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Un Colpo di Stato delle elite G.Ferrara avverte , è eversione leggete Asor Rosa PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
giovedì 14 aprile 2011

democraziaLa gente non li ama più, non li segue, non li vuole ed allora? Allora Italia come il Nord Africa: Colpo di Stato, ma da noi vorrebbero fare fuori ogni democrazia, e via la Costituzione, sarebbe d'impiccio...

Stando al pensiero di Asor Rosa d'ora in poi :Il Potere è di chi se lo prende, sarà la base fondante del nuovo Stato? Napolitano che ne dice?



Leggiamo attentamente, se abbiamo a cuore la nostra residuata libertà, il breve testo della trasmissione di Ferrara, e poi abbiate la pazienza di leggervi il testo dell'articolo pubblicato sul Manifesto dal Prof Asor Rosa. Altro che Colpo di Stato, un colpo di Stato dall'alto invoca il Professore, insomma un "colpo allo Stato", suonerebbe più veritiero, un colpo allo Stato che prescinda dalla massa  dei cittadini e ci cali dall'alto, dai militari e dalla magistratura, certo prima che se ne risolvano i noti problemi. E la Costituzione? La divisione dei poteri?




Un atto eversivo  è quello che si propone, che in quanto tale  prescinda da regole e salvaguardie costituzionali, che congeli le Camere .. insomma, questa la bella proposta dell'anziano professore: sospendiamo la democrazia, caliamo dall'alto di Istituzioni, nemmeno loro perfette, le nuove regole, epuriamo, puliamo. Un colpo di Stato calato dall'alto, che se ne frega dell'equilibrio dei poteri e che regala ogni potere ai Poteri più Poteri.  Insomma  il popolo ci ha deluso, non fa le sommosse, e noi gli togliamo la democrazia residua, invece di rafforzarlo, geniale!




ATTENTI C'E' UNA SINISTRA CHE INCORAGGIA IL GOLPE ( Testo puntata di  Ferrara)

 

C’è chi propone di fare un colpo di Stato contro il governo eletto, il governo eletto dagli italiani, il governo Berlusconi. Si chiama Alberto Asor Rosa, è stato deputato della sinistra e professore universitario. Negli anni Settanta militava, diciamo, in quelle tendenze di pensiero alla Toni Negri contigue culturalmente al terrorismo italiano. Ecco che cosa ha scritto sul quotidiano comunista il manifesto di oggi, , perché non vorrei che poi si dicesse che io mi invento le cose che dico: «Ciò cui io penso è una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni... eccetera, scenda dall’alto, instaura quello che io definirei un normale “stato di emergenza”, si avvale più che di manifestanti generosi, dei carabinieri e della polizia di Stato, congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari...» eccetera eccetera eccetera. Insomma, un colpo di Stato in piena regola contro il governo eletto dagli italiani.

Siamo finalmente alla piena, diciamo dispiegata chiarezza di un progetto politico che molti altri editorialisti, questa volta di Repubblica, avevano già definito anche nella famosa assemblea del Palasharp, dove un ragazzino di tredici anni fu convocato a recitare la litania dell’odio contro l’arcinemico. Che cosa dicono costoro? Dicono che siccome lui, Berlusconi, ha rimbecillito gli italiani con le televisioni, siccome con i voti non credono di essere in grado di batterlo alle elezioni, siccome in Parlamento non c’è una maggioranza alternativa e invece di lavorare per trovare una maggioranza alternativa nel Paese e nel Parlamento e varare un governo come sono stati i due governi Prodi - Prodi ha battuto due volte Berlusconi, no? -, bisogna fare qualcosa di extra istituzionale. E Asor Rosa, il professor Asor Rosa, quest’uomo con questi baffi sicuri di sé e questa prosa non proprio elegantissima, dice che cosa bisogna fare: un golpe con i carabinieri e la polizia di Stato, che venga dall’alto contro il basso popolo incapace di capire come stanno le cose.

Un golpe delle élite, un golpe favorito dagli intellettuali e dalle loro idee. Un golpe che, diciamo, sarebbe un esproprio di sovranità ai danni del popolo italiano. Guardate che non sto scherzando, Asor Rosa non è un passante, ripeto, è stato un dirigente politico della sinistra, fa parte diciamo di quella che potremmo definire la cricca Scalfari, cioè il gruppo di potere editoriale e, se posso consentirmi, lobbistico che in simbiosi con i magistrati cerca, non di portare Berlusconi ai processi, ma di abbattere Berlusconi in quanto capo politico del governo. L’Italia è una democrazia regolare, tra poco vedremo una partita e vogliamo stare tutti tranquilli e andare a dormire tranquilli, però c’è chi lavora per un colpo di Stato.







