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Marista
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AFORISMI La Giustizia : Rosario Livatino PDF Stampa E-mail
Scritto da Marista Urru   
domenica 24 maggio 2009

«La giustizia è necessaria, ma non sufficiente, e può e deve essere superata dalla legge della carità che è la legge dell'amore, amore verso il prossimo e verso Dio, ma verso il prossimo in quanto immagine di Dio, quindi in modo non riducibile alla mera solidarietà umana. »
 


    «Riformare la giustizia, in senso soggettivo ed oggettivo, è compito non di pochi magistrati, ma di tanti: dello Stato, dei soggetti collettivi, della stessa opinione pubblica.
Recuperare infatti il diritto come riferimento unitario della convivenza collettiva non può essere, in una democrazia moderna, compito di una minoranza.»
 

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AFORISMA L'IO: il risveglio PDF Stampa E-mail
Scritto da Marista Urru   
venerdì 22 maggio 2009

L'IO,  il suo  risveglio

 "Io"   e il mondo fuori di me

"Io"  voglio conoscere il mondo fuori di me e posso

"Io"  voglio affinare le mie possibilità di acquisire informazioni dal mondo

"Io"  voglio essere pronto e sveglio

"Io"  voglio osservare, esaminare, analizzare, approfondire, ispezionare,   scrutare l'Universo, perché  Esso è la mia casa

"Io"   mi immergerò nel fluire eterno dell'Universo ove nulla è morte e nella energia pulsante della vita   salirò i gradini via via verso la conoscenza dell'Assoluto.

Da un appunto anonimo





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Lo Spleen ed il poeta secondo Baudelair PDF Stampa E-mail
Scritto da Marista Urru   
giovedì 21 maggio 2009
"Spleen" in inglese sta ad indicare uno stato d'animo complesso, un misto di melanconia e di angoscia, ennui è la traduzione che ne fa Baudelaire,  con un termine che contiene in sé la disperazione e la paura paralizzante per una vita  grigia che si intuisce essere senza via d'uscita .

La lirica che segue, tratta dai "fiori del male", esprime appieno il sentimento del poeta, più giù ne fornisco la traduzione, in Italiano ma riuscire a leggerla in francese, mi sembra renderebbe appieno, nella musicalità originaria della lingua madre, tutta la disperazione quasi allucinata dei versi, addirittura le campane urlano atrocemente come spiriti erranti, invece di infondere pace, il senso di cupa oppressione è quasi tangibile  in ogni verso.

 Baudelaire  in tutta la sua poetica esprime la percezione  di essere diverso in quanto poeta e quindi sensibile al grigiore del mondo di cui sente tutto il peso e da cui sa che  il poeta e lui solo può e deve elevarsi, fuggire, purificarsi in uno slancio liberatorio, che nella lirica "Elevazione" accenna  consistere nella capacità e volontà di  librarsi "sopra la vita stessa"  con un colpo d'ala che permetta di cogliere la "segreta lingua dei fiori e delle cose mute".
Scriverà nel 1857 : " E' questo immortale istinto del bello che ci fa considerare la terra ed i suoi spettacoli come una visione, come una corrispondenza del cielo. La sete di tutto ciò che è al di là e che rivela la vita, è la prova più evidente della nostra immortalità. "  Volendo poi definire l'essenza della poesia scriveva : "  Che cosa è il poeta se non un traduttore, un decifratore?"
Come dargli torto?


Charles Baudelaire
Spleen     
   

Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;

Quand la terre est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;

Quand la pluie étalant ses immenses traînées
D'une vaste prison imite les barreaux,
Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,

Des cloches tout à coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie
Qui se mettent à geindre opiniâtrément.

- Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.

 

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Il poemetto in prosa e la prosa d'arte. "Finestre" di Baudelaire PDF Stampa E-mail
Scritto da Marista Urru   
domenica 17 maggio 2009
In Francia sul finire dell'800 fiorì nella vivace ricerca di nuovi modi di esprimersi, un prodotto letterario che mi sembra particolarmente adatto  per i fruitori del web: il poemetto in prosa. La caratteristica di questi piccoli autentici gioielli è la brevità, la raffinatezza e la liricità  del linguaggio.

Le "Illuminazioni" di Rimbaud, (10 brevi componimenti)  sono forse le più conosciute,  anche se precedenti  ad esse sono i 7 brevi componimenti di Baudelaire  " Poemetti in prosa". Anche in Italia  si cimentarono bravi autori come  Dino Campana e  Clemente Rebora.

Ci si trova dinnanzi a brevi racconti  piacevoli  da leggere, di contenuto intriso di poesia.

 Sembrano scritti apposta  ( non me ne vogliano gli intellettuali)  , per aiutare molti ad accostarsi dal web alla lettura anche di autori classici .

