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Franco Parpaiola. Monopoli, le pietre miliari della nostra Storia. PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
giovedì 23 giugno 2011
Monopoli città vecchia

Una Città come Monopoli, che esisteva già dai tempi dell’antica Roma, ha la sua Città Vecchia con le piccole strade un po’ buie, con vicoli e vicoletti che portano dappertutto e da nessuna parte.

Dove Botteghe artigiane e Artigiani dalle mani d’oro, che testimoniano di semplicità e di onesto lavoro, ancor oggi mantengono alta la tradizione artigianale di sempre.

Dove puoi trovare piccole salumerie a quasi ogni angolo di casa, dai mille antichi e quasi dimenticati gusti e profumi nostrani, con Trattorie a conduzione strettamente casalinga che ricordano di antichi odori e sapori.

Dove le sue Chiese, la sua devozione, la sua morale e le sue Leggi sono rimaste quasi invariate nel tempo.













Quel piccolo microcosmo cittadino all’ombra del Castello di Carlo V, è in realtà un macrocosmo in se stesso, dove le tradizioni del passato e la loro gelosa e sacra custodia si mescolano con le esigenze del presente, con i buoni auspici per un futuro migliore nella vita di questa laboriosa Città.

Come ogni Città vecchia anche quella di Monopoli è ancora popolata da gente semplice e laboriosa, ancora oggi vi si trova il Barbiere di vecchio stampo e mestiere che tagliuzza ai propri clienti anche i peli lunghi del naso e delle orecchie.

Trovi i vecchi sarti e i calzolai provetti nel loro mestiere, taciturni nel lavoro, ma attenti ascoltatori e osservatori della vita rionale. Accanto agli immancabili tabaccai con annesso botteghino del Lotto, trovano posto anche i Negozi del Pane e del Latte e tanti piccoli Bar e trattorie di pescatori, sempre ad andamento strettamente familiare, dove gli Uomini escono in mare a pescare e le Donne gestiscono la casa, il Bar, la Cucina e la Trattoria e allevano pure i loro figli.

Sono proprio queste trattorie pittoresche che hanno rispolverato e tengono in vita le ricette e antichi sapori di cui Monopoli e la Puglia in generale, sono i fieri custodi.

Ed è proprio qui, nella Città vecchia, come nelle Città storiche di tutto il Mondo, che ancora si respira la storia di una Città, il suo passato, ed è proprio qui, nelle Città Vecchie e nei Centri Storici che si guarda al futuro nel vivo delle tradizioni e del folclore di un tempo.

In qualsiasi Città del Pianeta, ogni Città vecchia è un microcosmo a sé che resta in qualche modo lontano dalle logiche cittadine, costituendo un Mondo quasi irreale, popolato da quasi alieni che vivono in un certo senso una vita diversa, come se fossero su di un’astronave che però è ben ancorata al Macrocosmo urbano, microcosmi che tengono vive e si tramandano di generazione in generazione, le vecchie tradizioni cementate da secoli di Storia.

Monopoli non è una Città grande, è piuttosto un gran bella cittadina , forse un po’ fuori dal flusso turistico nazionale, e sicuramente poco valorizzata, che meriterebbe più riconoscimento;c’è veramente da auspicarsi che da questo punto di vista le cose cambino presto.

In realtà, la valorizzazione del Turismo dovrebbe essere una delle voci principali sull’agenda comunale di questa Città.

La Storia della Città è vasta e le possibilità di richiamo alle tradizioni secolari, sono molteplici specialmente nel settore della lavorazione delle olive, nella produzione dell’Olio d’oliva, ma non solo, anche incrementando e incoraggiando l’artigianato artistico locale, si potrebbero creare punti di interesse per turisti, e nuove attività locali che senz’altro troverebbero un sicuro apprezzamento .

A Monopoli la gente rimasta che non è emigrata e sparsa per il mondo, è laboriosa e attiva, lavora nelle costruzioni edili, e nelle industrie fuori città, se non nell’agricoltura, al Porto oppure nella Pesca e nella Gastronomia o, come molti, abbinando due attività.

Quando ero a Monopoli mi accorsi presto che la gente era molto impegnata a migliorare il proprio tenore di vita e che per poterlo fare, lavorava sodo.

E questo anche se i monopolitani, che non sono ricchi, si sanno accontentare di quello che hanno, ma questo tratto caratteristico si accompagna alla capacità di ingegnarsi e alla volontà di lavorare, che permette loro di condurre comunque un’esistenza decorosa e tranquilla.

D’estate la vita si svolge quasi esclusivamente nelle Strade e nelle Piazze e piazzette della Città.

