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Marista
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Il Tevere e Roma - La canzone del barcarolo e Gabriella Ferri PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
sabato 13 dicembre 2008

























Il Tevere, il fiume di Roma,  odiato ed amato protagonista di eventi ora lieti ora tragici, per qualche ora è tornato  al centro della attenzione.

 Molti Romani   ieri e stanotte sono rimasti in ansia e curiosità  sui ponti a scrutare se per caso arrivasse l'onda di piena, migliaia di foto sono state scattate nella attesa. Un tempo invece si aspettava la piena e nel punto più alto si poneva una bella targa  con una tacca, a ricordo. Roma è piena di questi ricordi, fino a che non furono costruiti gli argini che certo posero rimedio ad un grave problema, ma in un certo senso straniarono il fiume dai romani, oltre a stravolgere paesaggi bellissimi.

Comunque il legame tra i romani ed il loro fiume è ancora vivo e doloroso, viste le condizioni in cui le sue sponde ed il suo bacino, tra alti e bassi in cui i bassi prevalgono insieme ai proclami ed alle promesse, vengono tenute.

Stamane mi son svegliata con una canzone famosissima nella testa : il barcarolo.
La ricordo cantata da Gabrilella Ferri ,  mi riporta ad una sera d'estate di anni fa, quando Gabriella  abitava  ancora a Campo dè fiori e pareva che da quella piazza non dovesse mai andarsene, che lei e la Piazza fossero un tutto uno.

Eravamo in molti seduti ai tavoli del Ristorante " La carbonara", come spesso accadeva c'era  Gabriella e si parlava, ( lei molto poco) quando  qualcuno le mise in mano una chitarra e la invitammo a gran voce a cantarci questa canzone, fu bravissima come sempre, pure a me sembrò che ci mettesse quella notte più anima del solito, se fosse possibile..  forse perchè si stava tutti insieme parlando della fine di un mondo amato, la  nostra Roma che andava sparendo soffocata e bistrattata dal nuovo che avanzava più rovinoso delle onde barbariche,  e si diceva che a molti  sembrava di udire il lamento  di belva ferita nella notte , ci venne naturale  raffrontarlo  al "ruggire  di leoni" che  descriveva Levi nell'Orologio  : "..Non ho mai capito che cosa producesse quel rumore. Forse invisibili officine, o motori di automobili sulle salite? O forse il suono nasce, più che da un fatto presente, dal profondo della memoria, quando tra il Tevere ed i boschi, sulle pendici solitarie, si aggiravano le belve e le lupe allattavano ancora i fanciulli abbandonati?.... E’ un rumore pieno d’ozio, come uno sbadiglio belluino, indeterminato e terribile…" Ma tutto stava rovinando e il canto di Gabriella inumidì gli occhi di molti di noi, ci suonò come un epitaffio e col tempo ne avemmo la conferma , molti di noi che hanno potuto la hanno abbandonata la città tanto amata e tanto mal trattata ed incompresa dalle troppe genti venute come padrone e senza poter capire. Ce ne siamo andati  nei dintorni, la natura benigna, prima di cedere  del tutto anche  qui negli eremi di provincia  palazzinari ed al  political- cafonal ricco  ed imperante, ci consola benigna, mentre inesorabile in tempo ci distacca dalle ansie, invechiando si impara ad accettare anche i barbari oltre alle calamità naturali.

la canzone del barcarolo , e segue testo :

http://www.youtube.com/watch?v=pmiqqpiW378




Balzani-Pizzicaria

1926

 

Vincitrice della gara musicale di San Giovanni del 1926 è forse la canzone romana più famosa nel mondo e che conta un vasto numero di incisioni e rielaborazioni.

Dall'anno della sua presentazione non vi è stato praticamente spettacolo o manifestazione dedicata a Roma, in cui non si sia sentita cantare la malinconica melodia del barcarolo.




 

Quanta pena stasera...
C'è sur fiume che fiotta così
Sfortunato chi sogna e chi spera.
Tutti ar monno dovemo soffrì
Si c'è 'n'anima che cerca la pace
Può trovalla sortanto che qui...

Er barcarolo va contro corente
E quanno canta l'eco s'arisente
Si è vero fiume che tu dai la pace.
Fiume affatato fammela trovà...
 

Più d'un mese è passato
Da quel giorno ch'io dissi: "A Ninè...
Quest'amore è ormai tramontato"
Lei rispose: "Lo vedo da me..."
Sospirò, poi me disse: "Addio còre...
Io però nun me scordo de te!".

Je corsi appresso ma, nun l'arivai
La cerco ancora e nun la trovo mai
Si è vero fiume che tu dai la pace.
Me so' pentito fammela trovà...

 

Proprio sotto ar battello
S'ode un tonfo ed un grido più 'n là.
S'ariggira je fa' er mulinello
Poi riaffonna e riassomma più 'n là
Soccorete è 'na donna affogata
Poveraccia penava chissà!?

 

La luna da lassù fa' capoccella
Rischiara er viso de Ninetta bella
Cercava pace ed io nun je l'ho data.
Boiaccia fiume je l'hai data tu!


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