Nel crepuscolo riprende la vita di
bordo
Nel crepuscolo della sera, Luwala
faceva il suo giretto per la coperta guardandosi intorno
incuriosita, annusò l’aria, abbaiò divertita ad uno stormo di
gabbiani che veleggiava girando attorno alla nostra nave sfruttando
il vento, scrutò poi con fare da saputella il mare che da poppa
assieme al vento ci spingeva verso terra, abbaiò pure a quello,
poi, paga del suo fare, mi guardò nel suo particolare modo:
strizzandomi gli occhi sollevò il muso e senza indugi rientrò negli
alloggi, quindi decisa scese le scale e si piantò davanti
all’entrata della cambusa.
Questo era il suo modo di dire che
aveva fame, Peter le mise il resto del polpettone di due giorni prima
nella sua capiente ciotola che gli mise svelto sotto il naso, poi
prese quella per l’acqua, la lavò e dopo averla riempita d’acqua,
la mise accanto a quella ricolma di buon polpettone.
Luwala in pochissimo tempo si mangiò
un buon Kilo di polpettone, si bevve quasi mezzo litro d’acqua, e,
ringraziando silenziosa, si sedette su una chiappa per seguire,
scrutare , controllare ogni mossa che Peter faceva.
La perfida si dava per curiosa e
innocente, ma lo guardava sorniona, la disgraziata lo aveva già
fregato una volta, tempo addietro era bastato che Peter andasse per
un momento in bagno, che quella predona balzasse nella cambusa, dove
sapeva benissimo che non doveva entrare, e rapida si afferrasse un
buon kilo di fegato di vitello che era destinato alla nostra cena.
Mentre mi versavo un caffè senza dire
niente, la perfida si alzò, e dopo avermi guardato al suo solito
modo strizzando gli occhi, se ne andò su per le scale per ritornare
nella mia cabina.
Mi fumai con calma una sigaretta e
subito ritornai in Sala Macchine dove rimisi alla via la centrifuga
che mi liberava l’olio del motore principale dai residui di
combustione e, visto che il mare si stava calmando, tolsi dalla rete
uno dei due gruppi elettrogeni e ripristinai le normali condizioni
di navigazione.
Compilai pure un breve rapporto
preliminare includendo anche le 25 transenne nella stiva danneggiate
dai pontoni, dodici dei quali in coperta erano in pratica
letteralmente tranciati alla base, misi nell'elenco pure i due tubi
di sondaggio per le cisterne della zavorra, squarciati dai pontoni, e
descrissi le incavature prodotte nello scafo il cui numero era
ancora da definire, alcune avevano oltre i 5 millimetri profondità.
Considerando che in quei punti lo
spessore dello scafo doveva essere sui dieci millimetri, potevamo
considerarci più che fortunati se i pontoni non l’avevano
perforato.
In una situazione del genere una
riparazione di emergenza sarebbe stata inutile, questo tipo di lavori
sono da Cantiere Navale, dato che la stabilità dello scafo a centro
nave era menomata, toccava ora alla Società di Classificazione
stabilire e decidere cosa e come era da riparare o da cambiare.
Solo allora avrei potuto preparare un
rapporto definitivo per l’Armatore.
Scende la notte e arriva la
stanchezza
Il Comandante sapeva
che alla fine del viaggio a Rotterdam lo avrebbero scorticato vivo, e
che probabilmente questa era la sua ultima nave, mi sembrava che
cercasse di minimizzare la situazione, dal canto mio ero del tutto
intenzionato a portare in Porto la nave tutta d'un pezzo e senza
ulteriori danni in aggiunta ai gravi che già avevamo.
Finii con tranquillità il mio rapporto
ufficiale sul mio Giornale di Bordo e mi fumai un'altra sigaretta,
poi andai di nuovo sul ponte.
>Giù nella Stiva tutto è in ordine
Chief, le catene sono ben salde e i Pontoni fermi,< mi informò
Gerd non appena mi vide.
>Grazie Gerd,<
risposi mentre mi versavo una tazza di caffè.
Sullo schermo Radar vidi che navigavamo
verso sud, paralleli alla Costa Francese e cosi chiesi al Comandante
quando e dove intendeva andare alla fonda.
>Quando siamo alla fonda i francesi
vogliono venire a bordo e ispezionare la nave, io però non ho Carte
dettagliate per questa Costa, loro mi vogliono dare assistenza Radar,
ma preferisco continuare cosi fino a domani mattina, quando farà
giorno poi deciderò sul daffare, < mi spiego Il Comandante con
voce monotona e lontana.
L'uomo seduto sulla sua poltrona aveva
parlato continuando a guardare nel buio della notte, sembrava quasi
perso in se stesso, apatico e pietrificato allo stesso tempo.
La nave con un periodo di rullaggio di
circa sette secondi rullava solo sui dieci gradi ed era proprio quel
rullaggio che mi impediva di mettere per il momento i pontoni in
posizione e toglierci così da una situazione che per quanto migliore
di questo pomeriggio era ancora di assoluta precarietà.
Il Comandante, visto che le nostre
condizioni erano notevolmente migliorate, aveva pensato bene di
cambiare i turni di guardia e aveva mandato Peter e Martin a dormire
e, detto al suo 1° Ufficiale di togliersi di mezzo, aveva mandato a
dormire pure lui.
