di Camillo Scoyni su FuturoLibero
C’è una leggenda metropolitana che gira in Italia
sugli infermieri. E’ un mestiere “sporco” che gli italiani non vogliono
fare più e così fino ad oggi abbiamo “importato” da paesi comunitari
come Bulgaria ed extracomunitari come il Congo quasi 20mila infermieri e
ne servono altri 40mila.
La barzelletta trova una eco nel dibattito che si è
aperto tra i ministri Tremonti e Maroni, il presidente del Censis De
Rita e il piddino Enrico Letta sulla qualità del lavoro italiano e sulle
esigenze del mondo dell’occupazione. Per Tremonti siccome in Italia
lavorano quattro milioni di stranieri, anche sodo, non si può parlare di
disoccupazione, anzi, siamo alla piena occupazione. A casa restano i
figli degli italiani che non vogliono fare fatica, i famosi
“bamboccioni”. E De Rita – in un’intervista a Repubblica – afferma: "Basta con gli studi inutili, meglio
andare a imparare in fabbrica. Dal 1977 c'è stata
una divaricazione nel mercato del lavoro: da una parte i nostri giovani
hanno imboccato la strada della scolarizzazione progressiva; dall' altra
gli immigrati che hanno coperto i buchi lasciati liberi. I nostri
giovani sono stati colpiti dalla
maledizione/benedizione della scuola. Gli abbiamo
detto: investi in istruzione che il lavoro verra'. Abbiamo pompato
frequenze e titoli di studio". Dunque "se si studiano cose che non
servono" studiare può fare anche male. "Abbiamo sacrificato gli istituti
tecnici, quando l' Italia si e' costruita su di loro. Che ce ne
facciamo dei diplomi generici? E dei corsi di laurea che non hanno
alcuna ragione d' essere?" si chiede De Rita.
Le parole di De Rita sono affascinanti, ma sostanzialmente false.
Riprendiamo la leggenda degli infermieri. Non è
vero che mancano infermieri italiani, è vero che 17mila di loro sono
emigrati in Inghilterra e altri 5.000 lavorano in Nord Europa tra
Danimarca e Irlanda, un paio di migliaia se ne sono andati in Spagna,
altri addirittura in Australia. Dopo aver seguito corsi universitari che
ne hanno fatto delle “eccellenze” hanno la legittima aspirazione di
guadagnare. E in Inghilterra un infermiere specializzato guadagna 4.800 euro lordi di retribuzione mensili contro i nostri 1.100- 1.300
Il
problema è serio quanto semplice. Lo denuncia L’OMS, l’organizzazione
sanitaria mondiale. Nell’emigrazione-immigrazione per lavoro, nelle
nazioni che si impoveriscono si verifica la “fuga dei cervelli”, ma
dovremmo dire anche quella “delle manualità”, che vanno a lavorare in
posti dove vengono pagati meglio e vengono sostituiti da professionalità
di minore eccellenza che provengono da Paesi in via di sviluppo.
Insomma: un italiano vuole 5.000 euro di stipendio al mese e se le va a
prendere in Inghilterra, il bulgaro vede nei 1.300 euro italiano la
stessa crescita di potere d’acquisto e viene in Italia.
Questo
vale per tutte le professioni e i mestieri. Per questo gli operai
specializzati italiani lasciano il posto ai loro omologhi albanesi e
arabi, e spariscono mestieri storici come il fioraio, il panettiere,
finanche il pizzaiolo. Dal 1990 ad oggi – e sono 20 anni – le
retribuzioni in Italia sono rimaste sostanzialmente invariate (gli
stipendi con la lira sono stati dimezzati, 2milioni di lire sono
diventati 1.000 euro), mentre il costo dlela vita è aumentato di oltre
il 50%. L’infermiere non vuole evitare un lavoro sporco, vuole soltanto
che la sua prestazione sia retribuita per quello che vale. Sennò va via.
E lascia che gli italiani che non lo pagano siano presi in cura da
persone che neanche parlano bene la lingua e che – certamente –
diminuiscono il livello di efficienza delle strutture, delle aziende,
delle imprese e della vita quotidiana di tutti.