VOTARE SI PER DIRE NO
Umberto Veronesi, a capo dell’agenzia per il nucleare, oggi
ha risposto ad una domanda degna di uno spot pubblicitario: il
nucleare è di destra o di sinistra? “Né l’una né l’altra”,
avrebbe detto l’oncologo. “La destra è stata a lungo
condizionata dalla lobby del petrolio, mentre la sinistra ha
dimenticato che ‘l’atomo per la pace’ è stato una sua
bandiera, che i primi impianti nel dopo guerra sono sorti nelle
repubbliche popolari dell’Europa dell’Est, nella Svezia
socialista e nella Francia di Mitterand. Ora invece è di destra”.
Sicché l’atomo ha un passato da “komunista”, il che è
abbastanza divertente se si pensa quanto spesso, in un’Italia in
perenne derby calcistico, si finisca per risolvere tutto in una lotta
fra chi è di destra oppure di sinistra. Sarebbe bello se il 12 e il
13 giugno, gli italiani agissero, invece di sventolare la loro
“tessera del tifoso”
Di Nadine Federici Futuro libero
Generalmente, chi è a favore dell’atomo, ribadisce che la
produzione d’energia elettrica da fonte nucleare sia una delle più
sicure e meno inquinanti. Sì perché, in rapporto alla quantità
d’energia prodotta, sarebbe la più sicura e la più pulita. Alla
fin fine anche aree del pianeta che sono state irradiate, la vita
prosegue felice come nel Mulino Bianco: leucemie, tumori e
malformazioni poco contano rispetto all’aria pulita. Si perché
alla fin fine, il nucleare è verde anzi verdissimo: fa ridurre le
emissioni della tanto temuta Co2, additata come la principale nemica
dell’ambiente e causa del presunto Global Warming. Anche qui: una
volta la paura del riscaldamento globale era di sinistra, ora è di
destra. Basti pensare che l’agroclimatologo Luigi Mariani e il
micro metereologo Teodoro Georgiadis, facevano notare che fra “i
veri composti climalteranti del nostro pianeta non vi è l’anidride
carbonica, quanto piuttosto due sostanze naturalissime come il vapor
d’acqua e il metano”. Quindi tutta quest’ansia da Co2, che sia
di destra o di sinistra, si basa sul nulla. Per quanto riguarda le
temperature calienti che ci arrostiranno tutti quanti, il tenente
colonnello dell’Aeronautica Militare Guido Guidi afferma che “la
temperatura media del pianeta ha smesso di crescere da quasi dieci
anni” e che il “Climatic Research Unit dell Hadley Centre e
l’Università dell’Alabama, mettono in evidenza che pur
restando stabilmente in territorio positivo le anomalie di
temperatura non stanno seguendo un percorso in aumento”. Quindi?
Banalissime fluttuazioni che vengono prese a pretesto giusto per
favorire l’astensionismo al referendum o, al massimo, un voto
favorevole al nucleare.
Tempi biblici
Che esista un reale problema energetico in Italia è un dato di
fatto. Ma questa infallibilità dell’uranio come fonte esauribile,
non pare essere vera: tanto quanto carbone, petrolio e gas esiste una
fine. Il termine dell’uranio sarebbe stato indicato
ottimisticamente in 100 anni, dal rapporto “Uranium 2009:
Resources, Production and Demand” dell’Oecd Nuclear Energy Agency
e dell’ International Atomic Energy Agency . Ma i tempi
sarebbero altrettanto lunghi anche nella realizzazione degli
impianti, vanificandone l’utilità. Un esempio è quello del terzo
reattore della centrale finlandese di Olkiluoto, il primo in Europa
del modello francese Epr. La durata dei lavori avrebbe fatto
aumentare i costi. Luigi De Paoli, professore di economia
dell’energia alla Bocconi di Milano spiega che per quanto riguarda
il reattore di Olkiluoto, l’inizio dell’attività dovrebbe essere
previsto per la seconda metà del 2013. “Se questa data venisse
rispettata, tra l’inizio della costruzione e il collegamento alla
rete sarebbero passati otto anni e mezzo”. Un tempo, dice De Paoli,
“che fa tornare in mente quanto capitava negli Stati Uniti negli
anni Settanta e Ottanta e che, per le connesse conseguenze
economiche, ha decretato l’arresto della costruzione di reattori
nucleari”. Esaminando i dati relativi ai 32 reattori entrati in
servizio a partire dal 2001 fino a oggi, il docente della Bocconi
osserva che i “7 nuovi reattori entrati in funzione nei Paesi ex
comunisti hanno richiesto in media quasi 19 anni di costruzione”:
la vita di un figlio e in tempo per rovinargliela. Il rallentamento
dei Paesi ex-sovietici, spiega il professore, era dovuto
principalmente alla crisi economica e al crollo dei consumi: quindi
il nucleare in un Paese come l’Italia e soprattutto in questo
momento, farebbe la stessa fine. Aggiungiamo anche che siamo dei veri
campioni di lungaggini burocratiche inutili e la frittata è fatta.
