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ROMA il Pincio salvo costa 5 milioni di euro contro i 29 del parcheggione piangono i PD
Scritto da Marista Urru
martedì 04 agosto 2009
La casina Valadier come era
Sono stati stanziati i 5 milioni di euro di risarcimento
alla impresa incaricata dei lavori per il megaparcheggio che il PD avrebbe
voluto nentepopodimeno che al Pincio, una delle tante barbarie consumate nella
capitale nell'infelice periodo Rutelli/ Veltroni. Ci vorrebbero volumi per raccontare le assurdità e gli scempi su Roma compiuti dalla coppia, ma almeno
questo ultimo sfregio del pargheggio al Pincio, è stato evitato.
Eppure, invece di tacere, di
cercare di fare dimenticare la vergogna, leggo che il capogruppo PD al
campidoglio Umberto Marroni, non resiste
al "cordoglio " per il parcheggione sfumato
. «Con la manovra di oggi nel
corso dell'assestamento di Bilancio, è finalmente venuto al pettine il nodo del
parcheggio del Pincio: in pratica si buttano i soldi( 5 milioni di euro con
risparmio di 24 milioni di euro ) senza costruire il parcheggio», insomma si evita di spendere , a fronte certo
di una salata compensazione, ben 24 milioni di euro e si risparmia una ennesima
ferita a Roma.
Ma che ne può capire il PD ?
Niente , fra gli scempi attuati senza "dolore de core" per esempio:
persino la Casina Valadier al Pincio, è stata vittima di un abuso: sono state
sopraelevate arbitrariamente le terrazze di copertura. Inoltre un ettaro della villa è stato privatizzato e
destinato all'uso esclusivo dei clienti della Casina, chi vi è stato di persona, mi dice che sono spariti dei giardini, non so se è vero, ma non mi meraviglierei. Per restare in zona , inaudito , ma vero, in
villa Borghese è stato addirittura costruito un teatro, con relativo
parcheggio: un'iniziativa degli eredi per onorare la memoria del probabilmente
benemerito costruttore Silvano Toti. Salta chi può e voi zitti, non immaginate di voler muovere un mattone in periferia, potreste rovinare le bellezze di certe periferie.
Sotto la casina restaurata e ridipinta in un bel rosa confetto, in un tono zuccheroso che piace tanto alle nostre architette delle Belle Arti, ormai in questo strano rosa porchetto dipingono anche i torrioni dei castelli del tempo che fu.. potenza della fantasia!
Ma come mai tanta "morbidezza" dei burokrati con
quanti hanno avuto la concessione della casina? Anzitutto diciamo
che anche se non ci piace il restauro, e
non piace a moltissimi, lorsignori pare
abbiano speso un botto di quattrini, e si sono uniti in tanti tantissimi per il
"grande affare" di " Alta Cucina". Dal sito della Casina
riporto:
"Il restauro è frutto della collaborazione tra l'amministrazione capitolina ed
una cordata di imprenditori riunitisi nella Grande Cucina S.p.A., la società
che ha vinto la gara per la concessione della Casina Valadier dal Comune di
Roma. IL Presidente del Consiglio di Amministrazione è l'Avvocato Vittorio Ripa
di Meana. Tra i soci figurano imprenditori e professionisti animati dal comune
desiderio di restituire ai romani il gioiello di Villa Borghese offrendo un
ambiente e una qualità di servizi all'altezza di una grande capitale europea. I
soci: Carlo Caracciolo, Mario Castelli, Matteo Cordero di Montezemolo, Carlo De
Benedetti, Alessandro Ferrone, Giampaolo Letta, Giovanni Malagò, Alfio
Marchini, Enrichetta Melzi Carignani, Mediocredito Centrale, Vincenzo Monaci,
Carlo Perrone, Vittorio Ripa di Meana, Cesare Romiti, Franco Sensi. La Casina è stata restaurata
secondo il progetto originario dell'architetto Valadier. Così la struttura,
recuperata sotto il profilo architettonico e artistico, pur riqualificandone lo
splendore neoclassico, è stata oggetto di un processo di ammodernamento che
l'ha dotata di una serie di servizi all'avanguardia di cui il pubblico potrà
fruire. A dirigere l'opera di restauro l'architetto Piercarlo Rampini e
l'ingegnere Marco Valerio Faggiani. Ad occuparsi dei giardini l'architetto
Giorgio Galletti. L'arredamento interno è stato curato dal Maestro Federico
Forquet. Hanno collaborato anche gli architetti Cesareni e Marsaglia.
