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Leggere & Scrivere da L'Orologio di C. Levi ad oggi in cerca di un Atreyu contro il Grande Nulla PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
martedė 28 dicembre 2010
la storia infinita

Mentre scrivo questo appunto, Natale è in dirittura di arrivo, ne farò un post da pubblicare dopo il 25 dicembre.

I giorni di festa permettono a chi lo vuole, di avere un poco più di tempo da impegnare a proprio piacimento, io mi concederò in questo periodo due libri, anzitutto rileggerò con  molta attenzione “L’Orologio” di Carlo Levi, pubblicato nel 1950.

Mi piace rileggere i vecchi libri, confrontare le mie impressioni di oggi cone quelle di allora, e poi siamo in tempi particolari, grandi sconvolgimenti si stanno attuando, anche se sono convinta che, alla fine della festa, a parte il solito passaggio di risorse dai meno abbienti verso chi più ha, in realtà nulla cambierà, un po' come se fossimo mosche in un bicchiere, eternamente rigettate verso il fondo, e noi lì tenaci a ricominciare la scivolosa scalata.



mosche nel bicchiere

Si, i tempi che stiamo vivendo richiedono che questo libro  degli anni 50 venga letto o riletto a seconda dei casi . La speranza è che questo popolo che ancora deve nascere, quello Italiano intendo,  povero assembramento male abbozzato, cominci ad assumere un minimo di cosapevolezza di sè, dei propri limiti e, perchè no, delle proprie virtù.

"Nella mobile durata e insieme nel muoversi meccanico delle lancette dell'orologio, si svolge l'eterna vicenda delle infinite sorti individuali", cosi' l'autore nella prefazione.

La Roma del dopoguerra, la Roma dei Ministeri, opportunista, pigra ed un po' cialtrona viene contrapposta a quella produttiva, quella, per intenderci, delle persone che si affidano al proprio lavoro piuttosto che all'inciucio, diremmo oggi, ed al favoritismo. E osserva Levi come dopo la guerra, quella Roma che ancora credeva al rispetto delle regole e degli altri, si rivela essere espressa da una classe perdente di fronte a coloro che comandano sul più piccolo mentre servono il potente (i Luigini li chiama Levi), e sono i piccoli burocrati, sempre in armonia con gli opportunisti e gli imprenditori con i soldi degli altri, i sepolcri imbiancati e i corporativi, i profittatori e i "letterati dell'Arcadia". Leggendo certi passaggi del libro ci si sorprende per come nostro oggi sembri una fotocopia degli anni 50 ivi narrati.

L’Orologio muove quindi le sue lancette, segna il tempo, ma l'Italia in realtà non evolve, solo le sorti degli individui seguono il tempo inesorabile che avanza, mentre il Paese  nel suo complesso sembra immobilizzato, come preda di un maleficio. Un terribile destino pare averci condannato ad una eterna  adolescenza, gli Italiani nascono, vivono, muoiono,  sognando di cambiare , sperando, ma nulla in sostanza cambia, e tutto appare pervaso dal meschino grigiore appena mitigato  dalle speranze per un futuro che in realtà, nel dipanarsi del racconto, comprendiamo bene , l’autore non si aspetta affatto si realizzeranno. Come avrebbero potuto? Già erano evidenti i nostri  limiti : il vecchio male aveva incrostato di sé ogni angolo, e gli animi, i parassiti, le piccole viltà erano le stesse di sempre. Levi denuncia la presenza a Roma di personaggi apatici, annoiati e cattivi, espressione del miserume secolare  di una  classe dedita a bloccare, frenare,  onde poter meglio  , insensibile e sorda ad ogni interesse che riguardasse la collettività, badare ai  propri piccoli e meschini affarucci di ometti insignificanti , senza anima, senza orizzonti, ma pieni di sé, del loro nulla. Epperò , anche se questo era certo vero allora come ora, nella denuncia così come la esprime Levi, cè un limite che con il tempo i fatti hanno evidenziato, in seconda lettura , a distanza di tanto tempo. me ne rendo conto: non solo a Roma, non solo nei Ministeri della capitale c'erano e ci sono i "luigini", caratterizzati anzi tutto dalla mancanza di spirito civico e dalla ristretteza degli orizzonti. Essi purtroppo sono ovunque al nord come al sud ed al centro e questo condanna noi Italiani ad una vita sostanzialmente gretta, sospettosa, che soffoca e mortifica ogni slancio spontaneo.



