Mentre scrivo questo appunto, Natale è in dirittura di
arrivo, ne farò un post da pubblicare dopo il 25 dicembre.
I giorni di festa permettono a chi lo vuole, di avere un poco
più di tempo da impegnare a proprio piacimento, io mi concederò
in questo periodo due libri, anzitutto rileggerò con molta
attenzione “L’Orologio” di Carlo Levi, pubblicato nel 1950.
Mi piace rileggere i vecchi libri, confrontare le mie impressioni
di oggi cone quelle di allora, e poi siamo in tempi particolari,
grandi sconvolgimenti si stanno attuando, anche se sono convinta
che, alla fine della festa, a parte il solito passaggio di risorse
dai meno abbienti verso chi più ha, in realtà nulla cambierà,
un po' come se fossimo mosche in un bicchiere, eternamente rigettate
verso il fondo, e noi lì tenaci a ricominciare la scivolosa
scalata.
Si, i tempi che stiamo vivendo richiedono che questo libro
degli anni 50 venga letto o riletto a seconda dei casi . La speranza è che questo
popolo che ancora deve nascere, quello Italiano intendo,
povero assembramento male abbozzato, cominci ad assumere un minimo di
cosapevolezza di sè, dei propri limiti e, perchè no, delle proprie
virtù.
"Nella mobile durata e insieme nel muoversi meccanico
delle lancette dell'orologio, si svolge l'eterna vicenda delle
infinite sorti individuali", cosi'
l'autore nella prefazione.
La Roma del dopoguerra, la Roma dei Ministeri, opportunista,
pigra ed un po' cialtrona viene contrapposta a quella produttiva,
quella, per intenderci, delle persone che si affidano al proprio
lavoro piuttosto che all'inciucio, diremmo oggi, ed al favoritismo.
E osserva Levi come dopo la guerra, quella Roma che ancora credeva
al rispetto delle regole e degli altri, si rivela essere espressa
da una classe perdente di fronte a coloro che comandano sul più
piccolo mentre servono il potente (i Luigini li chiama Levi),
e sono i piccoli burocrati, sempre in armonia con gli opportunisti
e gli imprenditori con i soldi degli altri, i sepolcri imbiancati e i
corporativi, i profittatori e i "letterati dell'Arcadia".
Leggendo certi passaggi del libro ci si sorprende per come nostro
oggi sembri una fotocopia degli anni 50 ivi narrati.
L’Orologio muove quindi le sue lancette, segna il tempo,
ma l'Italia in realtà non evolve, solo le sorti degli individui
seguono il tempo inesorabile che avanza, mentre il Paese nel
suo complesso sembra immobilizzato, come preda di un maleficio. Un
terribile destino pare averci condannato ad una eterna
adolescenza, gli Italiani nascono, vivono, muoiono, sognando
di cambiare , sperando, ma nulla in sostanza cambia, e tutto
appare pervaso dal meschino grigiore appena mitigato dalle
speranze per un futuro che in realtà, nel dipanarsi del racconto,
comprendiamo bene , l’autore non si aspetta affatto si
realizzeranno. Come avrebbero potuto? Già erano evidenti i nostri
limiti : il vecchio male aveva incrostato di sé ogni angolo,
e gli animi, i parassiti, le piccole viltà erano le stesse di
sempre. Levi denuncia la presenza a Roma di personaggi apatici,
annoiati e cattivi, espressione del miserume secolare di una
classe dedita a bloccare, frenare, onde poter meglio ,
insensibile e sorda ad ogni interesse che riguardasse la
collettività, badare ai propri piccoli e meschini affarucci di
ometti insignificanti , senza anima, senza orizzonti, ma pieni di sé,
del loro nulla. Epperò , anche se questo era certo vero allora come
ora, nella denuncia così come la esprime Levi, cè un limite che
con il tempo i fatti hanno evidenziato, in seconda lettura , a
distanza di tanto tempo. me ne rendo conto: non solo a Roma, non solo
nei Ministeri della capitale c'erano e ci sono i "luigini",
caratterizzati anzi tutto dalla mancanza di spirito civico e dalla
ristretteza degli orizzonti. Essi purtroppo sono ovunque al nord
come al sud ed al centro e questo condanna noi Italiani ad una
vita sostanzialmente gretta, sospettosa, che soffoca e mortifica
ogni slancio spontaneo.