Mentre la mattina c’è il solito via vai di massaie e anziani che escono al mercato per la spesa, dopo pranzo e fino al tardo pomeriggio, in Città le strade sono per lo più deserte. Ciononostante all'attento ascoltatore non sfuggono i rumori della sega elettrica del falegname e i colpi di martello del fabbro sull’ incudine, come non sfugge a chi sa e vuole ascoltare, il sommesso brusio di voci dietro le finestre semi chiuse delle case, e mentre il resto della Città Vecchia dorme al riparo dal sole cocente d’estate, tutti aspettano tranquilli la sera, quando le stradine e i vicoli, che durante le ore del sol leone sembravano essere parte integrante di una Città Morta, esplodono quasi di vita e rumori. Dopo cena gli anziani si siedono davanti alla porta di casa, raccontandosi i fatti e le magagne del giorno, mentre intere famiglie passeggiano sul lungomare godendosi le brezze marine, incuranti della snervante esuberanza dei giovani che armati dei loro dannati motorini, scorrazzano su e giù per le strade e le piazzette cittadine.

Fu così che proprio in questo ambiente, tramite un mio collega portoghese che lavorava per una Ditta tedesca Subappaltata dalla Wehrle nel Cantiere dell’Ital Green Energy, trovai un piccolo appartamento di quattro stanze, che faceva il caso mio.

Più che un appartamento, in verità mi presi in affitto un’intera casa formata da quattro stanze su quattro piani.

Le stanze erano una sopra l’altra. E una scala aperta le collegava tra loro e sbocciava infine all’ultimo piano da dove con una scala di legno, si poteva accedere alla terrazza, a dire il vero questa ultima era una ben strana scala: ricordava un po’ quella dei pollai, ma dava invece che in un pollaio, sul tetto a terrazza e ciò mi permetteva di vedere, oltre le case del vicinato, un lontano spiraglio di mare.

La costruzione di antica fattura aveva il tetto della cucina ad arco, i muri formati con blocchi di pietra calcarea ancora al naturale, sicché il tutto mi sembrava avere un aspetto un po’ bizzarro e curioso, di tempi ormai lontani.

Le stanze erano piccole, quasi come le celle dei Monasteri, il bagno era stato costruito di recente al primo piano, come di recente erano state pavimentate le scale con lo stesso marmo usato anche per la stanza al terzo piano adibita a stanza da letto nella quale trova posto solamente un letto, un tavolino e un piccolo comodino, dove da armadio fungeva una nicchia nel muro nascosta dietro una tenda, e lì vi si potevano appendere degli indumenti su di un manico di scopa fissato di traverso. Certo il resto della biancheria doveva restare in valigia o finire sul tavolino, oppure andava stipato in un’altra simile nicchia che si trovava al primo piano dove invece del manico di scopa, c’erano dei piani di tavole a scaffale.

Ancora più su, all’ultimo piano, la quarta stanza, era completamente vuota e sembrava non fosse mai stata usata.

Solamente la cucina e il primo piano avevano ancora il pavimento di pietra originale del Medioevo e, mentre le altre tre stanze sovrastanti avevano i muri originali coperti dal calcestruzzo dipinto di bianco, nella stanza al primo piano i muri erano stati lasciati allo stato naturale, il che le conferiva un’aura, un non so che, come di antica e saggia austerità.

L’insieme emanava un’atmosfera verdiana e teutone, sapeva di arcaico, di dignitoso e solenne, evocava Sinfonie verdiane e vibrava di fantasmi wagneriani, di giganti walkirie dalle enormi tette e dal leggiadro passo nonostante il mostruoso *** e il cipiglio da ammazzasette, sì, il tutto traboccava di dignitosa sobrietà, per questo affittai quell’antica Casa.

Anche se in verità, pensandoci bene e per dirla tutta, più che un appartamento mi era sembrato di aver preso in affitto una solenne tana, un maestoso tugurio, una specie di “Wolfschanze” tutta mia personale, dove potevo ritirarmi e sentirmi a mio agio.

Un tavolo, una sedia, una stufa con i fornelli a Gas, un secchiaio murato, con il lavapiatti in acciaio inox, un frigorifero e un piccolo armadio aperto, questo era l’arredamento semplice e spartano della cucina.

La stanza non aveva una finestra vera e propria, durante il giorno da una specie di feritoia quadrata come nelle antiche torri normanne del Medioevo, chiusa con un’inferriata esterna e un telaio vetrato non apribile all’interno, entrava un po’ di luce, per avere una luminosità migliore però, bisognava, come del resto nelle altre Stanze, tenere la luce elettrica sempre accesa.

Le finestre, anche se piccole, cominciavano invece dal primo piano in poi, dove ogni stanza aveva la sua piccola finestra sul vicolo che portava ad altri vicoli nel tortuoso labirinto della Città Vecchia.