Sul ponte mi fumai un'altra sigaretta e
mentre fumavo in silenzio mi accorsi che lo stress della giornata
cominciava chiedere il suo tributo anche a me.
Cosi finii la sigaretta bevvi il resto
del caffè e augurando una buona navigazione me ne andai in cabina
pure io.
Vestito com’ero mi misi in cuccetta
accanto a Luwala che dormiva e mi addormentai pure io.
Mi risvegliai verso le quattro del
mattino e mi accorsi di aver fame, alzandomi piano per non svegliare
Luwala, andai nella cambusa solo per accorgermi che lei mi aveva
seguito in silenzio e che si era messa nella sua solita posizione di
attesa davanti alla porta vicino alla sua ciotola vuota.
Le diedi quattro polpette ancora crude
e anche da bere e poi mi preparai un tramezzino con il salame e misi
su il caffè.
La tiranna non mi lasciò mangiare in
pace, fini sì il suo pasto ma andò subito dopo di filato su per le
scale, arrivata in cima si fermò e mi abbaiò con un colpo secco che
sembrava un ordine imperativo.
Mi alzai, andai a vedere e la trovai di
nuovo di fronte alla porta stagna.
L’aprii ma questa volta, dato che il
vento si era calmato fin giù a 10 metri al secondo e il mare si era
stabilizzato su di un cinque o sei, e mentre Luwala si faceva una
pisciatina in coperta, assicurai la porta al suo gancio e la lasciai
aperta.
L’aria fresca mi fece bene e mi
schiarì ancora di più le idee, a una distanza di circa dieci miglia
potevo vedere le traballanti luci di un porto che mi ricordavano
tanto i dintorni di Nantes e qua è la barche di pescatori.
Luwala aveva cominciato a girare per la
coperta e ad annusare il vento e il mare e dato che la nave non
rullava quasi più, la lasciai in coperta e andai di nuovo in mensa.
Dopo il breve spuntino feci un altro
breve giro di ispezione in Sala Macchine e, dopo aver augurato alla
mia mandria un buon lavoro, me ne andai sul ponte.
Appena entrai Peter, che ora faceva il
suo turno di guardia alla stiva mi fece cenno di non parlare ad alta
voce e mi sussurrò che il vecchio Comandante si era disteso sul
divano per riposare un poco.
Parlando sottovoce Peter mi spiego che
il vecchio, se possibile, durante il giorno, voleva attraversare il
Cantabrico in Rotta verso Cabo Vilano e mi chiese che cosa ne
pensassi.
>Se il mare si calma ancora di più,
domani potremmo mettere i pontoni in posizione e per il momento non
avremmo problemi, risposi, il resto poi dipende dalla Società di
Classificazione, la struttura della nave ora che le traverse sono
state spaccate e squarciate dai pontoni è indebolita, dobbiamo anche
cambiare due tubi di sondaggio, tutto questo si deciderà assieme
al’Ispettore della Germanische Lloyd, cosi come siamo possiamo solo
raggiungere il porto di scarico e basta,< gli spiegai sotto voce,
poi accendendomi una sigaretta guardai sullo schermo del Radar.
Stavamo passando davanti a La Rochelle
e navigavamo paralleli lungo la Costa verso sud, sorrisi chiedendomi
dove diavolo voleva ora andare e poi salutando Peter tornai nella mia
cabina.
Un semi tragico gioco fra
Comandante, la Condor, il mare ed il vento...
La prossima sorpresa mi arrivò verso
le sei del mattino quando mi risvegliai e, seguito al passo da Luwala
che questa volta aveva dormito sul Sofà, andai in coperta e mi li
accorsi che il mare si era ingrossato e che il vento aveva aumentato
la sua velocità di un paio di metri al secondo.
Avevamo di nuovo un buon sette, ma
grazie a Dio la Condor, teneva bene il mare e andava imperterrita per
la sua rotta.
Il cielo era di un grigio cupo, la
visibilità era povera, e le onde scorrevano veloci accanto a noi
senza però riuscire a farci rullare.
La nave era inclinata di due o tre
gradi sulla sinistra e questo per via dei pontoni ammassati tutti da
quella parte , la cosa mi andava veramente a genio.
Così attesi che Luwala finisse la sua
toeletta mattutina e dopo, pensando che era ora di lavare la coperta
andai in Cambusa, sempre seguito dalla fedele amica che dallo
scodinzolare sembrava già stesse assaporando la colazione che
senz’altro Peter le aveva preparato e che la stava aspettando.
>Non capisco perche quel vecchio
imbecille non va alla fonda,< mi salutò il cuoco che stava
preparando la colazione per tutto l’equipaggio.
>Teme la Guardia Costiera Francese
come il Diavolo l’acqua Santa,< gli rispose sorridendo mentre mi
versavo una tazza di caffè.
>Oggi poi se andiamo avanti così,
arriveremo alla fine del Golfo e sarà interessante vedere dove vuole
andare o fare, abbiamo provviste, acqua potabile e combustibile
ancora per diverse settimane, che vada dove vuole, ora per lo meno
siamo fuori dall’acuto pericolo di affondare, poi vedremo, <
risposi tranquillo, e mi accesi una sigaretta.
Solo a mattinata avanzata mi sembrò
che il Comandante cominciasse a rendersi conto della ridicola
situazione in cui ci trovavamo. La tempesta continuava a darci la
caccia e inesorabile continuava a spingerci verso terra, e questa
prima o poi durante il pomeriggio sarebbe apparsa all’orizzonte.