Ritrovo leggendo le pagine dell' Orologio,
quello che ho visto, quello che ho provato essendo capitata a
"lavorare " per un brevissimo periodo in un Ministero , ed
essendone fuggita, senza mai pentirmene. Ne provo dolore, perché
so che è la nostra una maledizione difficilmente
neutralizzabile, ci mancano radici e tradizioni che ci facciano amare
il paese, che ce lo facciano sentire nostro e che ci facciano
sentire italiani , connazionali e parte di un progetto comune. Siamo
inece divisi, catalogati, opposti e costretti al sospetto gli uni
verso gli altri. A volte , dati i tempi che viviamo in Europa, mi
viene il folle sospetto che su di noi un dio cattivo abbia compiuto
una specie di esperimento per capire come si fa a distruggere un
Paese con una operazione a tenaglia: dal basso e dall'alto,
semplicemente ponendo nei posti chiave tipologie di uomini meschini
ed invidiosi, che frenano ed odiano. Se così fosse, il carcinoma
iniettato nel nostro paese, si starebbe espandendo per l'Europa!
Fantasie a parte, cosi’ Carlo Levi fa raccontare a Ferrari
, letterato , impoverito dalla guerra ed entrato al Ministero
“pieno di illusioni”, la sua esperienza ministeriale.
“ Un Ministero. Voi non sapete cos’è un Ministero.
Nessuno lo sa, se non ci sta dentro. Non è neanche immaginabile. E’
un mondo sconosciuto, sotterraneo, infernale. E’ la raccolta
miracolosa di tutte le miserie, di tutti i vizi, di tutte le
bassezze; una coltura di pura miserabilità. Badate: io non mi lagno.
Personalmente ci sto benissimo: non ho assolutamente niente da
fare. Lo stipendio è piccolo, ma che cosa potrei pretendere di più?
E’ una sinecura. In tre mesi che ci sono, ho avuto solo un
incarico: scrivere due o tre paginette di relazione….Ero entrato
pieno di illusioni: ho chiesto .. al capoufficio che mi desse da
fare. Mi ha guardato stupefatto ed offeso… Quei muri isolano dal
mondo fuori una casta chiusa di piccoli borghesi degenerati e
miserabili, sordi e ciechi ed insensibili a tutto se non ai loro
piccoli bisogni, alla loro omertà, ai loro intrighi talmente
piccoli i meschini da risultare incomprensibili…..la pigrizia, la
avarizia, e l’invidia. Sono i tre vizi propri di quella borghesi
incapace.. che cerca dominio.. che è pigra perché non sa fare
nulla, non sa adoperare le mani, e neppure la mente… che è avara
perché è povera e pretenziosa; che trova nell’invidia il compenso
alla propria miseria…. Tutto questo è tenuto insieme da un potente
spirito di casta, da un legame stretto come quello della camorra e
della mafia..”.. I ministri sono impotenti di fronte a loro : gli
uscieri, gli ultimi degli uscieri li guardano dall’alto in
basso…c’era qualche buon funzionario, naturalmente, che si
sobbarcava da solo il lavoro per tutti gli altri parassiti, e che
erano quelle, le prime vittime del sistema,…” Un po' duro, ma cè molta verità in quello che denuncia.
Ed il sistema è ancora là immobile, parassitario, basato sul
ricatto e sullo sfruttamento, racconta nel romanzo Ferrari che
se un Ministro troppo zelante si propone di apportare
cambiamenti, le pratichi scompaiono, accadeva anche ai miei tempi,
temo accada ancora oggi, dice Levi “ .. tutto è inghiottito nelle
sabbie mobili “.. uno sterminato labirinto ove tutto si perde
Ancora oggi, questi sono i nostri uffici pubblici, ma anche le
nostre spa di servizi e tutto l’ambaradan arraffone e pasticcione
che blocca la nostra vita. Un esercito dedito per lo più
allo studio di nuove scartoffie da onorare con nuovi bolli e nuove
file insulse, per poi esser buttate sotto una scrivania perché te le
possano nuovamente richiedere e tu possa pagare nuovi bolli, nuove
more, nuovi strozzini. Pressocchè tutta L'Italia è
afflitta da questo cancro a piccole cellule, libere e micidiali I
Luigini così vogliono vivere e prosperare, sempre liberi di
fare e disfare, liberi distruggere, soffocare, opprimere il
debole.
