchi" e "poveri", ma ostacola quella che è stata definita "mobilità
sociale" e che è il simbolo dell'evoluzione della collettività,
impedendo il diritto a chi è negli strati inferiori di poter accedere a
livelli superiori. I quali, per contro, si ergono su piani così elevati
che risultano impossibili da raggiungere
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