Difatti verso le dieci il vecchio
cominciò a ridurre la velocità, cosa che invece avrebbe già dovuto
fare già la sera precedente, quando cioè avevamo raggiunto la Costa
Francese e aveva deciso di non andare alla fonda.
Sentendosi ora alle strette aveva
ridotto la velocità al minimo, il guaio suo ora era che anche il
mare e il vento in combutta con la mia mandria lo stavano spingendo
verso terra, e per farla ancora più bella, esattamente nella
direzione dove non volevamo andare, difatti noi dovevamo doppiare
Cabo Finistère in Spagna, andar giù fino a Gibilterra, entrare nel
Mare nostrum e impostare la nostra rotta per il Porto di Segundo,
dove avremmo dovuto scaricare i nostri rotoli di acciaio per
l’industria automobilistica.
Il gioco tra lui e la Condor, il mare e
il vento aveva qualche cosa di spassoso e di tragico allo stesso
tempo; quando il Comandante riduceva troppo i giri del motore con il
mare e il vento in poppa, la Condor minacciava di mettersi di
traverso e questo ci avrebbe messo di nuovo in serie difficoltà con
i pontoni, se andava troppo veloce e il mare non si calmava, per
forza di cose sarebbe dovuto andare dove non voleva e non
potevamoandare, magari nel fiume Gironna alla fonda. La Guardia
Costiera sarebbe subito venuta a bordo, e con i danni che avevamo non
ci avrebbe fatto più salpare l’ancora se non a riparazione
avvenuta.
Lo lasciai giocare ancora un poco,
quando poi mi accorsi che aveva impostato i giri del motore nel
regime dei giri critici per cui quello senza mezzi termini faceva
traballare tutta la nave, andai sul ponte e gli chiesi di ridurre o
di aumentare la velocità prima di scassarmi il motore e la nave.
Bastarono una decina di giri in più e
la mandria riprese la sua pacata e tranquilla corsa di sempre; senza
ulteriori commenti, girai sui racchi e me ne andai in Sala Macchine.
Passando davanti alla cambusa mi
accorsi che Peter,nonostante avesse fatto il suo turno di guardia
notturno, era ancora in piedi e stava preparando il pranzo.
>Nel Freezer hai di sicuro del
minestrone di piselli, porta qua una pentola e mettila a fuoco lento
sui fornelli, mettimi da parte una scatola con dei Würstel e vai a
dormire, al resto ci penso io, per oggi del tuo grugno ne ho avuto
abbastanza, va a dormire e non ti azzardare a farti veder in giro
prima delle sei di sera. A scaraventare il 1° Ufficiale fuori Bordo
nel caso dovesse lamentarsi poi ci pensa Gerd o io. <
>Si, hai ragione Chief, non ci avevo
pensato, difatti ora vado a prendere una pentola con dieci litri di
minestrone e i Würstel, < rispose Peter.
Poco più tardi mentre il pentolone con
il minestrone di piselli era su fornelli mi chiese se 10 litri
fossero bastanti.
>Se vedo che è poco ci metto mezzo
secchio d’acqua e una manciata di dadi per brodo e chi ha fame
mangia,< gli avevo risposto sorridendo mentre mi accendevo una
sigaretta.
>Al Comandante ho portato poco fa
quattro uova con la pancetta e fagioli, e un litro di caffè, per ora
quello è a posto, < -mi spiegò mentre a sua volta si versava un
caffè - >hai un’idea di cosa voglia fare, stiamo andando nella
direzione sbagliata, < mi chiese subito dopo averne bevuto un
sorso.
>Non ne ho la minima idea, < -
risposi – versandomi a mia volta un altro poco di caffè - >per
quel che mi riguarda ora può andare dove vuole, solo che deve stare
molto attento, oggi pomeriggio davanti a noi il mare finisce e inizia
la terra ferma, sono proprio curioso di vedere dove cavolo vuole
andare, in ogni caso in acque territoriali francesi la Guardia
Costiera Francese vorrà venire a bordo a ispezionare la nave.
Abbiamo 25 traverse spaccate, due tubi di sondaggio squarciati, in
due punti lo scafo è stato danneggiato dai pontoni e ci vuole un
rinforzo provvisorio, sta più che sicuro che in queste condizioni
non ci lasceranno salpare,< gli spiegai.
>Vai a dormire,<
questa sera saprò dirti qualche cosa di più preciso, gli suggerii
vedendo che a momenti quasi si addormentava sul tavolo.
Mormorando un saluto Peter si alzo e
andò a dormire, io mi accesi una ennesima sigaretta.
Verso mezzogiorno, dopo che avevo
aggiunto dell’acqua e una manciata di dadi per brodo al minestrone,
aver messo a scaldare i Würstel in una pentola, andai sul ponte.
Il vento e il mare stavano cambiando
direzione, ora tendevano a venire da Nordest, e anche la loro forza
stava visibilmente calando, da un sette ora era su un cinque , il
cielo era chiaro e la burrasca si era allontanata verso est.
Si naviga verso Bilbao
Sul ponte sentii che il Comandante
stava chiudendo una conversazione con la Stazione Radio di
Scheweningen in Olanda, e lo informai sulla momentanea situazione
nave.
