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Pragmatismo amorale di Marx e l'elogio del crimine
Scritto da Marista Urru
sabato 24 gennaio 2009
Marxelogio del crimine
Tratto da Il Capitale, volume IV
La concezione apologetica della produttività di tutte le occupazioni
Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un
professore manuali ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina da più
vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e
l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non
produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò anche il
professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’invitabile
manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto
“merce” sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza
nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio
competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al
suo stesso autore.
Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale,
gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti
branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale
del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi
bisogni e nuovi modi di soddisfarli. La sola tortura a dato occasione alle più
ingegnose invenzioni meccaniche e ha impiegato, nella produzione dei suoi
strumenti, una massa di onesti artefici. ( ndr: Ecco perchè amare la Cina e schifare il Tibet?)
Il delinquente produce un’impressione, sia morale, sia tragica, a seconda
dei casi, e rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali ed estetici
del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non
produce soltanto codici penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e
perfino tragedia, come dimostrano non solo La colpa del Müllner e I masnadieri
dello Schiller, ma anche l’Edipo [di Sofocle] e il Riccardo III [di
Shakespeare]. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della
vita borghese. Egli preserva cosi questa vita dalla stagnazione e suscita
quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo
della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre
il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del
lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo, in
una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del minimo
indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa
popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali “elementi di
compensazione” che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una
prospettiva di “utili” generi di occupazione.
Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza produttiva possono
essere indicate fino nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro
perfezione attuale se non vi fossero stati ladri? La fabbricazione delle
banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati
falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere
commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non
deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di
scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il
delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama
in vita sempre nuovi modi di difesa e così esercita un’influenza altrettanto
produttiva quanto quella degli scioperi (strikes) sull’invenzione delle
macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali
sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di
Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza?
Il Mandeville, nella sua Fable of the Bees (1705), aveva già mostrato la
produttività di tutte le possibili occupazioni ecc., e soprattutto la tendenza
di tutta questa argomentazione:
“Ciò che in questo mondo chiamiamo il male, tanto quello morale, quanto
quello naturale, è il grande principio che fa di noi degli esseri sociali, è la
solida base, la vita e il sostegno di tutti i mestieri e di tutte le
occupazioni senza eccezione […]; è in esso che dobbiamo cercare la vera origine
di tutte le arti e di tutte le scienze; e […] nel momento in cui il male
venisse a mancare, la società sarebbe necessariamente devastata se non
interamente dissolta”.¹
B. de Mandeville, The
Fable of the Bees, V ediz., London
1728, p.428.
Una gemma da leggere e ritenere a mente questo brano del Capitale ,fra le
tantepragmatiche idee del filosofo ( i
filosofi possono esserela rovina del
mondo, vanno letti capiti ed accantonati come ottimo esercizio mentale, credo) riporto sotto queste righe speciali.
“Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al
mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e
impedendo, in una certa misura, la diminuzione del salario al di sotto del
minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della
stessa popolazione.” Bello vero? Un guardie e ladri insieme uniti e
contrapposti in salsa rossa
Un capolavoro che è stato, chi sa , forse messo in pratica alacrementenel bel Paese nel passato ed ora:
pensateche bello, tutti i delinquenti
che importiamo che utilità, quanto lavoro danno a quelli che li voglion
redimere e che meravigliosa movimentazione di idee, buoni sentimenti, mafie e
camore a go go, uno splendore in cui pochi possono felicementearricchirsi mentre la plebe ha il suo bel da
fare a sopravvivere ed a contare le vittime.. e poi si parla male del comunismo
e derivati! Avevano capito tutto da tanto tempo...
Una chiarezza di intenti e di fini nella solita amoralità e povertà di
sentimenti e coscienza,questo
traspare
ad una persona comune non di intelligentia come io sono, dalle alte
parole del filosofo da cui molti epigoni si lasciano ispirare, senza
manco averlo letto.
E chi sa che tanto amore per i delinquenti di certa sinistra che amaCaino e trova normale sacrificare Abele a
questo nobile sentimento, non nasca dalle parole disincantate, pragmatiche ,
dell'indiscutibilmente grande filosofo sicuramente poco letto dai nostri eroi italiani, poco capito e stravolto assai per il proprio uso e consumo.
Si capisce allora perchè si arriva talvolta a decisioni aberranti a
pretese assurde ,si capisce che costoro , la crema dei migliori,
abbiano ad una certo punto sentito la mancanza di un bel po' di
delinquenti da strada, di quelli che ti ammazzano i
cittadini inermi che violentano stuprano, sgozzano, creano una bella
movimentazione di idee, spunti preziosi per bei film spazzatura,che partendo dall’alto della crema della
cultura vellichino il“basso”
impunemente
onde poter felici e ballanti girotondare e guadagnare da simili
movimento di "libere" idee, arti, poesie, film , pedofilie colte,
incestuosità, viaggi colti nei paradisi sessuali, coltissime
ammirazioni di bimbette nude e disponibili, lacrimosi compiacimenti di
ogni aberrazione, i ragazzi delle periferie degradate imbolsivano, si
imborghesizzavano ed allora vai con l'occasione delle immigrazioni, dai
accogliamo con gioia i brutti sporchi e cattivi che ci liberino dei
residuati dei benpensanti e che ci aiutino donandoci quella
"impressione, sia morale, sia tragica, a seconda
dei casi," che rende così un “servizio” al moto dei sentimenti morali
ed estetici
del pubblico"
Marx ci metteva faccia e nome senza paraventi e certe sue idee si è pensato forse di mascherarle, con i risultati grotteschi che ancora possiamo ammirare nelle pieghe della cultura e della società italiana.
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