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S.Marinella: tra sogno e memoria Marista l'arco del ponte romano come quello di Kublai Kan PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
mercoledì 17 ottobre 2012


ponte di via RomaVivo ormai a Santa Marinella dal 1980 e passo quasi tutti i giorni per via Roma, scendo dalla antica piazzetta che faceva parte del borgo del Castello Odescalchi per imboccare l'Aurelia, e da sempre lancio una lunga occhiata  all'arco del ponte romano: “ arco a sesto ribassato realizzato con diciannove conci radiali in calcare. (Archivio GATC)”
Ce ne sono nella nostra cittadina almeno altri due di ponti e sono a lungo rimasti nascosti fra canneti ed erbacce, ma avevano pochi segreti per noi ragazzini: erano luoghi magici dove giocare allorchè nelle ore della calura pomeridiana ci avventuravamo negli angoli più remoti della campagna alle spalle della cittadina. Quel poco che avevamo appreso a scuola delle leggende e credenze  della romanità ci faceva immaginare ninfe e dei fra le erbe ed i fiori mentre si andava in gruppo in cerca di more e fichi selvatici.





Erano tempi in cui questo era possibile, il massimo che poteva accaderti era l'incontro con qualche contadino che ti offriva fichi, ed a volte , se ti inerpicavi fin su oltre le vignacce, verso le cosi dette colline, quasi a lambire i monti della Tolfa, potevi esser fortunato ed incontrare il carretto tirato da un mulo o da un asino, in genere portato da anziani contadini cotti dal sole, asciutti e sorridenti. Erano per lo più coltivatori di straforo di cocomeri e meloni in qualche radura umida tra la macchia, o nei pressi dei canneti, questo serviva per arrotondare le magre entrate. A volte, se potevano , vedendoci felici ed accaldati, si intenerivano e ci allungavano, insieme ai consigli per evitare serpi e ragni , anche qualche piccolo melone o una cartocciata di fichi selvatici o more. Sembrava di sfiorare un mondo altro, parallelo, in cui sarebbe stato facile e piacevole vivere.

Il tempo è trascorso, molto è cambiato, ma resta ugualmente intatto l'antico fascino di questa cittadina che, a pochi chilometri dalla capitale, segue una sua evoluzione tutta particolare. Maurilia fra le città invisibili di Italo Calvino, una delle città della memoria, me la ricorda. Maurilia la città che invita il viaggiatore a visitarla, ma anche a rimirare le vecchie cartoline illustrate che la rappresentano come era, e quello deve mostrare ammirazione per quel che la città era, senza però troppo disprezzare quello che la città è oggi.

In realtà è  successo a Maurilia quello che succede ovunque, fra gli antichi abitanti e quelli di oggi non si ravvisa  alcun rapporto, pur essendo rimasti gli antichi nomi, certi lineamenti, nota Calvino che “ gli dei che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi se ne sono andati senza dir nulla ed al loro posto si sono annidati dei estranei”. Ma Maurilia è sempre lì, forse, un po' come Roma, ci son tornata da poco, è estranea, è piena di estranei, cambiano gli odori.. restano gli antichi suoni, il ruggito dei leoni  la  notte...ma non è più lei.

Noi ragazzini abbiamo giocato  per strade sparite, colto fiori e frutti per campi mutati o costruiti, quella che fu la nostra Santa Marinella appartiene ormai al sogno, mentre già si appresta a sparire la Santa Marinella di oggi, man mano che se ne sviluppa una altra ancora.

I vecchi ponti romani sono stati riscoperti e puliti, anzi no.. si dice “riqualificati”, qualunque cosa si intenda con questo termine; sta di fatto che avendo tagliato erbacce e rastrellato d'intorno, se si è persa la magia del mistero., del vedo e non vedo tra canneti e pozze d'acqua che accendeva la fantasia di noi ragazzini. In compenso in questa nuova Santa Marinella si è trovata una visione e una nuova consapevolezza del passato del territorio, fino alle radici romane di cui si trovano sempre nuove tracce, di questo arco di terra la cui bellezza, sembra esser stata accettata distrattamente, come un dato di fatto e non come un dono da preservare.