Non c 'è più tempo

di Alberto Asor Rosa (il Manifesto)

Capisco sempre meno quel che accade nel nostro paese. La domanda è: a che punto è la dissoluzione del sistema democratico in Italia? La risposta è decisiva anche per lo svolgimento successivo del discorso. Riformulo più circostanziatamente la domanda: quel che sta accadendo è frutto di una lotta politica «normale», nel rispetto sostanziale delle regole, anche se con qualche effetto perverso, e tale dunque da poter dare luogo, nel momento a ciò delegato, ad un mutamento della maggioranza parlamentare e dunque del governo?
Oppure si tratta di una crisi strutturale del sistema, uno snaturamento radicale delle regole in nome della cosiddetta «sovranità popolare», la fine della separazione dei poteri, la mortificazione di ogni forma di «pubblico» (scuola, giustizia, forze armate, forze dell'ordine, apparati dello stato, ecc.), e in ultima analisi la creazione di un nuovo sistema populistico-autoritario, dal quale non sarà più possibile (o difficilissimo, ai limiti e oltre i confini della guerra civile) uscire?
Io propendo per la seconda ipotesi (sarei davvero lieto, anche a tutela della mia turbata tranquillità interiore, se qualcuno dei molti autorevoli commentatori abituati da anni a pietiner sur piace, mi persuadesse, - ma con seri argomenti – del contrario).
Trovo perciò sempre più insensato, e per molti versi disdicevole, che ci si indigni e ci si adiri per i semplici «vaff...» » lanciati da un Ministro al Presidente della Camera, quando è evidente che si tratta soltanto delle ovvie e necessarie increspature superficiali, al massimo i segnali premonitori, del mare d'immondizia sottostante, che, invece d'essere aggredito ed eliminato, continua come a Napoli a dilagare.
Se le cose invece stanno come dico io, ne scaturisce di conseguenza una seconda domanda: quand'è che un sistema democratico, preoccupato della propria sopravvivenza, reagisce per mettere fine al gioco che lo distrugge, - o autodistrugge? Di esempi eloquenti in questo senso la storia, purtroppo, ce ne ha accumulati parecchi.
Chi avrebbe avuto qualcosa da dire sul piano storico e politi co se Vittorio Emanuele II, nell'autunno del 1922, avesse schierato l'Armata a impedire la marcia su Roma delle milizie fasciste; o se Hindrburg nel gennaio 1933 avesse continuato ostinatamente a negare, come aveva fatto in precedenza, il cancellierato a Adolf Hitler, chiedendo alla Reichswehr di far rispettare la sua decisione?
C'è sempre un momento nella storia delle democrazie in cui esse collassano più per propria debolezza che per la forza altrui, anche se, ovviamente, la forza altrui serve soprattutto a svelare le debolezze della democrazia e a renderle irrimediabili (la collusione di Vittorio Emanuele, la stanchezza premortuaria di Hinderburg).
Le democrazie, se collassano, non collassano sempre per le stesse ragioni e con i medesimi modi. Il tempo, poi, ne inventa sempre di nuove, e l'Italia; come si sa e come si torna oggi a vedere, è fervida incubatrice di tali mortifere esperienze. Oggi in Italia accade di nuovo perché un gruppo affaristico-delinquenziale ha preso il potere (si pensi a cosa ha significato non affrontare il «conflitto di interessi» quando si poteva!) e può contare oggi su di una maggioranza parlamentare corrotta al punto che sarebbe disposta a votare che gli asini volano se il Capo glielo chiedesse. I mezzi del Capo sono in ogni caso di tali dimensioni da allargare ogni giorno l'area della corruzione, al centro come in periferia: l'anormalità della situazione è tale che rebus sic stantibus, i margini del consenso alla lobby affaristico-delinquenziale all'interno delle istituzioni parlamentari, invece di diminuire, come sarebbe lecito aspettarsi, aumentano.
E' stata fatta la prova di arrestare il degrado democratico per la via parlamentare, e si è visto che è fallita (aumentando anche con questa esperienza vertiginosamente i rischi del degrado).
La situazione, dunque, è più complessa e difficile, anche se apparentemente meno tragica: si potrebbe dire che oggi la democrazia in Italia si dissolve per via democratica, il tarlo è dentro, non fuori.
Se le cose stanno così, la domanda è: cosa si fa in un caso del genere, in cui la democrazia si annulla da sè invece che per una brutale spinta esterna? Di sicuro l'alternativa che si presenta è: o si lascia che le cose vadano per il loro verso onde garantire il rispetto formale delle regole democratiche (per es., l'esistenza di una maggioranza parlamentare tetragona a ogni dubbio e disponibile ad ogni vergogna e ogni malaffare); oppure si preferisce incidere il bubbone, nel rispetto dei valori democratici superiori (ripeto: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, la difesa e la tutela del «pubblico» in tutte le sue forme, la prospettiva, che deve restare sempre presente, dell'alternanza di governo), chiudendo di forza questa fase esattamente allo scopo di aprirne subito dopo un'altra tutta diversa.
Io non avrei dubbi: è arrivato in Italia quel momento fatale in cui, se non si arresta il processo e si torna indietro, non resta che correre senza più rimedi né ostacoli verso il precipizio. Come?
Dico subito che mi sembrerebbe incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni, o, ammesso che esistano, porterebbero a esiti catastrofici. Certo, la pressione della parte sana del paese è una fattore indispensabile del processo, ma, come gli ultimi mesi hanno abbondantemente dimostrato, non sufficiente.
Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d'emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.
Insomma: la democrazia si salva, anche forzandone le regole. Le ultime occasioni per evitare che la storia si ripeta stanno rapidamente sfumando. Se non saranno colte, la storia si ripeterà. E se si ripeterà, non ci resterà che dolercene. Ma in questo genere di cose, ci se ne può dolere, solo quando ormai è diventato inutile farlo. Dio non voglia che, quando fra due o tre anni lo sapremo con definitiva certezza (insomma: l'Italia del '24, la Germania del febbraio '33), non ci resti che dolercene.


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