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Referendum Nucleare : Atomo votare si per dire no PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
sabato 11 giugno 2011


VOTARE SI PER DIRE NO

Umberto Veronesi, a capo dell’agenzia per il nucleare, oggi ha risposto ad una domanda degna di uno spot pubblicitario: il nucleare è di destra o di sinistra? “Né l’una né l’altra”, avrebbe detto l’oncologo. “La destra è stata a lungo condizionata dalla lobby del petrolio, mentre la sinistra ha dimenticato che ‘l’atomo per la pace’ è stato una sua bandiera, che i primi impianti nel dopo guerra sono sorti nelle repubbliche popolari dell’Europa dell’Est, nella Svezia socialista e nella Francia di Mitterand. Ora invece è di destra”. Sicché l’atomo ha un passato da “komunista”, il che è abbastanza divertente se si pensa quanto spesso, in un’Italia in perenne derby calcistico, si finisca per risolvere tutto in una lotta fra chi è di destra oppure di sinistra. Sarebbe bello se il 12 e il 13 giugno, gli italiani agissero, invece di sventolare la loro “tessera del tifoso”

Di Nadine Federici  Futuro libero





Generalmente, chi è a favore dell’atomo, ribadisce che la produzione d’energia elettrica da fonte nucleare sia una delle più sicure e meno inquinanti. Sì perché, in rapporto alla quantità d’energia prodotta, sarebbe la più sicura e la più pulita. Alla fin fine anche aree del pianeta che sono state irradiate, la vita prosegue felice come nel Mulino Bianco: leucemie, tumori e malformazioni poco contano rispetto all’aria pulita. Si perché alla fin fine, il nucleare è verde anzi verdissimo: fa ridurre le emissioni della tanto temuta Co2, additata come la principale nemica dell’ambiente e causa del presunto Global Warming. Anche qui: una volta la paura del riscaldamento globale era di sinistra, ora è di destra. Basti pensare che l’agroclimatologo Luigi Mariani e il micro metereologo Teodoro Georgiadis, facevano notare che fra “i veri composti climalteranti del nostro pianeta non vi è l’anidride carbonica, quanto piuttosto due sostanze naturalissime come il vapor d’acqua e il metano”. Quindi tutta quest’ansia da Co2, che sia di destra o di sinistra, si basa sul nulla. Per quanto riguarda le temperature calienti che ci arrostiranno tutti quanti, il tenente colonnello dell’Aeronautica Militare Guido Guidi afferma che “la temperatura media del pianeta ha smesso di crescere da quasi dieci anni” e che il “Climatic Research Unit dell Hadley Centre e l’Università dell’Alabama, mettono in evidenza che pur restando stabilmente in territorio positivo le anomalie di temperatura non stanno seguendo un percorso in aumento”. Quindi? Banalissime fluttuazioni che vengono prese a pretesto giusto per favorire l’astensionismo al referendum o, al massimo, un voto favorevole al nucleare.

Tempi biblici

Che esista un reale problema energetico in Italia è un dato di fatto. Ma questa infallibilità dell’uranio come fonte esauribile, non pare essere vera: tanto quanto carbone, petrolio e gas esiste una fine. Il termine dell’uranio sarebbe stato indicato ottimisticamente in 100 anni, dal rapporto “Uranium 2009: Resources, Production and Demand” dell’Oecd Nuclear Energy Agency  e dell’ International Atomic Energy Agency . Ma i tempi sarebbero altrettanto lunghi anche nella realizzazione degli impianti, vanificandone l’utilità. Un esempio è quello del terzo reattore della centrale finlandese di Olkiluoto, il primo in Europa del modello francese Epr. La durata dei lavori avrebbe fatto aumentare i costi. Luigi De Paoli, professore di economia dell’energia alla Bocconi di Milano spiega che per quanto riguarda il reattore di Olkiluoto, l’inizio dell’attività dovrebbe essere previsto per la seconda metà del 2013. “Se questa data venisse rispettata, tra l’inizio della costruzione e il collegamento alla rete sarebbero passati otto anni e mezzo”. Un tempo, dice De Paoli, “che fa tornare in mente quanto capitava negli Stati Uniti negli anni Settanta e Ottanta e che, per le connesse conseguenze economiche, ha decretato l’arresto della costruzione di reattori nucleari”. Esaminando i dati relativi ai 32 reattori entrati in servizio a partire dal 2001 fino a oggi, il docente della Bocconi osserva che i “7 nuovi reattori entrati in funzione nei Paesi ex comunisti hanno richiesto in media quasi 19 anni di costruzione”: la vita di un figlio e in tempo per rovinargliela. Il rallentamento dei Paesi ex-sovietici, spiega il professore, era dovuto principalmente alla crisi economica e al crollo dei consumi: quindi il nucleare in un Paese come l’Italia e soprattutto in questo momento, farebbe la stessa fine. Aggiungiamo anche che siamo dei veri campioni di lungaggini burocratiche inutili e la frittata è fatta.