Ed oggi è forse peggio di allora, quando ancora avevamo , sebben
divisi ed opposti sapientemente gli uni contro gli altri, il senso
dei valori che si accompagnava in molti alla consapevolezza di avere
dei doveri verso gli altri, doveri che scandivano in un certo senso
la vita di ogni giorno , insieme ai sentimenti. Tutto questo si è
perso, non solo non lo si è sviluppato ed arricchito, ma lo si è
perso, via i valori e via i sentimenti, come bene ha intuito De Rita
(Censis), che ha evidenziato come nella società attuale le emozioni
abbiano preso il posto dei sentimenti, ma le emozioni sono
passeggere, non responsabilizzano, vogliono esser soddisfatte, fanno
parte del mondo individuale, un mondo di diritti presunti che
allegeriscono la coscienza a chi fa il proprio comodo a scapito degli
altri. Ne deriva un decadimento della vita di relazione, un
involgarimento degli animi, e questo si riflette anche nella vita
lavorativa, segnata dalla indifferenza per l'altro, tesa all'apparire
ed all'aver per sè. Ed è così che lentamente stiamo scivolando
verso l'inferno dell'egoismo, della prepotenza, della truffa, della
sopraffazione, senza che i truffatori ed i sopraffattori ne abbiano
coscienza, ed è questa la peggior disgrazia che possa capitare ad un
Paese ed ai suoi cittadini
Sembra quasi che non se ne possa uscire da simile inferno.
Eppure non è così. Dobbiamo evitare di cadere vittime del nero
nulla dei meschini e degli avidi. Nella bellissima favola della
Storia Infinita, ricordate? Compariva il giovane Atreyu , eroe che
salvava un granello di sabbia , il suo granello di sabbia sottratto
al nulla bastava. Una favola. Noi di giovani Atreyu però ne
abbiamo tanti, ognuno con il suo potenziale granello di sabbia da
sottrarre al Grande Nulla.
Noi davvero possiamo sconfiggere il nulla di migliaia di omuncoli
e donnicciole rosi dalla invidia e dalla avidità, (che poi non sono
così nettamente divisi come racconta Levi, ed è forse meglio così,
in due blocchi, da una parte i buoni dall'altra i cattivi).
Dobbiamo solo ritrovare o scoprire la voglia di vivere, imparare
a guardare la vita con occhi puliti ed intelletto puro, imparare a
viverla questa vita ed a rispettare gli altri tanto da lasciarla
vivere anche a loro, al nostro prossimo, la vita.
Come vincere i
meschini, gli invidiosi, i pronti a tutto pur di possedere e
distruggere, gli avidi di potere e poveri di capacità ? Cercando di
individuare e riunire l'esercito fin ora silenzioso e pronto a
sgobbare, dei semplici, di coloro che fanno e producono, ( dei
contadini come li intende Levi) , che la vita la vivono in prima
persona e non parassitando, ma seguendo un ideale, un sogno per
creare un futuro, non accontentandosi , come troppi in questo paese
fanno,di vivere delle macerie che essi stessi , con stupida
cattiveria , provocano; individuando insomma il lato positivo degli
italiani, pubblicizzandolo, mostrandolo ad esempio ai giovani fra i
quali ci sono insospettabili Atreyu pronti a viverla la vita, se noi
non gli daremo le solite bastonate sulle gambe per fermarli.
Ed a
questa riflessione mi ci ha condotto appunto la mia seconda lettura
di cui vi scriverò nel prossimo post che tratterà di amore, come
lo ha sentito, vissuto, ragionato, un giovane sconosciuto ( ancora per
poco) scrittore: Gianluca Bonucci, che racconta il
suo avventuroso viaggio nel mondo dei sentimenti, quelli che la
nostra società e troppi giovani, stanno perdendo, senza nemmeno
rendersene conto.
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