>La ringrazio del suo aiuto e
assistenza Chief, ho appena parlato con il Noleggiatore in Olanda,
ora andiamo a Bilbao. <
Non disse altro e io non chiesi
ulteriori spiegazioni, il mare era ormai quasi calmo e poco mosso, la
nave e l’equipaggio non erano in pericolo, per quel che mi
riguardava poteva andare dove voleva, anche magari all’inferno, in
quest’ultimo caso, naturalmente da solo.
Il Comandante guardò di nuovo fuori,
osservò il mare e la direzione del vento, poi spinse la leva di
controllo del motore principale al 70% e cominciò lentamente a
cambiare rotta verso occidente.
Prima di scendere dal ponte informai
Martin che in cambusa il minestrone di piselli e i Wurstel erano
pronti e me ne andai a mangiare a mia volta.
Prima di andare a pranzo, però andai
in cabina, aprii tutti gli oblò, lasciai la porta aperta e la
assicurai al gancio.
Diedi anche una lavatina veloce al
pavimento e cambiai le lenzuola della mia cuccetta.
Solo allora mi resi conto del colera
che regnava in cabina e nella nave tuta , e cosi, sempre seguito da
Luwala feci il giro di tutti i ponti aprendo tutte le porte stagne
per arieggiare tutto il casotto.
Spruzzai mezza nave con dello spray
deodorante che sapeva di monti e prati in fiore, tanto che fece
subito scappare Luwala in coperta, e ripromettendomi di mettere la
roba sporca al più presto in lavatrice, finalmente andai a pranzo.
Il Comandante non venne in mensa,
preferendo, non appena il suo ufficiale, alla mezza, ma con dieci
minuti di ritardo, gli aveva dato il cambio, andarseno, dopo la sua
stressante maratona sul ponte, diritto a dormire.
Sapevo però che Peter gli aveva
portato delle uova con la pancetta per colazione e dei tramezzini
verso le dieci del mattino.
L’uomo in un certo senso mi faceva
pena, e in cuor mio sperai che mai un giorno nessuna nave o
equipaggio venissero a trovarsi in situazioni di emergenza per colpa
un eventuale caparbio senso di superiorità o infallibilità
decisionale dovute sia alla forza dell’abitudine, sia all’ostinata
testardaggine dell’età da parte mia.
All’ora di pranzo pure Gerd a Martin
erano venuti in mensa, e affamati com’erano, in poco tempo si
scodellarono tre piatti di minestrone e una manciata di wurstel a
testa.
Sazi e pasciuti i Lords del Mare
volevano andare subito a dormire, i turni di guardia erano stai
tolti, la nave navigava sicura e senza rullio con i suoi due gradi di
inclinazione sulla sinistra in acque relativamente tranquille e come
al solito d’uso spesso nella moderna marina mercantile odierna, sul
Ponte di Navigazione c’era solo un Ufficiale , e se a quello magari
di notte veniva un colpo e tirava le cuoia, nessuno se ne accorgeva,
se mai questo avveniva solo quando la nave si arenava da qualche
parte o cozzava contro un'altra, come in alcuni casi era già
successo, altrimenti nessuno se ne sarebbe accorto fino al prossimo
turno di guardia.
Inch Allah.
>Cari colleghi,
prima che andiate a nanna, ci sono ancora un paio di cose da fare,
dobbiamo andare a prua e controllare che tutto sia in ordine, poi
dobbiamo pompare fuori l’acqua dal cassonetto della catena delle
ancore e ingrassare il verricello, < dissi loro mentre mi
accendevo una sigaretta.
>Ma Chief per fare tutto questo ci
vuole un pomeriggio intero,< protestò subito Martin che sperava
di andare a dormire.
>Non
necessariamente, se stiamo qua a discutere però di sicuro,<
-risposi sorridendo- >domani sera saremo a Bilbao e come credo
attraccheremo alla prima banchina a destra la dove ci sono montagne
di rottame, la cassa delle batterie è Kaputt, cercate di organizzare
delle lamiere cosi che ne possiamo costruire un'altra, ok?< dissi
nel mucchio.
>Intendi dirci che dobbiamo andare a
rubare ferro vecchio Chief?< Domando il giovane Martin incredulo.
>qui non si tratta di andare a
rubare ferro vecchio ma di organizzare delle lamiere, < lo
corresse Peter che da uomo navigato aveva subito capito cosa
intendevo dire e che era con noi pure lui , visto che spinto dalla
fame, era ritornato in mensa.
>Ci penso io
Chief, vedrò anche se è possibile, con l’aiuto di una stecca di
sigarette, farmele tagliare a misura,< - mi assicurò subito dopo
- >ma dicci, perche andiamo a Bilbao?< Chiese poi
>La tua è una bella domanda alla
quale non ho risposta, caro Peter, penso però che sia stato il
Charter a chiederlo, forse vogliono far controllare la situazione da
qualcuno, forse è l’assicurazione stessa che vuole visualizzare
eventuali danni, le quattromila tonnellate di rotoli di lamiera che
abbiamo nella stiva valgono diversi milioni di dollari e in casi del
genere tutti gli addetti ai lavori vogliono avere le spalle al muro,<
risposi.
>Comunque sia, noi siamo fuori
pericolo e questo è l’importante, tutto il resto si accomoda,<
conclusi alzandomi per uscire e andare a controllare i compartimenti
di prua.
