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Marista
HomeArticoli TIBET LA MARCIA dei Tibetani verso il TIBET
E' partita il 10 Marzo da Dharamsala la lunga marcia dei tibetani verso i confini col Tibet, e sul sito : http://www.italiatibet.org, viene documentata giornalmente dalle mail degli Italiani che hanno scelto di parteciparvi.
E' certo interessante seguire gli avvenimenti dal sito
Intanto in Tibet scoppia l'inferno a Lhasa
Continuano le proteste contro il Governo cinese da parte di centinaia
di monaci buddhisti, che le forze dell'ordine stanno reprimendo con la
forza.
Le notizie dal Tibet non sono buone, parlano di morti.
Riporto qui un articolo interessante per chi volesse saperne di più sulla marcia , sui suoi fini e sul suo significato :
Una marcia pacifica per liberare il Tibet
di Carlo Buldrini
L’hanno
chiamata la “Marcia del ritorno in Tibet”. Partirà da McLeod Ganj
(Dharamsala), in India, il prossimo 10 marzo. Sarà l’evento più
importante del Tibetan People’s Uprising Movement, un movimento
lanciato da cinque organizzazioni tibetane in esilio: il Tibetan Youth
Congress, la Tibetan Women’s Association, il Gu-Chu-Sum Movement of
Tibet e gli Students for a Free Tibet.
Tre sono le richieste
che queste organizzazioni fanno al governo della Repubblica popolare
cinese: 1. Che vengano rimossi tutti gli ostacoli che impediscono un
ritorno senza condizioni del Dalai Lama in Tibet. 2. Che il governo
cinese inizi a smantellare quell’occupazione coloniale del Paese delle
nevi che dura da quasi sessant’anni. 3. Che la Cina liberi tutti i
prigionieri politici tibetani, primo fra tutti il giovane Panchen Lama,
Gedhun Choeky Nyima.
Nell’annunciare il Tibetan People’s
Uprising Movement 2008, gli organizzatori hanno fatto esplicito
riferimento all’insurrezione di Lhasa del 10 marzo 1959. Quel giorno,
trentamila abitanti della capitale del Tibet circondarono il
Norbulingka, il Palazzo d’estate dove si trovava il Dalai Lama. I
dimostranti volevano impedire al giovane Tenzin Gyatso di recarsi ad
assistere a una rappresentazione teatrale organizzata in suo onore a
Silungpo, la sede del comando militare cinese a Lhasa. Tra i tibetani
si era infatti sparsa la voce che i cinesi volessero rapire il Dalai
Lama e portarlo con la forza a Pechino. La protesta degli abitanti di
Lhasa sfociò in un’aperta rivolta. La notte del 17 marzo 1959 il Dalai
Lama, con indosso una divisa militare e un fucile a tracolla, uscì dal
Norbulingka e iniziò la sua fuga verso l’esilio indiano. La repressione
della rivolta da parte degli uomini della People’s Liberation Army fu
spietata. Provocò 87.000 morti tra i tibetani che cercarono di
resistere. Il dato lo si trova nello stesso “Rapporto politico”
dell’Esercito di liberazione popolare cinese del 1960.
Anche
la “Marcia del ritorno in Tibet” che inizierà il 10 marzo 2008 ha un
preciso riferimento storico. “A ispirarci è stata la ‘Marcia del sale’
di Gandhi e dei suoi satyagrahi del 1930” dice Tenzin Tsundue, una
delle figure di riferimento per tutti i giovani tibetani in esilio.
Così come il Mahatma, con la sua marcia, sfidò l’impero britannico in
India, altrettanto vogliono fare i tibetani nei confronti della
Repubblica popolare cinese. Sperano di poter raggiungere il confine del
Tibet alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino dell’agosto 2008. “Il
nostro impegno a portare avanti una protesta non violenta è assoluto”
dice Tsewang Rigzin, il presidente del Tibetan Youth Congress. Gli fa
eco Tenzin Tsundue: “Dobbiamo capire una volta per tutte che la
violenza, l’impugnare le armi, è un modo desueto per cercare di
ottenere l’indipendenza. La nostra marcia costituirà una sorta di
‘sadhana’, un tributo spirituale a quella verità e a quella giustizia
che ci ispirano nella nostra azione”.
Ma per i tibetani che
si metteranno in marcia si prospettano giorni difficili. Nel dicembre
2007 le truppe indiane e quelle cinesi hanno effettuato
un’esercitazione militare congiunta presso l’Accademia militare di
Kunming, nella provincia cinese dello Yunnan. L’esercitazione è stata
chiamata “Hand-in-Hand 2007” e ha avuto per obiettivo “il combattere il
terrorismo e il garantire la pace, la stabilità e la creazione di un
‘mondo armonioso’”. Nel gennaio 2008 la stessa esercitazione congiunta
è stata ripetuta a Chusul in Ladakh, in territorio indiano. Il confine
tra India e Repubblica popolare cinese è dunque presidiato
militarmente, palmo a palmo, sia a oriente che a occidente. I militanti
tibetani non hanno fatto sapere da quale punto del confine intendono
entrare nel Paese delle nevi. Tutti i partecipanti sono comunque
coscienti dei rischi e dei pericoli a cui vanno incontro. Molti, alla
vigilia della marcia, hanno donato tutti i loro averi, mettendo in
conto la possibilità di non fare ritorno. Ed è per questo che chiedono
di non essere lasciati soli. Dicono: “La nostra marcia offre a tutti la
possibilità di partecipare a uno storico movimento non violento. Con
esso vogliamo ottenere la libertà per un paese che, ancora oggi, è
tenuto soggiogato. Unitevi a noi. Sosteneteci in qualsiasi modo
possiate. Abbiamo bisogno di informare la gente della nostra marcia.
Cammineremo
per sei mesi. Potete unirvi a noi come sostenitori, per un giorno o
anche per una sola ora. Oppure per una settimana o per un mese intero.
Abbiamo bisogno di volontari, di gente che lavori nei media, di
scrittori, fotografi, bloggers. Abbiamo bisogno di infermieri, cuochi,
tecnici. E abbiamo bisogno soprattutto delle vostre preghiere”.
Carlo Buldrini
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