Ho sempre percepito, sin da bambina, il
giardino, l'orto , e per estensione tutta la natura meravigliosa che
man mano scoprivo, come luoghi dell'incanto. Magia. Magia era il
picchiettare della pioggia sul rosaio che generoso abbracciava il
contorno della mia finestra, magia il profumo di erba bagnata e il
guizzo dei pesci rossi alle prime gocce che cadevano sulla
superficie della ampia fontana. Ed erano visioni sfuggite dai
racconti e dai libri di fiabe. Evocavano fate e gnomi e castelli
nascosti negli anfratti misteriosi del giardino.
Il tempo da allora è volato, la
magia della natura ancora la percepisco, ma la sento come incanto.
L'incanto sospende il tempo quando il bello produce meraviglia,
stupore , distacco dall'ordinario. Fa bene all'anima, se non altro perchè capita che in questo modo ed in questo mondo arido, magari percepiamo di averne una di anima davanti alla immensa meraviglia del bello, del perfetto, dell'immenso della vita anche nelle piccole realtà.
Non amo incondizionatamente Dante, uno
dei mie limiti, tant'è. Eppure quando lessi per la prima volta il
celebre sonetto: Guido io vorrei che tu Lapo ed io, potevo
al massimo aver 11 anni, ne rimasi attratta. Di certo giocò molto
la musicalità dei versi ( ci insegnavano a legger le poesie ad alta
voce), visto che ne capii poco e dovetti chiede spiegazione ai miei,
fu così che mi innamorai della spiegazione che mi diedero: il
vascello era niente popodimeno che la magica nave del mago Merlino,
sulla quale si viveva nella gioia senza che nessuna tempesta o
altra avversità potessero esser di impedimento mentre si campava gioiosi in
pieno accordo fra tutti e secondo i propri voleri .Una pacchia per
chiunque, fosse esistito un simile eden! I miei mi ribatterono seri che
sarebbe dipeso solo da me trovarlo questo eden.
Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed
io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch'ad
ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio.
sì che fortuna od altro tempo
rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un
talento,
di stare insieme crescesse ’l disio1.
In un certo senso
avevano ragione, di sicuro un mondo incantato sopravvive in ognuno di
noi, dopo di che è affar nostro, se vogliamo, riscoprirlo, ove lo
avessimo dimenticato o seppellito, per meglio e più intensamente
vivere la così detta vita concreta, reale.
Il tempo passa e
si porta via molto di noi, ma non tutto: a me ha lasciato un dono
grande ed imbarazzante, la capacità di vivere l'incanto. Incanto
per la bellezza della natura che ti conduce al sogno, quel senso di
sacro e di mistero che ti distoglie dalla troppa negatività del
mondo. Questo è in fin dei conti il mio “vasel” che ad ogni
vento per mare va al voler mio..
Coltivare,
sia un giardino anche piccolo, che due vasi in un balcone o in un
angolo della casa, una piantina sul davanzale, chiede
attenzione, lavoro, cura.
Tutta questa fatica si traduce in
benessere, in capacità di guardare ed ascoltare. Si chiede l'amico Francesco
Pazienza: "Come ascoltare come guardare ?" . In realtà potrebbe per noi iniziare un percorso di crescita
spirituale, apportatrice di benessere. La mente, quando lavoriamo al giardino, necessariamente si
concentra su altro da noi, perchè se vogliamo avere successo anche
con la più piccola ed umile aromatica, dobbiamo imparare ad
osservarla, spiarla, seguirla, amarla. Se impareremo ad astrarci da
noi stessi, conquisteremo la capacità di esercitare attenzione e
amore per l'altro sia pure un albero, una pianta, un germoglio, un
campo. Vivremo intensamente il qui ed ora addestrando noi stessi , educandoci all'amore ed alla cura dell'altro da noi. Quasi Zen.