In processione indiana, camminando sui
boccaporti, seguito da Luwala che mi trotterellava appresso ogni
volta che andavo in coperta, e dagli altri due che mogi e consci del
loro destino mi seguivano con il pragmatismo di chi e consapevole di
non avere altra scelta, andai a prua per valutare la situazione.
La prima cosa che Luwala fece fu quella
di farsi una cagatina vicino al verricello e dopo aver abbaiato a un
paio di gabbiani che spinti dal vento veleggiavano tranquilli a pochi
metri dalle nostre teste, si mise a guardarci incuriosita, sempre
seguendomi al passo.
Fortunatamente il Nostromo sapeva il
fatto suo e a prua trovammo tutto in ordine, nemmeno un bidone di
vernice ammaccato o rotto.
Peter aveva imbracato tutto così bene
che trovammo tutto in ordine e così, dopo aver pompato fuori
l’acqua dai cassonetti delle catene delle ancore e aver ingrassato
per bene tutti i punti di ingrassaggio del verricello salpancora,
ritornammo a poppa.
Questa volta però, e Dio solo lo sa
perché, quella scema non mi seguì sui pontoni che chiudevano i
boccaporti, bensì preferì andarsene per conto suo sopravento e mare
in operta.
Il primo spruzzo la
investi a meta strada e poi un altro e un altro ancora, dapprima
sorpresa, poi incazzata nera comincio ad abbaiare al mare e agli
spruzzi che la bagnavano, infine quando ancora più spruzzi
cominciarono a lavarle il muso, imbestialita li cominciò a mordere.
Sorpresi e divertiti da quel suo
inedito debutto ci mettemmo tutti e tre a ridere, lei da parte sua
per un momento ci guardo quasi seccata, poi con un balzo raggiunse la
coperta sopraelevata di poppa, si scrollo di dosso l’acqua, e dopo
aver abbaiato un ulteriore avvertimento al mare e agli spruzzi che
bagnavano la coperta di carico a dritta, attese che la
raggiungessimo, e ci seguì negli alloggi.
A bordo i ragazzi stremati fanno
pulizia
>Adesso però possiamo andare a
dormire non è vero Chief,< mi chiese Martin tutto speranzoso.
>Dipende Martin, cosa ne dici, ci
vuole ancora un’ora per il caffè delle 15:oo, penso che potreste
in uno slancio di volontà dare una pulitina alle scale non ti pare?<
Chiesi sicuro che lo avrebbero fatto.
>Il capo ha rtagione Martin, diamoci
da fare e in meno di venti minuti abbiamo pulito tutto,< disse
Gerd e cosi mentre rientravo in Sala Macchina i due si misero
all’opera per pulire e lavare le scale e i corridoi dei nostri
alloggi.
I due ragazzi c’erano stati mandati a
bordo da un’Associazione che si occupa di giovani con problemi di
adattamento sociale.
Entrambi avevano in passato avuto guai
con la legge per via di lesioni e problemi con la scuola ed erano
considerati ragazzi difficili.
Il problema a mio avviso non erano
certo loro, bensì l’ambiente in cui erano cresciuti, di Luwala
avrei potuto farne una macchina per uccidere, come di loro si
sarebbe potuto fare dei delinquenti.
Luwala a suo tempo aveva morso un
ufficiale nel ditone, ma solo dopo che questi le aveva dato una
pedata, e in questo, Gerd e Martin erano uguali a Luwala, bastava
trattarli con rispetto e appellarsi al loro senso di responsabilità
e loro si comportavano in modo normale e sicuramente più affidabile
e sincero di certa cosiddetta gioventù bene.
Il peggio per ora era passato, la nave
navigava verso Bilbao e io mi sentivo quasi svuotato, ero stanco, lo
stress era svanito e l’adrenalina che per tutto questo tempo mi
aveva tenuto in piedi e in azione, come d’incanto era svanita, mi
sentivo veramente a pezzi.
In sala di controllo, dopo il solito
giro d’ispezione della mia Mandria che sicura e tranquilla
galoppava all’80% della potenza del gruppo elettrogeno in funzione,
del resto dell’Impianto, e della Timoneria, riportai quindi i
soliti dati nel mio Giornale di Bordo con i commenti del caso, non
dimenticavo difatti che eravamo sì al sicuro, ma sempre ancora in
stato di emergenza, e stavamo ripiegando veloci verso un porto di
rifugio.
Anche quest’ultima menata di entrare
a Bilbao quale porto di rifugio mi sfuggiva completamente, difatti
avremmo certo potuto andare sotto costa, magari per un’ora o due
alla fonda, finchè non avessimo sistemato tutto il caos nella stiva
e messo i pontoni al sicuro nei loro siti, per proseguire poi il
viaggio verso il Porto di Segundo in Spagna, dove avrei chiamato la
Germanische Lloyd e i rappresentanti dell’’Assicurazione.
Quest’ultimo era un atto dovuto e
doveroso da fare, sia per la sicurezza della nave stessa, indebolita
dalle traverse, dai rinforzi e dalla traverse squarciate e lacerate
dai pontoni, sia per evitare spese all’Armatore se non addirittura
la perdita della Classificazione con tutte le annesse spese e perdite
di ingaggi.