Li contraddistingue sempre una intensa   liricità , si voleva in realtà realizzare un discorso di poesia fuori dalle forme metriche tradizionali, questo ha portato   alla realizzazione di piccoli gioielli : componimenti equilibratissimi, ricchi di metafore  in cui la dimensione dell'immaginario  è sempre presente,  il messaggio insito giunge quindi  facilmente al lettore,  così come suole avvenire con la poesia.

Questo genere  nato per la necessità di nuovo modo di esprimersi,  prepara in qualche modo la via alla dissoluzione delle metriche tradizionali e nel contempo arricchisce la prosa di possibilità nuove.

Sulla sua scia nasce  nel primo novecento la prosa d'arte.

 Discorso a parte è quello della Ronda nata dopo la prima guerra mondiale: gli scrittori della Ronda teorizzano e mettono in pratica la prosa d'arte, questo è vero,  ma il  movimento della Ronda risente  del fatto di arrivare dopo una guerra, della  forte la esigenza di metter ordine;  mentre la spinta per il poemetto in prosa era quella del rinnovamento, ora la spinta è quella del "ritorno all'ordine", si spegne quindi  l' emozione e si cerca una compostezza tutta cerebrale, culturale e sofisticata, incentrata sulla perfezione del linguaggio . Si prepara e si realizza  quindi  un genere  particolare: l'elzeviro , stampato appunto in un carattere tipografico particolare, posto fra le due prime colonne del quotidiano alla terza pagina, con tematica ampia: politica,recensione, memoria, divagazioni di autore..), brevi pezzi, formalmente perfetti.


Come poemetto in prosa  riporto "Finestre " di Baudelaire, lo ho scelto perché mi piace metterlo in relazione  con uno dei 18 racconti brevi di Buzzati : "lezione di poesia" in cui  il tema della finestra illuminata di notte che suscita curiosità e fantasie è  scelto dal giovane poeta per dare prova di sé  e nel contempo  somministrare  una splendida  "lezione di poesia" ai suoi  critici.(Continua)

 

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Keats, Guccini, Oriana Fallaci: Le stagioni dell'uomo. PDF Stampa E-mail
Scritto da Marista Urru   
lunedì 11 maggio 2009























Quattro stagioni fanno intero l'anno,
quattro stagioni ha l'animo dell'uomo.
Egli ha la sua robusta Primavera
quando coglie l'ingenua fantasia
ad aprire di mano ogni bellezza;

ha la sua Estate quando ruminare
il boccone di miel primaverile
del giovine pensiero ama perduto
di voluttà, e così fantasticando,
quanto gli è dato approssimarsi al cielo;

e calmi ormeggi in rada ha nel suo Autunno
quando ripiega strettamente le ali
pago di star così a contemplare
oziando le nebbie, di lasciare
le cose belle inavvertite lungi
passare come sulla siglia un rivo.

Anche ha il suo Inverno di sfiguramento
pallido, sennò forza gli sarebbe
rinunciare alla sua mortal natura.

Paragonare l'alternarsi delle stagioni della natura alle stagioni della vita dell'uomo è antica consuetudine, basta riandare al mito di  Demetra e Persefone, a quello di Adone, agli scritti di Aristotele e dei Pitagorici che dividevano l corso della vita umana in quattro periodi corrispondenti alle quattro stagioni. Poeti e scrittori si sono ispirati a questa suggestione: primavera, estate, autunno, inverno e poi, ancora primavera.., è  il ciclo immutabile della vita, cantato da  Guccini in

"per fare un uomo"( 1979)

E cade la pioggia e cambia ogni cosa,
la morte e la vita non cambiano mai:
l' inverno è tornato, l' estate è finita,
la morte e la vita rimangono uguali,
la morte e la vita rimangono uguali...

Per fare un uomo ci voglion vent'anni,


Morte e vita, vita e morte in un avvicendarsi senza fine . Ma chi crede in Dio  vede le cose diversamente: Dio ci vuole eternamente vivi, la vita dopo la morte per i credenti è una realtà che  lenisce le paure , che proietta verso il futuro.









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"Grandi uomini" e "uomini buoni" PDF Stampa E-mail
Scritto da Marista Urru   
lunedì 11 maggio 2009



Della bontà
 

Soleva dire, e con ragione, Giuseppe  Giusti, che il mondo ha bisogno più di uomini buoni che di uomini grandi. Lo stesso Robespierre pare abbia  affermato in un suo discorso che ogni qualvolta si abbia notizia di un uomo buono, bisogna correre da lui ed abbracciarlo.

 








Sappiamo che se vogliamo amare veramente,

dobbiamo imparare a perdonare.

Perdonate e chiedete di essere perdonati;

scusate invece di accusare.

La riconciliazione avviene

per prima cosa in noi stessi,

non con gli altri.

Madre Teresa

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