Sul fronte immigrati sembra scoppiata la pace tra Italia e Francia,
meglio così anche se bisognerà verificarne l’attuazione. In questi
giorni di accese polemiche mi hanno colpito due aspetti.
Da un lato l’ipocrisia di Sarkozy, che lancia una
guerra in Libia per difendere i diritti umani e in nome della
solidarietà tra i popoli, ma al contempo fa di tutto per respingere alle
frontiere decine di migliaia di immigrati che, invece, in nome dei
diritti umani e della solidarietà tra i popoli dovrebbe accogliere.
L’ipocrisia è doppia.
I tunisini sono di cultura francofona e infatti parlano benissimo
francese; è inevitabile che vedano nella Francia un approdo naturale; e
invece…
Sul fronte immigrati sembra scoppiata la pace tra Italia e Francia,
meglio così anche se bisognerà verificarne l’attuazione. In questi
giorni di accese polemiche mi hanno colpito due aspetti.
Da un lato l’ipocrisia di Sarkozy, che lancia una
guerra in Libia per difendere i diritti umani e in nome della
solidarietà tra i popoli, ma al contempo fa di tutto per respingere alle
frontiere decine di migliaia di immigrati che, invece, in nome dei
diritti umani e della solidarietà tra i popoli dovrebbe accogliere. L’ipocrisia è doppia.
I tunisini sono di cultura francofona e infatti parlano benissimo
francese; è inevitabile che vedano nella Francia un approdo naturale; e
invece…
Non mi stupisco del comportamento di Sarkozy, però conferma
che la guerra in Libia è dettata essenzialmente da interessi economici e
geostrategici e che i diritti umani rappresentano una spiegazione di
facciata; d’altro canto che Sarkozy non può ignorare gli umori
dei suoi elettori che, come accade in altre parti d’Europa, vogliono
meno immigrati in casa, non più. La differenza è che i grandi statisti
riescono a mascherare meglio le loro ipocrisie, mentre Sarkozy che è
impulsivo, irascibile e meno preparato dei suoi predecessori non riesce
ad essere sottile, raffinato. E le sue incoerenze emergono
prepotentemente.
D’altro canto è incredibile il comportamento della stampa
francese. Negli ultimi dieci giorni ha ignorato del tutto la situazione a
Ventimiglia. Non una riga, non un servizio televisivo, nè
radiofonico. Tutti zitti e allineati. E non è che non sapessero:
giornali e televisioni hanno corrispondenti a Roma. E quando le grandi
testate italiane strillano in prima pagina la crisi tra Roma e Parigi è
normale che anche i giornali francesi ne diano conto. Invece il potere
di condizionamento dell’Eliseo (e la paura delle ritorsioni di Sarkozy) è
tale, che tutte le testate hanno obbedito. E i francesi sono rimasti
all’oscuro, fino a poche ore fa (solo dopo la conferenza stampa
congiunta Maroni-Guéant, la notizia è apparsa sui siti, ma per dare
notizia dell’intesa non dei dissaporti). Un atteggiamento sconcertante
in una democrazia, eppure tutt’altro che insolito a Parigi, dove la
libertà di stampa anche in passato è risultata limitata per autocensura
dei grandi media.
Non è un caso che nelle classifiche sulla libertà di stampa, la
Francia scivoli indietro e raggiunga… la criticatissima Italia. E
allora, magari, la prossima volta, certi colleghi transalpini evitino di darci lezioni. Da noi l’ (auto) censura totale non esiste, per fortuna.
O sbaglio? Continua
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