Costi assurdi
L’Italia dipende da paesi terzi per le materie utilizzate nella
produzione di energia. Ma se è vero che dobbiamo importare il
petrolio, il metano e il carbone, è anche vero che ci toccherebbe la
stessa sorte per quel che concerne l’uranio. In più – a meno di
non sostituire tutte le automobili con veicoli elettrici- il nucleare
non sarebbe ancora in grado di risolve il problema della dipendenza
dal petrolio per i carburanti. In una intervista, Gianni Mattioli e
Massimo Scalia parlano di “radicata la disinformazione per cui si
crede che il fabbisogno energetico coincida con il fabbisogno
elettrico, in realtà quello elettrico è solo una quota parte: nei
paesi industrializzati rappresenta circa un terzo”. Senza contare
il problema dello smaltimento delle scorie. Quelle a basso livello di
radioattività, con decadimento in alcune decine di anni, non sono un
vero problema. La storia cambia per le scorie di media radioattività,
con un decadimento in centinaia di anni e soprattutto per quelle di
alta radioattività che decadono in centinaia di migliaia di anni.
“Il loro smantellamento –dicono Mattioli e Scalia- è ancora
oggetto di ricerca fondamentale con progetti internazionali dai costi
così elevati che non riescono ancora a decollare”. Oneri di non
poco conto di cui gli Italiani già stanno affrontando una parte.
L’ingegnere ed economista Tommaso Sinibaldi, ricorda che dal 1987
le nostre poche centrali sono state fermate e quindi da oltre
vent’anni sarebbero in una costosa fase di decontaminazione. “Il
processo è gestito da una società pubblica, la Sogin che nel 2007
ha presentato un conto di 174,9 milioni di euro”. Approvata dalla
Autorità per l’energia Elettrica ed il Gas la spesa è stata
girata sulle nostre bollette. “Quindi –dice Sinibaldi- lo stiamo
già pagando noi”. Con un peso dell’1% circa su tutte le bollette
che gli italiani pagano ogni bimestre.
E’ vero: le scorie, dove le mettiamo?
Il fisico Carlo Rubbia già qualche tempo fa si era espresso sul
problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi. “Con vari
metodi sono inceneriti, triturati, macinati, pressati, vetrificati e
inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti
di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura”,
spiega Rubbia. E dove vengono messi i fustini di scorie? “Queste
vergogne dell’energia nucleare vengono nascoste nelle profondità
sotterranee e marine”: davvero rassicurante. “Non abbiamo la
minima idea di quello che potrebbe succedere dei fusti con tonnellate
di sostanze radioattive che abbiamo già seppellito e di quelli che
aspettano di esserlo. Ci liberiamo di un problema passandolo in
eredità alle generazioni future, perché queste scorie saranno
attive per millenni”. Calcolando che sono stati molti i padri a non
essersi preoccupati per la sorte dei figli, si potrebbe anche capire
che costoro se ne infischino di quel che accadrà ai nipoti.
Figuriamoci ai pronipoti. Eppure, incalza Rubbia la sicurezza
assoluta che dica bene ai padri menefreghisti non c’è. “I
cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti,
bombardamenti, atti di sabotaggio”. Si perché “malgrado tutte le
precauzioni tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali
in cui questi rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività
può, in condizioni estreme, sprigionarsi in qualche misura,
soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si sono trovate
tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella fauna e
nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari”.
Ficchiamoli sottoterra, allora. Ma nulla: Rubbia è convinto che
“neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di
profondità può essere ritenuto completamente sicuro. Sotto la
pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle
generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere
assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca
in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare
l’uomo attraverso la catena alimentare”. Il parere del Nobel per
la fisica nucleare è quindi che le scorie così ammassate non
sarebbero altro che “delle bombe ritardate. Le nascondiamo pensando
che non ci saremo per risponderne personalmente”.
(10 Giugno 2011)
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