Sul pavimento sotto il tavolo della cucina c’era un tappeto dal disegno moderno e smagliante di colori scarlatti che a mio avviso stonava con l’insieme della mia nuova tana, quel tappeto davvero non apparteneva allo spartano insieme, e così pensai di toglierlo.

Fu allora che scoprii che sotto il tappeto c’era una botola, in questo modo seppi anche dove si celava il Serbatoio dell’acqua potabile al quale aveva fatto allusione la padrona di casa, senza però, chissà perché, dirmi esattamente dov’era, difatti si era limitata a informarmi che al rifornimento dell’acqua ci avrebbe pensato lei, pertanto, anche se a malincuore, rimisi il tappeto al suo posto e feci finta di non vederlo più.

Come si suol dire in Germania, a volte in Italia gli orologi funzionano in modo differente dal normale, difatti il sistema sanitario non era allacciato all’Acquedotto. La casa era stata adibita da quasi una mezza eternità a magazzino e ripostiglio e solamente da poco tempo era stara resa abitabile. Sarebbe stato necessario farne formale richiesta, questo però avrebbe portato con sé altri problemi burocratici come l’allacciamento dei servizi sanitari alle fognature comunali, che invece la resoluta padrona di casa aveva fatto attuare abusivamente dai propri parenti e amici con un colpo di mano notturno.

Ci sarebbe stata anche la possibilità di allacciarsi abusivamente all’Acquedotto comunale, portando a termine un ennesimo colpo da Ussari, seppi in seguito che questo avrebbe mandato sulle barricate l’anziana vicina con la quale la mia padrona di casa da secoli ormai, non andava più d’accordo.

Nemmeno il vecchio calzolaio che aveva il suo botteghino in un bugigattolo nello stesso vicolo, ricordava più la ragione precisa della guerra tra le due anziane signore, indagai in proposito una sera alla Pizzeria del Gallo Nero, ma fu laconico e mi disse solo che se quelle due non la finivano, un giorno o l’altro avrebbe buttato un secchio d’acqua in testa a entrambe.

Considerato che erano secoli ormai che sognava invano di tirare loro un secchio d’acqua addosso, sicuramente sarebbero passati chissà quanti secoli ancora in cui avrebbe continuato a ripetersi di volerlo fare, senza mai mettere in pratica il suo bellicoso proposito.

Le due signore non erano malvagie, nemmeno semplicemente cattive, erano solo strane, vecchie, zitelle e scorbutiche, né più né meno che questo.

Vivevano sole in un altro vicolo non lontano dal mio, e forse proprio per la loro solitudine erano diventate insipide e irte di spine, piene di rancori e impietose l’una verso l’altra, come solo le donne lo possono essere.

La gente anziana del vicinato, da come mi spiegò finalmente il calzolaio una sera, era sicura che nella loro giovane età, subito dopo la guerra, le due si fossero innamorate dello stesso pescatore, poi diventato negli anni d’oro del contrabbando di sigarette di cui Monopoli in Italia era praticamente la Capitale, lui stesso un contrabbandiere di successo.

Accadde però che per colpa di piccoli disguidi e reciproche incomprensioni e incompatibilità di pensiero con la locale guarnigione della Guardia di Finanza, una bella notte il loro Principe Azzurro facesse fagotto, e certi suoi amici, in fretta e furia con un peschereccio, lo portarono in Grecia.

Dalla Grecia emigrò in America, promettendo loro di ritornare presto, per prendersi finalmente una delle due per moglie, non appena i suoi disguidi con i cocciuti finanzieri che lo volevano ad ogni costo sbattere in galera per contrabbando di sigarette, fossero stati chiariti.

In realtà da quel giorno non si fece più vedere nè sentire, e dopo pochi anni nella Città Vecchia si sparse la notizia che il loro sogno di tante notti insonni si era nel frattempo sposato negli Stati Uniti con un’altra donna, figlia di emigrati monopolitani.

Fu così che da quel momento le due donne cominciarono ad accusarsi a vicenda della loro solitudine, e da come mi spiegò il calzolaio, senza però poterci giurare sopra, pare che tra le due innamorate di allora, proprio in seguito a questo episodio, fosse scoppiata la guerra di nervi che alimentava la loro avversione l’una verso l’altra, e che ormai durava da decenni.

È chiaro che con questi presupposti la padrona di casa non poteva allacciare abusivamente la propria abitazione al sistema idrico della Città, la sua vicina avrebbe subito chiamato i Vigili Urbani.

Fu così che solamente il sistema sanitario e la cucina erano stati allacciati abusivamente al sistema fognario cittadino e anche questo fu possibile soltanto dopo che la petulante e denunziante vicina, in seguito un violento battibecco tra le due contendenti, questa volta un po’ più violento del solito, dovette essere ricoverata in Ospedale per una sua ennesima crisi di nervi,

Grazie all’intraprendenza imprenditoriale della padrona di casa, da quel giorno, i futuri inquilini non ebbero più necessità di usare il bagno e i servizi sanitari pubblici che si trovavano sotto il piazzale del Mercato della frutta e del pesce della Città vecchia.