Il
sussurro del vento e il mormorio della vita intorno, calmeranno la
nostra mente mentre ci ritagliamo attimi preziosi del nostro tempo
per ricordare a noi stessi d'esser parte della natura. Niente di
meglio per questo che coltivare. Il termine viene dal latino
colere; cultus (participio
passato di colere,
"coltivare"), il suo primo significato è "coltivazione,
cura", e poi "addestramento, educazione, cultura",
"venerazione, adorazione". Quindi la origine di coltivare e
cultura, è la stessa .
Cultura,
la grande assente nel mondo d'oggi. Se poi la usiamo nel senso di
coltivare noi stessi, stiamo indicando la crescita interiore ,
quella volta a “perfezionare le qualità umane ( Riccardo Garbini
2007, Che cos'è la
cultura)
La
cultura quindi è originariamente legata al concetto di cura e di
realizzazione , niente a che vedere con la erudizione, con lo
sfoggio di capacità mnemoniche, o peggio con la scienza e la
tecnica che imperano nel mondo dei tecnocrati. Cura e realizzazione,
tempi non brevi, ma nella epoca del trionfo della tecnologia, si corre, si
pretendono tempi brevi per risultati di beve momento, mordi e fuggi.
E se il vero linguaggio della cultura è semplice perchè il suo fine
è unire, comunicare..creare ponti ( Massimo Angelini ) , quello
della tecnica e dei tecnocrati è complesso, per iniziati, esclude,
non include, al massimo sale in cattedra ed ordina.
Lo
scienziato ed il tecnocrate che applica la scienza o la pseudoscienza,
come nel caso della economia, non contemplano la natura, altro che
incanto, sogno ed altre “bubbole”: guardano al mondo per
manipolarlo, per trasformarlo, per trarne nel più breve tempo
possibile il massimo profitto, perchè la scienza , non nascondiamoci
dietro ad un dito, è strettamente legata al profitto, e non può
essere che così , figurarsi la tecnologia. Galimberti fa questo
esempio illuminante: “ E' come se in un bosco si recassero un poeta
e un falegname: i due non vedrebbero la stessa cosa guardando gli
alberi: il falegname vedrebbe già dei mobili “ E aggiungo io che
se in quel bosco passasse un “industriale della finanza” andrebbe
oltre la visione dei mobili: dopo quelli, la sua immaginazione,
senza remore, si spingerebbe ad immaginare il bosco raso al suolo
per fare ottimo spazio per una monocultura generatrice di proficui
“prodotti finanziari” Una realtà secolare, densa di vita e di
bellezza verrebbe distrutta per un guadagno di breve periodo, per
una sfruttamento intensivo che lascerebbe dietro di sé malerbe ed
inaridimento. Obiettivamente un danno, depauperazione di un
bene comune. Ma dalla aridità di animi che tendono a manipolare,
arricchirsi,sottomettere, senza attenzione per l'uomo, senza
volontà di aver cura per il mondo e per il bene comune, non
deriva necessariamente che aridità, morte, il nulla. Vita contro
Morte. Buon lavoro all'esercito della Vita
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1. hobby Scritto da Marista, il 13-11-2012 10:53 Coltivare orto: visto Nessie quello che sta sucedendo in Italia, la distruzione dovuta alla scellerata imprevidenza dell'uomo, i raccolti quest'anno saranno scarsissimi, dovremo importare. Le conseguenze sono immaginabili. Coltivarci l'orto o comunque servirci degli ortolani a km 0, alla faccia di Mr Monti che non ne comprende la necessità, saranno scelte quasi obbligate. ciao
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2. Orto e giardino Scritto da Nessie , il 11-11-2012 23:11 Anche a me piace coltivare l'orto e ho appena piantato le fave. Era una giornata mortuaria, ma sapevo che sotto la zolla umida (aveva appena piovuto) c'era la vita. Poi ho interrato i bulbi dei narcisi tazzetta, la mia qualità preferita. Ciao Marista
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