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Troppo bella per andare a scuola , chiusa in casa, scrive l'insegnante, ma... PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
sabato 16 aprile 2011

"Vorrei approfittare dello spazio concesso dalla sua rivista per esternare tutto il mio malessere, la mia frustrazione, il mio senso d'impotenza di fronte a un'ingiustizia di dimensioni inimmaginabili, non misurabili, al di la' dell'umano". Inizia cosi' la lettera di un insegnante, inviata al direttore di 'Bresciaoggi', per denunciare il caso di Jamila, il nome e' di fantasia, la ragazza pachistana di 19 anni che vive a Brescia, segregata dai suoi genitori perche' troppo bella.

"Sono un docente di un istituto superiore di Brescia, frequentato da un consistente numero di alunni stranieri: indiani, pakistani, marocchini e magrebini di varia provenienza; ogni giorno mi immergo in questo bacino di differente umanita' che, Glielo assicuro, tanto arricchimento e cultura 'trasversale' mi ha saputo regalare per tutta la durata di quest'anno scolastico ormai agli sgoccioli", aggiunge.








"Fra le mie classi di competenza ce n'e' una, una prima superiore: fra gli alunni, uno piu' prezioso e splendido dell'altro c'e' J. Non scrivero' il suo nome, e non lo faro' per rispetto perche' temo, e temo fortemente, che anche il solo aggiungere un sospiro possa peggiorare la situazione di quest'anima. J. e' una ragazza dolce, sensibilissima, dall'intelligenza cristallina e dalla voglia di studiare, di capire, di partecipare davvero encomiabili. J., dopo una situazione di partenza difficoltosa dal punto di vista didattico, ha saputo da sola risollevare le proprie sorti, arrivando ad avere un pagellino infraquadrimestrale immacolato, corredato da una condotta irreprensibile".

J. pero' "ha un 'difetto': e' bellissima. Di una bellezza magnetica, arcana, indescrivibile. E questo, si sa, spesso diventa una condanna. J. da piu' di una settimana non viene a scuola. Ha interrotto la frequenza a causa, a quanto ci e' dato saperne (ma, ahinoi, siamo nel campo del 'sentito dire'), del volere dei famigliari, ai quali sarebbe venuto all'orecchio di sguardi, innamoramenti, dediche d'affetto inconcepibili per l'onore di genitori e fratelli, i quali l'avrebbero promessa in sposa a un individuo mai visto che sta nella sua lontana terra natia".

E aggiunge: "I compagni si chiedono intimoriti che fine abbia fatto J., noi insegnanti, insieme alla scuola, proviamo incessantemente a contattare la famiglia ai recapiti telefonici forniti, ma niente da fare. Le ultime notizie arrivateci parlano di un 'rientro forzato' in Pakistan, previsto per il prossimo lunedi', destinato quindi ad allontanarla per sempre da tutto quello che J. ha trovato qui. Grazie al cielo non si deve e non si puo' far di tutta la proverbiale erba un unico fascio, ed esempi di apertura e tolleranza in tal senso sono altresi' all'ordine del giorno, ma e' altrettanto vero che questo caso particolare non solo e' critico...e' attuale, vero, imprescindibilmente reale".

Poi un interrogativo. "Lo sa, qual e' di tutta questa storia la cosa che davvero non riesco a mandare giu', quasi fosse non solo un boccone dal cattivo sapore, ma un bolo davvero troppo grande per transitare nell'esofago? Il fatto che proprio nel suo ultimo weekend di scuola, parlando con me, lei si lasciasse andare dicendomi di quanto sia 'limitante, triste, brutto essere una ragazza pakistana' di quell'eta', il dover 'vivere per l'onore della propria famiglia e non per se'', il non poter avere la benche' minima 'liberta' di andare, di dire, di fare'".

"E io a cercare di rincuorarla, a dirle che anche da noi, basta guardare indietro qualche decennio, le donne non godevano di tutta la sacrosanta liberta' che e' possibile riscontrare oggi in giro e nelle case... che debba arrendermi all'evidenza? Che avesse davvero ragione lei?", scrive ancora il professore.

"Voglio concludere questa lettera indirizzata con un saluto proprio a J. Lo scorso weekend, lavorando sul Quotidiano in Classe, abbiamo analizzato la rubrica delle Lettere al Direttore. In quell'occasione mi sono premurato di spiegare ai ragazzi che questa e' 'una delle espressioni della liberta' di ciascuno, che con educazione e motivando le proprie opinioni ha la possibilita' di far sapere agli altri il proprio punto di vista'", sottolinea il docente.

"Se J. possa leggermi non lo so, ma quello che spero con tutto me stesso e' che le arrivi anche solo un decimo del sentimento di profonda affezione che provo nei suoi confronti. Anche noi insegnanti, cosi' vituperati dall'opinione pubblica dopo i tanti scandali che si sentono ciclicamente dai media, ne siamo ancora, secondo alcuni imprudentemente, capacissimi", conclude.

Da adnkronos



le ultimissime notizie danno per certo il ritorno a scuola di jamila, pare che avrebbe accomodato tutto un incontro in Questura tra i genitori della ragazza ed il console Pakistano

La solidarietà va a questa coraggiosa ragazza che tempo fa aveva confidato al suo insegnante:

"Temo di fare la fine di Hina", alludendo ai fatti accaduti nel 2006, quando una pakistana Hina Saleem, fu uccisa dal padre perché voleva vivere all'occidentale. Io se fossi stata nell'insegnante mi sarei limitato a fare avere tramite console i libri alla ragazza, come primo approccio.  Non dicono di chi sia stat l'iniziativa di intervenire così verso la famiglia.

Personalmente non vedo mai con favore questi atti di coraggio  portati avanti  sulla pelle degli altri. I genitori sono condizionati da secoli di "cultura altra", concetto verso il quale ci si entusiasma per poi cercare di cambiarla con violenza come piace a noi, e quella violenza poi si riversa su soggetti deboli, quali sono le donne in Pakistan, potrebbe non bastare una ramanzina per superare secoli di  cultura altra. Ci sarebbero stati mille "modi altri" e più rispettosi verso i genitori, visto che non di scuola del'obbligo si tratta.



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  Commenti (1)
1. as a man thinketh in his heart
Scritto da Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo , il 18-04-2011 11:23
Buondì Marista, 
quello che mi ha colpito della storia è come un semplice atto d'interesse/attenzione possa dare una decisa virata alla vita di molti. 
Lei è molto attenta alle dinamiche sociali innescate dagli eurosauri anche e soprattutto a mezzo della multiculturizzazione (mi consenta il termine) e credo che l'arma migliore per difenderci, difendere i nostri valori, la nostra cultura e religione, sia proprio quello di aprirsi e cercare di capire chi ci sta "invadendo". Lo scontro etnico e/o razziale non gioca a nostro favore. Un grande interprete della parola di Cristo, Neville Goddard, disse un giorno che la nazione in cui viviamo la dobbiamo "vedere e sentire" esattamente come vorremmo che sia e non dipingerla con i colori della paura. 
cordialmente

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