Per quel che riguarda il su detto abuso riguardante la copertura delle terrazze, il discorso in realtà risulta più complesso , ed allora riporto un articolo del corriere della sera , una intervista a Giorgio Ciucci uno studioso e docente di Soria della Architettura
LO STUDIOSO , in merito alle coperture delle terrazze afferma : «Se proprio si devono fare almeno si facciano bene».
«Quando furono costruite la prima volta, all’inizio del Novecento,
c’era il problema di trasformare un delizioso villino storico in un
luogo di intrattenimento e ristoro. Quindi le verande furono erette per
motivi funzionali». Giorgio Ciucci ha insegnato
Storia dell’Architettura per 25 anni a Venezia, per una decina ad
Harvard e al Mit e da otto anni è docente all’università Roma Tre.
«Penso che quando si affronta un restauro globale di un edificio di
grande valore architettonico non ha senso difendere le sue funzioni.
Certo, se si decide che ci deve essere un ristorante capisco che ci si
ponga il problema di guadagnare spazio. Ma sicuramente nasce un
conflitto tra l’idea originaria dell’architetto e la finalità
dell’intervento di restauro».
Professore, che ne dice delle quattro verande sull’attico della Casina Valadier?
«Ho letto che sarebbero rifacimenti delle precedenti. Ma non è così che il problema va affrontato».
Perché? «Perché va impostato diversamente: se si
dice che l’edificio è di grande valore architettonico - e questo non si
può negare - allora bisogna intervenire a livello di altissima qualità,
adeguata a quella dell’edificio dei primi Ottocento. Se invece di
considerare il restauro in sé si vogliono solo ripristinare le funzioni
della Casina, allora è un’altra cosa. E si possono banalmente fare
tutte le verande che si vogliono».
E quindi?
«Si è scelto di rifare le verande non badando alla qualità dell’intervento architettonico».
Ma gli interessati dicono che quelle di oggi sono molto
migliori delle strutture fatiscenti di alcuni anni fa. La Casina ci
avrebbe guadagnato. «Si tratta di un intervento peggiorativo di qualcosa già privo di ogni qualità. Ma mi chiedo...».
Dica, professore. «Com’erano le verande che
furono create quando si smantellò il tetto dell’Ottocento? Erano
proprio così banali come quelle fotografate una ventina d’anni fa? Come
si presentava l’attico della Casina, diciamo verso il 1920?».
Professore, ma lei se la prende con l’architetto che le ha disegnate oggi?
«No,
la responsabilità non è sua. L’impresa nel suo insieme ha cercato la
strada più semplice per ottenere lo spazio per il ristorante. Insomma,
si è forse pensato più alla funzione della Casina che al suo vero
restauro. Ma...».
Avanti, professore, dica tutto. Non le sembra il momento?
«Quando
novant’anni fa fu smantellato il tetto e si fecero le terrazze, fu
costruito un muretto, che oggi si vede bene. Ora, che c’entrano le
colonnine disegnate? Chi le ha fatte? Questa finzione è ancora peggiore
delle verande nuove perché sono una cosa finta».
Insomma, alla fine cosa si dovrebbe fare?
«Sono
combattuto: io toglierei le verande. Però, per il ristorante... Ma
allora si facciano bene, veramente di grande livello architettonico».
di Giuseppe Pullara
dal Corriere della sera del 26.02.04
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1. Scritto da
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, il 06-09-2009 19:32 Gli scempi li compiono i tecnici con poca professionalità, poco gusto, pochi studi su opere originarie. Ma la colpa non è loro, poveri uomini, ma di chi li incarica di fare ciò.