Chief tira le somme e il solco
invisibile cresce: necessitano occhi aperti
Tirando le somme delle rimanenze a
bordo, mi accorsi che avevamo combustibile per due intere settimane
di navigazione a tutta forza il che mi dava un’autonomia di ancora
quasi tre giorni di navigazione economica all’80%, solo questo era
per me importante, anche se tutto questo spreco inutile di
combustibile non mi andava a genio, non potevo farci niente, ed ero
costretto ad attendere la futura evoluzione degli eventi.
Usci dal mio regno, fatto di tecnica e
fatti concreti, scuotendo la testa e maledicendo tutti quei cretini
sul ponte di navigazione che credono di essere dei padreterni solo
perchè sanno vagamente distinguere la sinistra dalla destra,
Considerando poi tutte le collisioni in
mare che quei disgraziati hanno causato, gli inquinamenti, le tante
navi che grazie alla loro scempiaggine hanno distrutto e soprattutto
alla tanta brava Gente di Mare che hanno praticamente ucciso in
navgazione, io li avrei già sbattuti in galera tutti quanti.
I ragazzi avevano finito con le loro
pulizie e stavano lì, seduti, tranquilli, bevendosi un caffè e
fumando in silenzio.
Anche loro erano arrivati al loro
limite e sicuramente cominciavano a rendersi conto del pericolo
scampato.
>Filate via , fatevi una doccia e
andate a riposare,< manco avevo finito la sentenza che quelli,
tazza di caffè in mano, si alzarono e ci mancò poco, forse per
paura che cambiassi idea, che non se la dessero a gambe, uscirono
dalla mensa e sparirono in un baleno dietro l’angolo verso i loro
alloggi.
Nella mensa finii di fumare la mia
sigaretta, bevvi il resto del caffè, riportai la mia tazza in
cambusa, e andai di sopra.
Finalmente potei farmi una lunga doccia
distensiva, e mettermi a letto per un paio d’ore.
Luwala era sicuramente in coperta ad
abbaiare i gabbiani e le onde, e così lascia la porta della mia
cabina mezza aperta, attaccata al gancio, cosi che lei potesse
entrare e uscire a piacere, difatti quando verso le otto di sera mi
svegliai me la trovai addormentata sul sofà.
Il mare quella sera era calmo e liscio
come l’olio, in una situazione di mare così avremmo potuto
benissimo mettere i pontoni in posizione, e proseguire il viaggio,
sarebbe stato il compito del Comandante dare le specifiche istruzioni
e ordini del caso, e del 1° Ufficiale assieme ai due ragazzi di
eseguire il lavoro, quello non era certo il mio compito, e pertanto
mi guardai bene dall’andare sul Ponte dal Comandante e suggerirgli
un’operazione del genere.
Pigra e lenta, anche Luwala mi aveva
seguito in coperta, si stiracchiò le membra mugolando di piacere, si
fece la sua pisciatina, si sfrego contro le mie gambe, poi mi guardò
strizzandomi gli occhi e si avviò spedita giù per le scale dove
sicuramente si sarebbe messa paziente e speranzosa davanti alla
cambusa.
Come sempre verso quell’ora feci il
mio solito giro di ispezione in Sala Macchine e dopo a essermi
assicurato che tutto andava per il verso giusto, andai in cambusa,
difatti mi ero reso conto che avevo veramente fame.
Trovai la mia cena nel forno, quella
sera Peter ci aveva preparato delle patate fritte con le uova e la
salsiccia, per Luwala trovai in frigo dello spezzatino,glielo misi
nel ciottolo, le diedi pure da bere, lei bevve, mangiò, giro sui
tacchi e se ne andò per i fatti suoi, io accendendomi prima il
televisore, mi accinsi finalmente a cenare in pace.
Dalla TV spagnola sentii che l’Uragano
aveva causato in Inghilterra una mezza dozzina di morti e causato
ingenti danni, sradicando diversi alberi, scoperchiando e
danneggiando diversi tetti di case,allagato diverse strade, il giorno
dopo a Bilbao appresi che i Morti erano 12 e che il traffico sulla
Manica era stato letteralmente paralizzato.
Quella sera non andai sul ponte di
navigazione, quegli imbecilli non volevo nemmeno più vederli, già
la loro presenza a bordo non mi andava più a genio, e cosi rimasi
seduto in mensa a guardarmi la Tv e quando Luwala, dopo la sua
ispezione in Coperta durata circa un’oretta , ritornò, andammo di
nuovo a dormire.
L’indomani verso mezzodì eravamo
attraccati nel Porto di Bilbao alla banchina del rottame, e da quel
momento mi promisi di fare quello che già mi ero promesso di fare,
vale a dire, di non impicciarmi di nulla e di attendere l’evoluzione
degli eventi.
Dalla Coperta di Poppa notai che il
Comandante e l’agente erano saliti su di una vettura e andati via
e dato che non avevo ancora pranzato andai in mensa mangiare.
>Il Comandante ha dato ordine al
primo ufficiale di rimettere i pontoni in posizione,< mi disse
Peter non appena mi vide.
>Non lo fate, aprite i boccaporti ma
non toccate i pontoni, prima voglio fare delle foto, e poi se non lo
fa lui, chiamo l’Olanda e chiedo loro di mandare la Germanische
Lloyd a Bordo, se non lo fanno, allora chiamo la Capitaneria di Porto
e poi guarda il casino che pianto io, non permetterò loro né di
rovinarmi la nave né tanto meno di danneggiare l’Armatore, non
toccate quei pontoni, questo è un caso Assicurativo e ci sono pure
dei rotoli di Lamiera danneggiata, probabilmente quel vecchio
imbecille è andato con l’agente da un Notaio a dichiarare una
“Seaprotest” ovvero a denunciare i danni al Carico e alla Nave
come dovuti a cause di forza maggiore.< spiegai loro. Quando poi
il Comandante ritorna a Bordo sentirò che cosa ha da dire. <
risposi mentre mangiavo.
