Il Tevere, il fiume di Roma, odiato ed amato protagonista di eventi
ora lieti ora tragici, per qualche ora è tornato al centro della
attenzione.
Molti Romani ieri e stanotte sono rimasti in ansia e curiosità sui
ponti a scrutare se per caso arrivasse l'onda di piena, migliaia di
foto sono state scattate nella attesa. Un tempo invece si aspettava la
piena e nel punto più alto si poneva una bella targa con una tacca, a
ricordo. Roma è piena di questi ricordi, fino a che non furono
costruiti gli argini che certo posero rimedio ad un grave problema, ma
in un certo senso straniarono il fiume dai romani, oltre a stravolgere
paesaggi bellissimi.
Comunque il legame tra i romani ed il loro fiume è ancora vivo e
doloroso, viste le condizioni in cui le sue sponde ed il suo bacino,
tra alti e bassi in cui i bassi prevalgono insieme ai proclami ed alle
promesse, vengono tenute.
Stamane mi son svegliata con una canzone famosissima nella testa : il barcarolo.
La ricordo cantata da Gabrilella Ferri , mi riporta ad una sera
d'estate di anni fa, quando Gabriella abitava ancora a Campo dè
fiori e pareva che da quella piazza non dovesse mai andarsene, che lei
e la Piazza fossero un tutto uno.
Eravamo in molti seduti ai tavoli del Ristorante " La carbonara", come
spesso accadeva c'era Gabriella e si parlava, ( lei molto poco)
quando qualcuno le mise in mano una chitarra e la invitammo a gran
voce a cantarci questa canzone, fu bravissima come sempre, pure a me
sembrò che ci mettesse quella notte più anima del solito, se fosse
possibile.. forse perchè si stava tutti insieme parlando della fine di
un mondo amato, la nostra Roma che andava sparendo soffocata e
bistrattata dal nuovo che avanzava più rovinoso delle onde barbariche,
e si diceva che a molti sembrava di udire il lamento di belva ferita
nella notte , ci venne naturale raffrontarlo al "ruggire di leoni"
che descriveva Levi nell'Orologio : "..Non ho mai capito che cosa
producesse quel rumore. Forse
invisibili officine, o motori di automobili sulle salite? O forse il
suono
nasce, più che da un fatto presente, dal profondo della memoria, quando
tra il
Tevere ed i boschi, sulle pendici solitarie, si aggiravano le belve e
le lupe
allattavano ancora i fanciulli abbandonati?.... E’ un rumore pieno
d’ozio, come
uno sbadiglio belluino, indeterminato e terribile…" Ma tutto stava
rovinando e il canto di Gabriella inumidì gli occhi di molti di noi, ci
suonò come un epitaffio e col tempo ne avemmo la conferma , molti di noi che hanno potuto la hanno abbandonata la città tanto amata e tanto mal trattata ed incompresa dalle troppe genti venute come padrone e senza poter capire. Ce ne siamo andati nei dintorni, la natura benigna, prima di cedere del tutto anche qui negli eremi di provincia palazzinari ed al political- cafonal ricco ed imperante, ci consola benigna, mentre inesorabile in tempo ci distacca dalle ansie, invechiando si impara ad accettare anche i barbari oltre alle calamità naturali.
la canzone del barcarolo , e segue testo :
http://www.youtube.com/watch?v=pmiqqpiW378
Balzani-Pizzicaria
1926
Vincitrice della gara musicale di San Giovanni del 1926 è forse la
canzone romana più famosa nel mondo e che conta un vasto numero di
incisioni e rielaborazioni.
Dall'anno della sua presentazione non vi è stato praticamente spettacolo
o manifestazione dedicata a Roma, in cui non si sia sentita cantare la
malinconica melodia del barcarolo.
Quanta pena stasera...
C'è sur fiume che fiotta così
Sfortunato chi sogna e chi spera.
Tutti ar monno dovemo soffrì
Si c'è 'n'anima che cerca la pace
Può trovalla sortanto che qui...
Er barcarolo va contro corente
E quanno canta l'eco s'arisente
Si è vero fiume che tu dai la pace.
Fiume affatato fammela trovà...
Più d'un mese è passato
Da quel giorno ch'io dissi: "A Ninè...
Quest'amore è ormai tramontato"
Lei rispose: "Lo vedo da me..."
Sospirò, poi me disse: "Addio còre...
Io però nun me scordo de te!".
Je corsi appresso ma, nun l'arivai
La cerco ancora e nun la trovo mai
Si è vero fiume che tu dai la pace.
Me so' pentito fammela trovà...
Proprio sotto ar battello
S'ode un tonfo ed un grido più 'n là.
S'ariggira je fa' er mulinello
Poi riaffonna e riassomma più 'n là
Soccorete è 'na donna affogata
Poveraccia penava chissà!?
La luna da lassù fa' capoccella
Rischiara er viso de Ninetta bella
Cercava pace ed io nun je l'ho data.
Boiaccia fiume je l'hai data tu!
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