ERRATA CORRIGE: in questo blog il racconto MI RACCONTAVA MIO NONNO è stato erroneamente attribuito al Poeta
Mahmud Darwish, ce ne scusiamo con l'autore: Fares Aljaramneh.
MI RACCONTAVA MIO NONNO
Mi raccontava mio nonno, dei suoi giorni
passati sulla Terra della Palestina, degli anni trascorsi tra le
braccia della Patria. Facendo questo, il lamento delle ferite
attanagliava il suo cuore, e la malinconia si leggeva nei suoi occhi,
facendo questo il sorriso non abbandonava le sue labbra. Era, mio
nonno, una persona semplice che viveva il racconto, tornava con la
memoria oltre i muri del tempo, sfidando il fantasma della
dimenticanza, raccontando con una felicità che copre il mondo, con una
felicità infinita.
Interrompeva di tanto in tanto il suo
racconto per pochi attimi… e tutto diventava intorno a noi montagne di
silenzio, mentre vagava in una vita di immagini, affogando in un mare
di ricordi…di dolori. Poi riprendeva il suo racconto con tutti i
sospiri che gli erano rimasti; ricordo ancora alcune delle sue parole:
“Ritorneremo! la Palestina è cara a noi e non la dimenticheremo! Ma
come si puo'ò dimenticare la Patria, l’amore per la Patria ! Quanto sei
bella, Jaffa, e quanto buono è il tuo arancio…i tuoi figli! Maledetti
coloro che l’hanno venduta ….. coloro che l`hanno tradita”. Dicendo
questo, batteva i pugni sulla terra.
Ho visitato la Palestina
insieme a mio nonno e mia nonna , avevo dieci anni, quando abbiamo
deciso di ritornare alla nostra vecchia casa. Quando vi siamo giunti ho
visto mio nonno ridere come un bambino che incontra la sua mamma dopo
la separazione; come un amante che ritorna nel luogo dove lo attende la
sua innamorata. Che meraviglia quell’incontro! Si sedette sulla terra,
ne prese un pugno, la strinse forte tra le mani baciandola…piangendo….
era un pianto amaro. Si tolse il fazzoletto dalla tasca, ve la depose
dentro e guardando verso di me disse: “ Questa è la nostra Terra figlio
mio”.
Poi volse lo sguardo verso la casa e disse: “ Ritorneremo,
anche se la lontananza durerà a lungo; i giorni hanno piantato nei
nostri cuori un filo di speranza”. Mia nonna come sempre lascio'ò
esprimere al suo silenzio tutto quello che c’era nei suoi profondi,
mentre le sue lacrime cadevano giù, innaffiando la terra della
Palestina. E qui mi viene in mente la frase di uno scrittore :
“Ogni
persona ha una parte di lacrime che le sono state affidate e che un
giorno dovrà restituire”. Quello fu un momento indescrivibile, un
momento di incontro ed abbandono, di sorgere e tramontare, la nascita
di una rosa e la morte di un’altra.
Finita la visita, siamo
ritornati nel paese ospitante, in un campo profughi… ma che destino!
..., siamo diventati profughi; i diritti dell’uomo sono stati messi
sulla punta della freccia… sulla lama della spada … e` stato violentato
il bene mentre il mondo dormiva sognando. Dopo sette anni mia nonna ha
lasciato la vita: ho visto mio nonno piangere tanto, ho sentito le sue
parole :
“No! Mio Dio, non adesso”. Un anno dopo è morto anche
lui; Pochi attimi prima di lasciare la vita, mi stringeva forte la
mano, cercando di parlare, senza riuscirci. Ho capito pero` quello che
lui avrebbe voluto dire, ed adesso sono io a gridare dicendo:
“Ritorneremo!
La Palestina è cara a noi, e non la dimenticheremo … ma come si puo'ò
dimenticare la Patria , l’amore per la Patria! Quanto sei bello, paese
mio, e quanto e' buono il tuo arancio…,le tue olive…,i tuoi figli”. E
sono io, adesso, che con rabbia batto i pugni sulla terra, dicendo:
“Maledetti gli arabi che l’hanno venduta, maledetto sia il mondo, è
stato un grande complotto.”
Sperano nella mia morte…
desiderano la mia sofferenza… chiudono la porta in faccia alle mie
canzoni, per poi lasciarmi solo, abbandonato, smarrito in un lontano
miraggio. Lasciato solo a cercare tra le pagine dei libri le mie
origini… a cercare negli occhi degli altri la mia Patria …. mentre gli
artigli del tradimento squarciano il mio corpo.
Pero` non
potrete strappare dal mio cuore … dai nostri cuori, l`amore per la
liberta` e il rifiuto dell’umiliazione. Contendero' la storia e
troveròo' nei vostri libri, sulle vostre mappe, nei vostri occhi, una
patria che si chiama Palestina. Parlano della pace…. della
giustizia…dell’amore, Portando sui loro volti delle maschere al modo
del serpente che inganna l`uccello. Siamo stanchi di sentirci estranei,
stanchi di avere bisogno di chi rifiuta la nostra libertà, stanchi di
sentirci delusi e di considerarci nulla.
Tante volte mi chiedo
:“Come possiamo sopportare tutto questo?” E le nostre anime aleggiano
nel cielo. “Come!” E il nostro orgoglio abbraccia le nuvole portato
sulle ali del vento. “Fino a quando continuerà tutto questo?”
Ma improvvisamente odo una voce sorgere dai miei profondi dicendo:
“Non dimenticare che il tempo ci ha lasciato un filo di speranza, figlio mio, Pazienza, figlio mio, la pazienza è bella”.
In
quei momenti mi sento come se avessi i piedi piantati nella roccia,
sollevo la testa e guardo verso l’orizzonte …. grido con una voce
simile al tuono, ispirando la mia forza dal cielo … dalla pioggia …
dalla luna … dal viso della mia amata, da ogni cosa piena di vita.
Questo testamento sarà la mia fede. Portero'ò la bandiera come tutti i
palestinesi e tutti gli uomini liberi del mondo … continuero'ò la mia
strada … la mia rivoluzione …. verso la liberta`, e domani sarà una
nuova alba, il sorgere di un nuovo sole, la nascita di un fiore …e
frutteranno i sacrifici di questo popolo …. preghiere sincere…e pace
nella terra della pace.
Sentiremo una voce dire: DIO E’ GRANDE.
Suoneranno le campane delle chiese, e torneremo alla terra dei nostri
nonni. Ritorneremo.!!!
Fares Aljaramneh.
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1. Mi raccontava mio nonno Scritto da
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, il 16-09-2011 17:20 Vi informo che questo racconto non è di Darwish, ma di Fares Moh'd Abdallah
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