Eravamo poco più tardi seduti in
coperta a fumarci una sigaretta quando vedemmo l’agente ritornare a
bordo con il Comandante che si ritirò sul ponte mentre l’Agente mi
pregò di andare con lui perche qualcuno in Olanda mi voleva
parlare.
>Stando a quello che ci racconta il
Comandante, nella stiva solo un paio di pontoni avevano rotto le loro
imbracature e nella stiva non ci sarebbero danni di rilievo, qual è
la sua versione Chief?< Mi chiese una voce nell’orecchio non
appena telefonai.
In stile
telegrafico e puramente tecnico spiegai alla voce che se il
Comandante riteneva che 12 pontoni a briglia sciolta nella stiva
durante un Uragano siano un gioco da ragazzini, vada per il gioco,
il fatto però era che accusavo 25 traverse dilaniate, due tubi di
sondaggio spezzati e un paio di tagli e incavature profonde oltre 5
mm sullo scafo della nave, un paio di rotoli di lamiera danneggiati,
questo per me non erano danni irrilevanti, bensì un massiccio
indebolimento delle strutture della nave. Pertanto chiesi subito un
Ispezione da parte della Società di Classificazione e un Ispettore
dell’assicurazione per determinare i danni.
In poche parole lo misi al corrente
della situazione e del come e del perché ci eravamo cascati dentro,
gli spiegai anche che c’era mancato poco che non avessi fatti
rinchiudere il Comandante nella sua cabina e assunto in emergenza il
Comando di tutta la Nave.
Dalla mia parte del filo si poteva
letteralmente percepire come il mio interlocutore in Olanda si stava
sbiancando in faccia.
Lo sentii imprecare in Olandese e altre
persone che parlavano concise e veloci tra loro.
Infine mi chiese perché mai eravamo
entrati nel Porto di Bilbao e perché non eravamo andati da qualche
parte alla fonda e sistemato i pontoni nei loro siti per continuare
il viaggio fino a destinazione.
Quello si senti rispondere che il
Comandante mi aveva informato solo che andava a Bilbao perchè glielo
aveva ordinato il noleggiatore.
Lo sentii imprecare
ancora, poi mi pregò di attendere un momento al telefono e subito
dopo mie orecchie comincio a suonare una musichetta distensiva e
allegra.
La voce riprese a parlare manco un
minuto dopo.
>OK Chief, attenda per favore un
paio di minuti, giusto il tempo che mi ci vuole per mandare una Telex
con nuove istruzioni per il Comandante e il nostro agente. Noi ora
informeremo la Germanische Lloyd e l’Assicurazione, ci sarà pure
un’investigazione della Capitaneria di Porto di Bilbao, è la
prassi che in questi casi lo richiede, non noi, pensa che sia il
caso di sostituire il Comandante e il 1° Ufficiale?< mi chiese
alla fine, lascandomi libera scelta.
Avrei dovuto dire di sì, se solo
avessi saputo che per colpa di quel vecchio imbecille e del suo degno
sostituto, manco dieci giorni dopo, e questa volta nel Mare Nostrum,
ci saremmo trovati di nuovo in una pericolosa situazione di emergenza
nave, certo che avrei chiesto la loro sostituzione, ma non lo sapevo,
e pertanto, credendo che il peggio fosse passato declinai la
proposta, così ci salutammo e la conversazione finì.
Pochi minuti dopo dall’Olanda arrivò
una Telex per il Comandante dove gli veniva imposto di andare
immediatamente da un notaio e di dichiarare i danni alla Nave come
danni di forza maggiore e di richiamare in Olanda subito dopo, così
ritornai a Bordo, l’Agente andò dal Comandante e io in mensa a
bermi un caffè dove i ragazzi e Peter si erano trincerati aspettando
novità.
>Resteremo qui per circa due giorni
o tre giorni, questo incluso, domani verranno a bordo un Ispettore
della Germanische Lloyd uno dell’Assicurazione, della Capitaneria
di Porto e gente di qualche Cantiere di riparazione. Domani, dopo la
loro ispezione, cominciate a mettere i pontoni in posizione e a
ripulire tutto quel casino là sotto, perchè subito dopo inizieranno
a riparare i danni e speriamo che lavorino spediti, cosi che ce ne
possiamo andare alla svelta,< -spiegai loro- >in quanto a voi
tre questa sera vi invito a cena al Club dei pescatori di Bilbao dove
si mangia un buon pesce, e che quei due si arrangino,< dissi,
invitandoli a cena come ringraziamento per il valido aiuto datomi
negli ultimi giorni.
E cosi successe: l’indomani mattina
arrivarono a bordo tutta una sfilza di esperti in divisa e in civile,
uno in tuta di lavoro, quello era del cantiere.
L’ispettore della Germanische Lloyd
si mise all’opera per primo, senza dire una parola non appena si
rese conto della situazione, dalla sua borsa estrasse una bomboletta
spray e cominciò veloce e sicuro a segnare tutte le traverse che
dovevano, secondo il suo unico insindacabile giudizio, venir
cambiate.
