La leggenda dello splendente uccello di fuoco, mitico animale che
risorge dalle proprie ceneri, attrae ed affascina da sempre l'uomo.
Ha
origini sciamaniche, deriva dalla tradizione mongolo-siberiana in cui
il re - sacerdote sciamano in sogno o durante la danza rituale
ascendeva lungo il tronco dell'albero cosmico su fino al sole per
tornare sulla terra, diventando così uomo - luce, che poi altro non
sta a simboleggiare che la trasformazione spirituale dello sciamano
che , passato attraverso i molteplici livelli dell'essere, diventa
spiritualmente immortale.
Nove mondi ricordo
nove sostegni,
e l'albero misuratore, eccelso
che penetra la terra.
L'albero misuratore è l' Yggdrasill il grande frassino che si leva al centro dell'universo e rappresenta la continuità e la vita stessa dei nove mondi
.
La concezione sciamanica dell'uccello fenice, la troviamo presente in tutto l'est, fino alla Siberia. Nelle tradizioni orientali abbiamo infatti, rapportabili alla fenice ,diversi uccelli simbolici, mentre già sin dalle origini del teatro sia indiano che mongolo o tibetano, vediamo gli attori mimare il volo fiammeggiante della fenice, simbolo del sole, della forza cosmica del principio generatore della vita, della immortalità dello spirito liberato dalle scorie della umana limitatezza.
In sostanza questo mito , questo mistero , viene ripreso ed elaborato, variato e curato in tutte le civiltà ed arriva anche nel mondo occidentale greco e latino, sempre collegato al ciclo cosmico.
Ovidio : Ovidio nelle Metamorfosi - XV,392 - colloca la fenice in Assiria:
Esiste un uccello che da solo si rinnova e si riproduce:
gli Assiri lo chiamano fenice; non vive di frutti né di erbe,
ma di lacrime d'incenso e di succo di cardamomo.
Naturale che dal mondo romano venisse poi accolto anche dalla simbologia Cristiana quale segno della resurrezione di Cristo.
La leggenda dell'uccello di fuoco in sé è suggestiva, in ambito egiziano per esempio si credeva che esistesse il Bennu , un uccello sacro identificato con la Fenice, che rappresentava il Ba , l'anima del dio Ra il sole, di cui infatti era l'emblema, così che nel tardo periodo il geroglifico raffigurante il Bennu era usato per rappresentare il dio sole.
La cosmogonia eliopolitana racconta che l'uccello sorse dalle fiamme di un albero sacro, e che il suo canto era talmente divino che lo stesso dio Ra arrestava la sua barca per ascoltarlo.
Raffigurato come l'Airone che si posava sulla sommità delle rocce che sbucavano dopo l'inondazione del Nilo, il suo ritorno fu considerato segno di un periodo di ricchezza e fertilità.
Quindi la fenice fu espressione della forza dell'Universo in ogni cultura, oltre che espressione del ciclo cosmico e del rinascere della vita, ma anche del cammino purificatore dello spirito necessario per potere accedere al mondo ultraterreno, alla nuova vita.
"Io sono Fenice, rinata dalle ceneri, più forte, più pura e più bella che mai;
io sono lo Spirito che continua a vivere in eterno, dopo che si è liberato dal corpo mortale.
Conosciuta dagli uomini delle terre dell'Est e dell'Ovest,
gli antichi Egizi mi chiamarono Bennu, la splendente, uccello di fuoco,
l'anima di Ra il sole, l'araldo di tutte le cose a venire.
Io sono scesa sulla Terra per annunciare l'avvento della luce,
colei che scandisce il tempo in giorno e notte, in anni e cicli.
Da Osiride mi venne il dono dell'immortalità e la corona piumata.
Io sono Fenice, uccello di fiamme, creatura dell'aria
che vola libera e inarrestabile per indicare il cammino delle stelle.
Io sono il fulgido esempio all'uomo perché acquisisca dalla distruzione delle sue scorie l'energia primigenia, e con essa si liberi nuovamente in volo.
Io sono Fenice, libera, battagliera, forte e fiera."
Normale che gli alchimisti chiamassero l'uccello fenice a rappresentare la fase finale della Grande Opera: la rinascita della personalità; esso ( l'uccello fenice è sempre maschio) è un uccello bellissimo e mitico , rosso come il fuoco creatore ( da qui il nome), capace di dissolvere le tenebre e la morte, simbolo dell'anima liberata dalla limitatezza della natura umana che ricrea se stessa.
Un mito che non morirà mai, presente ovunque nelle diverse civiltà, come potremmo abbandonare il sogno della rinascita , il sogno di chi non si accontenta della immortalità, ma vuole di più, vuole trovare attraverso la morte qualcosa di diverso, di nuovo , di mondato dal male di vivere conosciuto.
E la mente va a Baudelaire, poeta ora attualissimo e moderno, che con i suoi "fiori del male" , dopo aver descritto quei paradisi artificiali che illusoriamente confortano l'uomo dalle proprie debolezze, si lascia e ci lascia uno spiraglio una speranza di riscatto nell'ultimo "voyage", il Viaggio con la morte, " Le voyage " è la poesia che chiude l'opera.
IL VIAGGIO
0 Morte, vecchio capitano, è tempo! Sù l'ancora!
Ci tedia questa terra, o Morte!
Verso l'alto, a piene vele!
Se nero come inchiostro
è il mare e il cielo,
sono colmi di raggi
i nostri cuori, e tu lo sai!
Su, versaci il veleno
perché ci riconforti!
E tanto brucia nel cervello
il suo fuoco.
che vogliamo tuffarci nell'abisso
Inferno o Cielo cosa importa ? -
discendere l'Ignoto nel trovarvi
nel fondo alfine il nuovo
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1. Scritto da
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, il 19-11-2009 01:32 Franco davvero quello che mi scrivi mi fa un gran piacere, un grazie ed un salutone marista
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2. Scritto da
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, il 18-11-2009 20:47 Salve. Cara Marista non tí si può dire che: BRAVA. Il tuo modo di descrivere la Fenice e semplicemete fantastico, la prosa che proponi poi e lungimirante e senza tempo. Auguronen per altri post in futuro, e sempre un piacere leggerli. Salutönen
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