Ritrovo   leggendo le pagine dell' Orologio, quello che ho visto, quello che ho provato essendo capitata a "lavorare " per un brevissimo periodo in un Ministero , ed essendone fuggita, senza mai pentirmene. Ne provo dolore, perché so che è la nostra una maledizione  difficilmente  neutralizzabile, ci mancano radici e tradizioni che ci facciano amare il paese, che ce lo facciano sentire nostro e che ci facciano sentire italiani , connazionali e parte di un progetto comune. Siamo inece divisi, catalogati, opposti e costretti al sospetto gli uni verso gli altri. A volte , dati i tempi che viviamo in Europa, mi viene il folle sospetto che su di noi un dio cattivo abbia compiuto una specie di esperimento per capire come si fa a distruggere un Paese con una operazione a tenaglia: dal basso e dall'alto, semplicemente ponendo nei posti chiave tipologie di uomini meschini ed invidiosi, che frenano ed odiano. Se così fosse, il carcinoma iniettato nel nostro paese, si starebbe espandendo per l'Europa!

 

Fantasie a parte, cosi’ Carlo Levi fa  raccontare a Ferrari , letterato , impoverito dalla guerra ed  entrato al Ministero “pieno di illusioni”, la sua esperienza ministeriale.

 

“ Un  Ministero. Voi non sapete cos’è un Ministero. Nessuno lo sa, se non ci sta dentro. Non è neanche immaginabile. E’ un mondo sconosciuto, sotterraneo, infernale. E’ la raccolta miracolosa di tutte le  miserie, di tutti i vizi, di tutte le bassezze; una coltura di pura miserabilità. Badate: io non mi lagno. Personalmente ci sto benissimo: non  ho assolutamente niente da fare. Lo stipendio è piccolo, ma che cosa potrei pretendere di più? E’ una sinecura. In tre mesi che ci sono, ho avuto solo un incarico: scrivere due o tre paginette di relazione….Ero entrato pieno di illusioni: ho chiesto .. al capoufficio che mi desse da fare. Mi ha guardato stupefatto ed offeso… Quei muri isolano dal mondo fuori una casta chiusa di piccoli borghesi degenerati e miserabili, sordi e ciechi ed insensibili a tutto se non ai loro piccoli bisogni, alla loro omertà, ai loro  intrighi talmente piccoli i meschini da risultare incomprensibili…..la pigrizia, la avarizia, e l’invidia. Sono i tre vizi propri di quella borghesi incapace.. che cerca dominio.. che è pigra perché non sa fare nulla, non sa adoperare le mani, e neppure la mente… che è avara perché è povera e pretenziosa; che trova nell’invidia il compenso alla propria miseria…. Tutto questo è tenuto insieme da un potente spirito di casta, da un legame stretto come quello della camorra e della mafia..”.. I ministri sono impotenti di fronte a loro : gli uscieri, gli ultimi degli uscieri li guardano dall’alto in basso…c’era qualche buon funzionario, naturalmente, che si sobbarcava da solo il lavoro per tutti gli altri parassiti, e che erano quelle, le prime vittime del sistema,…” Un po' duro, ma cè molta verità in quello che denuncia.

 

Ed il sistema è ancora là immobile, parassitario, basato sul ricatto e sullo sfruttamento, racconta nel romanzo Ferrari che se un Ministro troppo  zelante si propone di apportare cambiamenti, le pratichi scompaiono, accadeva anche ai miei tempi, temo accada ancora oggi, dice Levi “ .. tutto è inghiottito nelle sabbie mobili “.. uno sterminato labirinto ove tutto si perde 

Ancora oggi, questi sono i nostri uffici pubblici, ma anche le nostre spa di servizi e tutto l’ambaradan arraffone e pasticcione  che  blocca la nostra vita. Un esercito dedito per lo più allo studio di nuove scartoffie da onorare con nuovi bolli e nuove file insulse, per poi esser buttate sotto una scrivania perché te le possano nuovamente richiedere e tu possa pagare nuovi bolli, nuove more, nuovi strozzini.  Pressocchè tutta L'Italia è afflitta da questo cancro a piccole cellule, libere e micidiali I Luigini così vogliono vivere e prosperare, sempre  liberi di fare  e disfare, liberi distruggere, soffocare, opprimere il debole.

