Scrivevo giorni fa di come ripetere a
sè stessi per varie volte la parola "Europa" possa
portare ad una sconcertante scoperta: cioè di non sapere in realtà
poi nei fatti cosa questa sognata, ambita, lodata,
vituperata, e quant'altro Europa, potrà significare per noi. Per ora sembra essere, almeno per la maggioranza silensiosa, quella che
paga e non conta un tubo per intenderci, qualcosa di simile ad una
malattia esantematica inevitabile e da subire finchè non
passa "a nuttata", nuttata che si preannucia
terribilmente lunga e dolorosa.
Mi sono trovata sull'onda di questi
tristi pensieri , a ricordare il mio dopoguerra, un dopo guerra
privilegiato, in una vecchia casa - villino, con un gran giardino
rovinato dagli sfollati, ma ancora in piedi, un orto e un frutteto,
rovinato, ma.. aggiustabile.
Era una casa grande e fredda, con
pochissimi mobili, i più belli dicevano i miei, eran stati portati
via dagli sfollati, e noi non si poteva ricomperarli: infatti da tavolo da pranzo fungeva un grande
scrittoio rinascimentale, molto bello, faceva parte dello studio che
.. non c'era più, come il vero tavolo da pranzo, forse addirittura bruciato per fare calore.
I miei dicevano che
lo scrittoio era rimasto perchè pesante, come il grande tavolo e le credenze
della cucina, e poche altre cose delle quali gli sfollati non
avevano avuto necessità, o chi sa, gli era mancato il tempo per portarle
via, o non ne avevano capito il valore, come per le belle sdraio
liberty in vimini con poggia piedi retraibile, che arredavano parte
della veranda e sulle quali ho passato pomeriggi indimenticabili col
mio Rolli, un barboncino nero e capriccioso, con lui viaggiavo viaggi
favolosi in compagnia di Sherazade e delle sue fiabe.
I miei dicevano
che eravamo ormai poveri, e con una sorta di rassegnato sorriso mi ripetevano che
dovevamo imparare a vivere questa nuova realtà. Io avevo al massimo
sei anni, di prima non ricordo e non ricordavo allora, quindi mi chiedevo cosa
intendessero, a me non mancava nulla di quello che mi interessava e
d'altro non avevo conoscenza, per me il prima non esisteva e la
grande casa era piena di angoli misteriosi in cui nascondersi,
giocare, sognare.
I viali del giardino erano puliti, ci si correva
che era una meraviglia, la fontana che i miei dicevano esser brutta ed incompiuta,
era ricca di piante, rocce muschiate e pesci rossi. Non desideravo di
più. Io godevo l'esser contenta di quel che mi
trovavo intorno, inconsapevole dei mille disagi inevitabili in una
casa spogliata dalla guerra.
Oggi era giornata di ricordi e mi dicevo che quella serenità sarebbe
stata impossibile nel mondo attuale, i media se non altro mi
avrebbero resa consapevole di quello che non avevo, non avrei più
apprezzato quello di cui godevo, sarei stata insoddisfatta.
Chi sa ,
forse per questo oggi moltissimi appaiono chiusi in se stessi, hanno da
pensare al tanto che non hanno, trascurando quello che hanno ed
ottenendo alla fine , di non aver nulla del tutto.
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1. Scritto da
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, il 29-12-2010 22:22 Salve Marista. ...e mentre le Stelle ci stanno a guardare, sono proprio i ricordi del passato che ci spronano a cercare di migliorare il presente, e i sogni del presente, ci stimolano ad agire e sperare in un futuro migliore. Ciao Tratto dal Ultimo Capitolo del Manoscritto "Von anderen Geschichten und Epilogen" ovvero: Storie di altri Epiloghi di Franco Parpaiola.
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