Costi assurdi

L’Italia dipende da paesi terzi per le materie utilizzate nella produzione di energia. Ma se è vero che dobbiamo importare il petrolio, il metano e il carbone, è anche vero che ci toccherebbe la stessa sorte per quel che concerne l’uranio. In più – a meno di non sostituire tutte le automobili con veicoli elettrici- il nucleare non sarebbe ancora in grado di risolve il problema della dipendenza dal petrolio per i carburanti. In una intervista, Gianni Mattioli e Massimo Scalia parlano di “radicata la disinformazione per cui si crede che il fabbisogno energetico coincida con il fabbisogno elettrico, in realtà quello elettrico è solo una quota parte: nei paesi industrializzati rappresenta circa un terzo”. Senza contare il problema dello smaltimento delle scorie. Quelle a basso livello di radioattività, con decadimento in alcune decine di anni, non sono un vero problema. La storia cambia per le scorie di media radioattività, con un decadimento in centinaia di anni e soprattutto per quelle di alta radioattività che decadono in centinaia di migliaia di anni. “Il loro smantellamento –dicono Mattioli e Scalia- è ancora oggetto di ricerca fondamentale con progetti internazionali dai costi così elevati che non riescono ancora a decollare”. Oneri di non poco conto di cui gli Italiani già stanno affrontando una parte. L’ingegnere ed economista Tommaso Sinibaldi, ricorda che dal 1987 le nostre poche centrali sono state fermate e quindi da oltre vent’anni sarebbero in una costosa fase di decontaminazione. “Il processo è gestito da una società pubblica, la Sogin che nel 2007 ha presentato un conto di 174,9 milioni di euro”. Approvata dalla Autorità per l’energia Elettrica ed il Gas la spesa è stata girata sulle nostre bollette. “Quindi –dice Sinibaldi- lo stiamo già pagando noi”. Con un peso dell’1% circa su tutte le bollette che gli italiani pagano ogni bimestre.





E’ vero: le scorie, dove le mettiamo?

Il fisico Carlo Rubbia già qualche tempo fa si era espresso sul problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi. “Con vari metodi sono inceneriti, triturati, macinati, pressati, vetrificati e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura”, spiega Rubbia. E dove vengono messi i fustini di scorie? “Queste vergogne dell’energia nucleare vengono nascoste nelle profondità sotterranee e marine”: davvero rassicurante. “Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo già seppellito e di quelli che aspettano di esserlo. Ci liberiamo di un problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste scorie saranno attive per millenni”. Calcolando che sono stati molti i padri a non essersi preoccupati per la sorte dei figli, si potrebbe anche capire che costoro se ne infischino di quel che accadrà ai nipoti. Figuriamoci ai pronipoti. Eppure, incalza Rubbia la sicurezza assoluta che dica bene ai padri menefreghisti non c’è. “I cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio”. Si perché “malgrado tutte le precauzioni tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività può, in condizioni estreme, sprigionarsi in qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari”.

Ficchiamoli sottoterra, allora. Ma nulla: Rubbia è convinto che “neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di profondità può essere ritenuto completamente sicuro. Sotto la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l’uomo attraverso la catena alimentare”. Il parere del Nobel per la fisica nucleare è quindi che le scorie così ammassate non sarebbero altro che “delle bombe ritardate. Le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne personalmente”.

(10 Giugno 2011)





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