Ed oggi è forse peggio di allora, quando ancora avevamo , sebben divisi ed opposti sapientemente gli uni contro gli altri, il senso dei valori che si accompagnava in molti alla consapevolezza di avere dei doveri verso gli altri, doveri che scandivano in un certo senso la vita di ogni giorno , insieme ai sentimenti. Tutto questo si è perso, non solo non lo si è sviluppato ed arricchito, ma lo si è perso, via i valori e via i sentimenti, come bene ha intuito De Rita (Censis), che ha evidenziato come nella società attuale le emozioni abbiano preso il posto dei sentimenti, ma le emozioni sono passeggere, non responsabilizzano, vogliono esser soddisfatte, fanno parte del mondo individuale, un mondo di diritti presunti che allegeriscono la coscienza a chi fa il proprio comodo a scapito degli altri. Ne deriva un decadimento della vita di relazione, un involgarimento degli animi, e questo si riflette anche nella vita lavorativa, segnata dalla indifferenza per l'altro, tesa all'apparire ed all'aver per sè. Ed è così che lentamente stiamo scivolando verso l'inferno dell'egoismo, della prepotenza, della truffa, della sopraffazione, senza che i truffatori ed i sopraffattori ne abbiano coscienza, ed è questa la peggior disgrazia che possa capitare ad un Paese ed ai suoi cittadini

 Sembra quasi che non se ne possa uscire da simile inferno. Eppure non è così. Dobbiamo evitare di cadere vittime del nero nulla dei meschini e degli avidi. Nella bellissima favola della Storia Infinita, ricordate? Compariva il giovane Atreyu , eroe che salvava un granello di sabbia , il suo granello di sabbia sottratto al nulla bastava. Una favola. Noi di giovani Atreyu però ne abbiamo tanti, ognuno con il suo potenziale granello di sabbia da sottrarre al Grande Nulla.

Noi davvero possiamo sconfiggere il nulla di migliaia di omuncoli e donnicciole rosi dalla invidia e dalla avidità, (che poi non sono così nettamente divisi come racconta Levi, ed è forse meglio così, in due blocchi, da una parte i buoni dall'altra i cattivi).

Dobbiamo solo ritrovare o scoprire la voglia di vivere, imparare a guardare la vita con occhi puliti ed intelletto puro, imparare a viverla questa vita ed a rispettare gli altri tanto da lasciarla vivere anche a loro, al nostro prossimo, la vita.

Come vincere i meschini, gli invidiosi, i pronti a tutto pur di possedere e distruggere, gli avidi di potere e poveri di capacità ? Cercando di individuare e riunire l'esercito fin ora silenzioso e pronto a sgobbare, dei semplici, di coloro che fanno e producono, ( dei contadini come li intende Levi) , che la vita la vivono in prima persona e non parassitando, ma seguendo un ideale, un sogno per creare un futuro, non accontentandosi , come troppi in questo paese fanno,di vivere delle macerie che essi stessi , con stupida cattiveria , provocano; individuando insomma il lato positivo degli italiani, pubblicizzandolo, mostrandolo ad esempio ai giovani fra i quali ci sono insospettabili Atreyu pronti a viverla la vita, se noi non gli daremo le solite bastonate sulle gambe per fermarli.

Ed a questa riflessione mi ci ha condotto appunto la mia seconda lettura di cui vi scriverò nel prossimo post che tratterà di amore, come lo ha sentito, vissuto, ragionato, un giovane sconosciuto ( ancora per poco) scrittore: Gianluca Bonucci,   che racconta il suo avventuroso viaggio nel mondo dei sentimenti, quelli che la nostra società e troppi giovani, stanno perdendo, senza nemmeno rendersene conto.




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