Dal canto mio presi dalla mia tuta un
disegno di costruzione della Nave che mi ero portato appresso e gli
indicai il numero delle varie traverse, e lui ringraziandomi, ci
scrisse pure quello.
Gli esperti scattarono tutte le foto
del caso, e fotografarono le traverse una ad una. Poi il tutto da
prua e da poppa, e viceversa, e contammo le traverse da riparare, ne
contammo ventinove e tre pezzi di tubi di sondaggio da sostituire,
nonché quattro pezze provvisorie da saldare internamente sullo
scafo, tre a dritta e una a manca.
Alla fine uscimmo dalla stiva per
andare sul ponte di navigazione seguiti da un Comandante
completamente disorientato e confuso.
Prima però passai dalla mia cabina e
presi il brogliaccio, ovvero il mio Giornale di Bordo della Domenica,
quello della bella calligrafia, e non quello con le correzioni e le
impronta delle dita sporche di olio nero.
Sapevo che gli esperti me lo avrebbero
richiesto e per risparmiarmi un'altra volta le scale, me lo portai
subito appresso.
In casi del genere, quando tutto è
stabilito e le modalità di intervento sono delineate, se si fanno
le varie fotocopie delle pagine dei Giornali di Bordo sia Tecnico sia
Nautico, praticamente il tutto, a riparazione avvenuta, finisce li.
Difatti il rappresentante del Cantiere
di Riparazioni se ne andò subito via a organizzare una squadra di
lavoro che sarebbe venuta in poche ore a iniziare i lavori, ma, dato
che l’Assicurazione non intendeva pagare ore straordinarie, mi
disse che i lavori sarebbero terminati solo l’indomani verso sera.
Si parla tra gente di mare e spunta
la Motonave El Castillo...
In questi casi c’è sempre uno
spiraglio per una conversazione marinaresca, e quando uno degli
Ufficiali della Capitaneria di Porto mi disse che le migliori navi
erano quelle Spagnole, non potei fare a meno di chiedergli se questo
valeva anche per la Motonave El Castillo.
Ammutolirono tutti, sentendo il nome
“El Castillo”, mi sembrò che a tutti fosse venuto un colpo,
stavano li, seduti a bocca aperta e mi guardavano increduli, con il
Comandante ora completamente fuori bussola che si guardava in giro
ancora più spaesato di prima che non capiva più niente.
>Ma che cosa dice Chief, l’El
Castillo e stata rottamata a Cabo Verde già cinque anni fa,<
disse uno dei signori in divisa.
In poche parole gli spiegai che l’El
Castillo si trovava nel Porto di Sousa a Creta e che un Ispettore
locale della Lloyd’s Register of Shipping nel Cantieri di
demolizione a Capo Verde aveva Certificato la Nave idonea alla
navigazione per i prossimi quattro anni, circa un anno prima.
Le mie spiegazioni non finirono li, con
voce tagliente spiegai ai Signori Rappresentanti Marittimi di questo
e di quello, che l’El Castillo già dieci anni prima avrebbe dovuto
essere stata tolta dalla navigazione e che ora era in Grecia tenuta
insieme dalla ruggine e a galla dalla mano di Dio.
Bastò questo per fare terminare tutte
le conversazioni, in fretta e furia quelli fecero fagotto e,
salutando se ne andarono, per ultimo se ne andò il Rappresentante
della Germanische Lloyd che salutandomi mi disse che sarebbe
ritornato a bordo per certificare le riparazioni non appena lo
avessero chiamato e mi pregò di terne un occhio sui lavori.
Rimanemmo tre giorni a Bilbao, nel
frattempo Peter, con una bottiglia di Rum e una stecca di sigarette
si era organizzato le lamiere che ci servivano per costruire una
nuova cassa per le batterie del nostro trasmettitore di Emergenza e
io aveva eseguito diversi lavori di manutenzione controllo nei mie
Macchinari.
Potemmo salpare solo il quarto giorno
appunto perché dovemmo aspettare di nuovo il Rappresentate della
nostra Società di Classificazione, quello venne a bordo, controllò
le riparazioni con un piccolo timbro rotondo sui nostri Certificati,
e ci diede il permesso di salpare, annotando però che le pezze messe
sullo scafo erano solo provvisorie e da sostituire con una
riparazione definitiva durante la prossima revisione della scafo.
Verso mezzogiorno uscimmo dal Porto di
Bilbao e mentre la mia nave finalmente riprendeva la sua rotta,
pensai alla El Castillo che sicuramente si trovava ancora ormeggiata
presso la banchina della Marina Militare nel Porto di Sousa Creta e
mi chiese dove diavolo ci avrebbe portato il tutto se nella moderna
Marina Mercantile a volte la vita di un intero equipaggio valeva
ancor meno che una manciata di dollari.
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1. In Mare non esiste Domenica. Scritto da
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, il 18-08-2011 17:55 Salve Marista Ti ricordi del post del 23-12.89 la dove descrivo il Natale trascorso a Plymouth a Bordo della "Condor"mentre tutti i ragazzi erano a Casa per le Feste natalizie e rimasia Bordo con un nuovo Nostromo d'avvicendamento? Quella che quella Sera ci fregò l'anatra al forno fu proprio quella disgraziata di Luwala. Ciao.
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