Scrive Francesco Pazienza nel suo bellissimo sito tuttoda leggere, ma che rischia di prendervi come una fiaba che vorreste non finisse mai: “Allora possiamo concludere che nel mondo del sogno non viviamo solo di notte.

È un mondo in cui scivoliamo ogni volta che ci distraiamo pensando a qualcosa di diverso da ciò che percepiamo o che ci ripromettiamo di pensare.

Ogni volta che ci distraiamo da una lettura o da un ascolto stiamo già sognando.” ( dall'ipnosi al sogno)

Quindi io sogno molto, non so voi, ma io si, visto che mi distraggo facilmente, ogni persona, viso, gesto, voce.. mi porta ad un viso, un gesto, una voce che forse ho visto, che forse ha fatto parte del mio vissuto ed io ne ritrovo un pezzetto ora, in una altra totalmente estranea. Nello stesso modo, ogni volta che passo davanti al ponte di via Roma, irresistibilmente debbo guardarlo e, sia pure per poco,  mi distraggo, distolgo la mente dai pensieri. Ed ancora Francesco Pazienza nel racconto  " Lo schiaffo della realtà "afferma:  " Le cose chiedono di essere guardate",  ed è vero, per esempio il ponte mi chiede di esser guardato,  ed è come se volesse dirmi qualcosa, come se avesse da raccontarmi qualcosa. Dopo tanti anni, il suo muto messaggio mi viene ancora inviato, ma io non lo decripto, neanche facendo tesoro di una immaginazione e fantasia piuttosto sviluppate.

Sto rileggendo le città invisibili di Calvino, son di queli a cui piace ogni tanto rileggere libri che mi interessarono per scoprire come oggi reagisco , cosa ne penso io, una altra Maria Stella, divisa da quella allora giovane, dallo scorrere di tutta una vita. Rileggendo la descrizione che Marco Polo fa al grande Kublai Kan di un ponte di pietra, per un attimo ho creduto di aver capito il messaggio, ma presto mi son dovuta ricredere, la mente resta vuota, il messaggio resta muto, vuol dire che aspetterò. Però il breve dialogo ve lo voglio riportare lo stesso: nasconde infiniti significati e.. speranze.


Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra

-Ma quale è la pietra che sostiene il ponte?- chiede Kublai Kan.

-Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra – risponde Marco,- ma dalla linea dell'arco che esse formano.

Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge:

  • Perchè mi parli delle pietre? E' solo dell'arco che mi importa.

Polo risponde: - Senza le pietre non c'è arco.

Anche chi crede d'esser pietra portante deve arrivare a capire che senza le altre pietre, tutte, non ci sarebbe l'arco e la pietra  portante cadrebbe. Un Marco Polo per ogni Kublai Kan o aspirante tale, questo è l'augurio di oggi per noi tutti.

 

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  Commenti (1)
1. Scritto da anna, il 18-10-2012 23:06
Mi piace questa Maria Stella, apparentemente lontana dalla Marista che leggo su fb. Apparentemente. Infatti come potrebbe esistere l'una se non ci fosse l'altra? Ci potrebbe essere la realtà senza i sogni, i ricordi, la storia di ciò che siamo stati? No, non credo proprio. Ecco, Marista, tu racchiudi bene questi due aspetti, consentendoti una visione lucida della vita quotidiana, quella che adesso, in questo momento, percorre tutti. Ed è questo che ti incita a gridare per svegliarci dal torpore in cui siamo immersi, affinchè possiamo continuare a essere quelle pietre che hanno necessità di stare insieme, se non vogliono far crollare il ponte. Grazie Marista perchè ogni volta che ti leggo,imparo sempre qualcosa!

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