Un altro punto a favore della casa era il fatto che anche la luce elettrica era gratis, difatti anche l’allacciamento elettrico alla Rete era abusivo e, per quanto da straniero nordista non potessi concepire una cosa simile, trovai nei fatti, il modo di vivere e di pensare sudista alquanto sbrigativo e redditizio.

Le uniche cose alle quali avrei dovuto provvedere da solo erano il Gas per la cucina, le provviste, le lenzuola per il mio letto, e basta.

Alla padrona di casa chiesi anche se conosceva una donna che potesse, un paio di volte alla settimana, tenermi in ordine la casa, cosi mi trovai ad avere per la prima volta in vita mia anche una perla che non solo mi teneva in ordine le stanze, ma mi lavava la biancheria e se dimenticavo di lavarmi i piatti, la perla mi lavava pure quelli.

L’anziana signora mi aveva procurato persino un televisore e aveva provveduto a sistemarmi un’antenna sulla terrazza, in cucina mi ero sistemato un buon ricevitore Radio che avevo sempre in valigia con me, che mi permetteva di seguire i risultati di Calcio della Bundesliga e ascoltare anche i Notiziari tedeschi della Deutsche Welle.

In questo modo il mio piccolo mondo casalingo nella mia Wolfschanze era veramente tranquillo e borghese, mi sentivo quasi civilizzato.

Per molti forse il mio tugurio sarebbe potuto sembrare un po’ strano, per altri magari addirittura strambo e quasi incivile, ma era pulito e decoroso come d’altra parte tutta la città vecchia era pulita, decorosa e tranquilla. Anche per questo lì mi sentivo a mio agio, tanto che decisi di restarci per tutta la durata del Contratto di lavoro, tralasciando di cercarmi con calma un altro appartamento più comodo e soleggiato come mi ero dapprima prefisso.

C’è da dire anche che le Città Vecchie di qualsiasi città, se ben tenute e pulite come quella di Monopoli, mi attirano e mi incuriosiscono, quasi mi dominano con il loro fascino sottile dal quale mi è sempre difficile sottrarmi.

Anche se io con i miei pensieri e le mie idee sono saldamente ancorato nel presente e tengo lo sguardo rivolto verso il futuro, ciononostante sono convinto che la chiave per un nostro futuro migliore, non si trovi su Marte, ma sia nascosta nel nostro passato. È da lì dobbiamo partire per cercare il nostro futuro, che si nasconde tutto tra le Mura e la Storia delle Città Vecchie, nelle antiche Chiese, nelle Cronache cittadine e nei racconti del tempo andato e non di certo in qualche pietra trovata sulla Luna o portataci da un qualche asteroide piovuto sulla Terra chissà da dove.

Sono le Città Vecchie che ci parlano che ci raccontano del tempo andato e ci ammoniscono con le loro testimonianze, ci scongiurano con la loro Storia a non ripetere gli stessi sbagli che tanti prima alcuni di noi hanno già fatto, solo per questo sono fermamente convinto che la chiave del nostro futuro sia ben conservata e visibile nel nostro passato.

Basterebbe volerci guardare dentro e valorizzare al massimo, le bellezze, le capacità artigiane e gli insegnamenti della nostra Storia passata, senza deduzioni di comodo o interessi di parte.

 

Monopoli castello carlo v


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  Commenti (2)
1. Le pietre miliari della nostra Storia
Scritto da Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo website, il 01-07-2011 09:49
Ciao Gigi. 
Faccio un tentativo con tre Editori Italiani, se in tre Mesi non ho risposta positiva accettabile, mi butto e pubblico da solo in Germanani e il Libro sarà reperibile da grossisti come Amazon con tanto di Numewro ISBN 
Quella Storia uscirà in un modo o nell'altro quest'Anno ci puoi giurarere sopra. 
Grazie delle tue incoragginati parole. 
Un caro abbraccio anche a te. 
Franco
2. Grazie Franco!
Scritto da Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo , il 23-06-2011 23:30
Mi sbaglio o è questo l'inizio di quella "storia" che ci avevi promesso un po' di tempo fa? 
Ho letto tutto di un fiato e devo farti i complimenti. Naturalmente aspetto con trepidazione le puntate seguenti. 
Un caro abbraccio. 
Gigi Zazzera 
PS.Quando hai descritto l'alloggio mi sono venuti i brividi perché, più di 50 anni, ho vissuto anch'io, con la mia famiglia, in quattro stanze disposte su quattro piani...

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