Mi prende sempre un poco di
tristezza quando mi trovo nei giardini in serie di molte moderne abitazioni, ricchi di cemento e poveri di vita , magari cento volte più belli ed ordinati
del nostro quasi-giardino, nato esclusivamente per il diletto mio e di mio marito senza
quindi mai valutare il colpo d’occhio
che ne avrebbero potuto avere eventuali visitatori, ma studiato per non offendere flora e fauna originarie.
Ne è risultato un semplice aggiungere alla natura
del terreno piante da noi desiderate e amate, che non dessero fastidio ai
mirti, ai lentischi , alle filliree; non equivochiamo comunque : non siamo coltissimi giardinieri o esperti botanici, bensì improvvisatori amanti della natura, niente di più, ed anche ora che il nostro quasi -giardino è in disarmo, conserva per noi
angoli di fascino, specie dove è solo “figlio del vento”, cioè dei semi che vento ed
uccelli ci hanno regalato.In questo
luogo che so essere anomalo, sono previsti ripari , mangiatoie e zone incolte
in cui gli animali selvatici possano trovare piacere a sostare e riparo
dalla stupidità dei locali cacciatori.
Questo è il motivo per cui
abbiamo scavato nei muretti buchi ben
nascosti che danno verso la campagna, da dove possano entrare i conigli selvatici e le lepri per
nutrirsi dei trifogli piantati appositamente per loro; questo almeno finchè qualcuno non
trovò niente di meglio da fare che catturare i superstiti dalla dissennata caccia che i
locali facevano alle povere bestie con l’aiuto di potenti fari accesi nella notte onde abbagliarle e prenderle senza difficoltà; hobby
molto vile e niente affatto sportivo, ma questo è il nostro “simile”: l'animale uomo, il più inutilmente cattivo e feroce, anche verso i propri simili.
Sugli alberi e dove è
possibile abbiamo messo , ben nascoste, mangiatoie e
nidi per gli uccelli, cerchiamo di non disturbare i ricci.. insomma, viviamo il più possibile in
armonia con il piccolo mondo che circonda la nostra casa, compresa una giovane
volpe che passa in estate per abbeverarsi agli appositi ciotoloni posti sul nostro terreno.
Quindi immaginate la tristezza che posso
provare quando trovo quei giardini, pur belli, in cui tutto è studiato per “non
sporcare “ e “non fare lavorare troppo” :
pavimentazioni di cotto a go-go, lastre di cemento, ghiaia in cui
affondare , e gli alberi che, non so come ci riescano, sono senza una foglia
secca, senza che il vento abbia storto un ramo, belli ed imbaccaliti, disciplinati
come mesti soldatini.
In genere in
questi giardini ammaestrati mancano i cespugli e gli arbusti. Pensare che io
abito in terreno collinoso, in cui abbiamo la fortuna di una spontanea macchia mediterranea, il terreno quindi sarebbe ricco di meravigliose piante che non abbisognano di adattamento. Bene, tutti, compresi i nativi del luogo, per prima cosaprima di costruire spianano il terreno, ruspano e mandano in malora la macchia,
le querce, i lecci, i corbezzoli, i mirti, le orchidee selvatiche ormai scomparse, da dirsi : “perdona loro .. chè non sanno quel che fanno!”
Comunque , nelle nostra piccola oasi, sopravvivono allo scempio dei nostri simili
parecchi animaletti.
Venimmo per esempio da Roma con una
grande voliera, ma presto percepimmo
l’assurda crudeltà delle gabbie , e liberammo gli ospiti più robusti regalando quelli che non avrebbero potuto
viver liberi. Dovremmo smetterla di comperare uccelletti, boicottarne il
commercio, imparare a rispettare ogni essere vivente.
D'altra parte è bello vedere gli uccelli vivere in natura,
osservarli liberi, godere il loro svolazzare felici. I giochi e le gare di volo
che inventano i passeri, la timidezza delle Cesene, il canto dei merli, e l’aria
di padronanza delle merle e delle gazze, uno spettacolo che dà impressione di vita , di gioia di vivere, niente a che vedere con la staticità e la irrequietezza spesso isterica degli animali in gabbia.
Comunque gli amici migliori, quelli che al tardo autunno quando arrivano
riempiono di allegria e sembrano salutare la casa con slancio, sono i
pettirossi.
Sono uccelletti comunissimi ovunque e per natura socievoli verso l’uomo; forse per
questo tornando ad ogni stagione ai vecchi nidi, ai vecchi territori, si sono
abituati alla nostra presenza e rispondono
al nostro fischio .Hanno ormai imparato
a guardarsi dalle nostre terribili gatte cacciatrici ed hanno anche
perfezionato le tecniche per entrare, piccoli come sono, nel pollaio e lì con
mia sorpresa, si nutrono dei piccoli semi del “misto” per le papere, di
pezzettini di pasta, non disdegnando poi di razziare il pangrattato delle
mangiatoie dei passeri, mi sembrano i più voraci tra i nostri piccoli ospiti e
soprattutto non sono come dicono i libri specializzati, strettamente
insettivori; il loro canto ricco di note acute e gorgoglii risuona forte al
mattino e se tacciono, basta un fischio, un richiamo per farli arrivare annunciati da acuti e sottili richiami...
tsiii, dei quali col tempo mi sono convinta di saper interpretare il senso. Un pettirosso, tal Zi-Zi che a me piace credere torni ogni anno a fare il nido nel cespuglio di rosa selvatica, se chiamato da me o da mio marito, e se le gatte sono davvero assenti, dopo vari svolazzi intorno alle nostre teste, arriva a posarsi sul piazzale a meno d i un metro da noi e poi, a saltelli ed inchini arriva vicinissimo ai nostri piedi, in qualche modo ti riconcilia col mondo e ti estranea dalle sue brutture. Credo sia proprio ancora l'uccelletto giovanissimo salvato qualche anno fa dalle zanne del mio gattone soriano, o comunque un suo figlio che abbia ricevuto l'imprinting tale da preferire gli stessi cespugli, avere le stesse abitudini, accorrere agli stessi richiami, anche non fosse vero.. è bello crederci
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