Tratto dal Manoscritto n°4 „Quel
brutto pasticcio della Motonave CONDOR“
Porto di Plymouth,Natale 1989.
Senz’altro quel
Natale del 1989 non è da annoverarsi tra i
miei migliori, tra i più divertenti invece sì.
Una decina di giorni prima l’Armatore
mi aveva mandato a Plymouth nel sudovest dell’Inghilterra, a
riparare il motore principale della nostra MN CONDOR in
avaria,dandomi tre giorni di tempo per completare con i mezzi di
bordo, la riparazione.
Due giorni dopo per tutta risposta gli
telefonai, e sui due piedi, senza tante moine gli feci il mio bel
Regalo di Natale ordinando mi venisse fornito un motore principale
nuovo.
»Franco ne sei veramente sicuro ?«
»Quelli della
Germanische Lloyd dicono che l’Avaria e troppo grande, il Blocco
Motore è incrinato, e l’albero di trasmissione presenta delle
rotture capillari.« risposo asciutto.
»Va bene Capo, dopo
Natale verrò a Plymouth con quelli dell’Assicurazione e vedremo di
scaricare la Nave, intanto chiederò alla Deutz di trovarmi un motore
di ricambio.«
»Mandatemi uno dei
nostri rimorchiatori che è meglio, e andiamo a Rotterdam, costa
meno,«
»Forse hai ragione, vedremo, intanto
ritiro l’equipaggio e a bordo lascio solo il Nostromo, e tu? Vuoi
che prenoti un volo per Trieste?«
»Rimango a bordo, ho fa fare.«
L’indomani mattina l’intero
equipaggio, felicissimo per l’inaspettata vacanza, Capitano in
testa andò all’aeroporto e via Londra rientrò a Rotterdam.
»Franco lascio il mio cane a bordo,
tanto quando ci sei tu quella dannata cagna non mi ascolta più, e
poi qui in Inghilterra non posso nemmeno portarla a terra, la
metterebbero subito in quarantena.«
»Io, piuttosto che
portare Luwala a terra, metterei prima l’Inghilterra in
quarantena, « risposi ridendo.
Il mio Natale del
1989 comincio così, a bordo di una Nave in avaria nel Porto di
Plymouth, in compagnia di Jan il nostromo e di Luwala, uno splendido
miscuglio di Rot Weihler e Mastino Napoletano di 4 Anni per un peso
di circa una trentina di chili.
Jan ed io per la
vigilia di Natale decidemmo di cucinarci un tacchino al forno, ma
nel Freezer non trovammo altro che polli e una grossa gallina da
brodo, bella grassa e vecchia di chissà di quanti anni.
La trovammo in fondo al Freezer, era
sotto un ammasso di polli e altra carne congelata.
»Va a vedere che la gallina è vecchia
tanto quanto la Nave,« sbotto Jan ridendo quando la estrasse,
congelata a -20° , dal mucchio.
»Gallina vecchia fa
buon brodo Jan,« -gli ricordai scherzando- » ed ora noi facciamo
diventare la gallina un tacchino, quindi la mettiamo al forno con
tanto di ripieno,« decretai con far da saputello.
»E tacchino sia.«
mi scimmiottò Jan ridendo e seguiti da Luwala che incuriosita ci
seguiva sempre al passo, ce ne andammo in Cambusa.
»Cosa usiamo come
ripieno?« si chiese Jan mentre lavava la Gallina diventata per noi
un tacchino con dell’acqua calda per liberarla dal suo involucro di
plastica congelata.
»Dobbiamo fare un
inventario di quello che abbiamo, poi vedremo,« e mentre lui si
industriava a togliere il volatile dal suo involucro di plastica, io
diedi una guardata in frigorifero.
Avevamo ancora un
mezzo litro di sugo alla Bolognese per la pasta, del riso stracotto,
del Beacon Danese e dello Speck di Merano, tutti ingredienti che che
al limite potevano venir presi in considerazione quale ripieno per il
nostro avvoltoio natalizio, ma niente altro. Avevamo sì, ancora i
resti del Chop Suey preso dal Ristorante Indiano la sera precedente,
ma quello lo diedi a Luwala che, sempre incuriosita, si era piantata
davanti alla porta della Cambusa e ci guardava senza dire o chiedere
nulla, era lì, seduta su di una chiappa, e ci guardava, ci
guardava, ma lo faceva quasi con distacco, tanto da apparire
disinteressata al nostro trafficare con il rapace congelato, con lo
Speck di Merano e la Salsa alla Bolognese che tanto le piaceva, in
realtà se ne stava lì ferma e spiava e valutava sorniona ogni
nostra mossa.
Con lo stesso
distacco, quasi annoiata, la cagna si mangiò il resto del Chop Suey
,ma senza perdere di vista il volatile.
»Scordatelo, non ti
azzardare manco a pensarlo o ti sbrano,« l’avvertii con voce
soave, per tutta risposta lei continuo a mangiucchiare come se avessi
parlato con la paratia della nave, senza perdere però d’occhio
la malcapitata Gallina.
»Quella è una
ladra di polli nata, Franco, l’altro giorno ne fregò uno al
cuoco,« -mi avvertì Jan ridendo- » ma questo non ce lo frega,«
aggiunse divertito il bravo nostromo.
»Bene Jan, il
ripieno lo facciamo con il riso e la salsa, una cipolla e lo speck,
va bene?«
»Cosi sia grande
Capo,« rispose Jan, e mise un pentolone da dieci litri colmo
d’acqua calda sui fornelli per scongelare l’avvoltoio intirizzito
dal gelo mentre io mi davo da fare a spellare una cipolla e a
tagliarla fine.
Un’ora dopo
avevamo tutto pronto, il volatile si era scongelato e dopo averlo
riempito per bene con il nostro ripieno, Jan il nostromo prese un ago
e dello spago e da bravo nostromo che era, cucì il ***
dell’avvoltoio cosi che il ripieno che a dir la Verità era
riuscito piuttosto liquido, non fuoriuscisse .
Il resto del ripieno lo diedi a Luwala
la quale ora fissava il frigorifero, dove avevamo messo il nostro
Cenone di Natale, difatti erano appena le 14:00, troppo presto ancora
per metterlo nel forno.
A bordo non avevamo niente che ci
ricordasse il Natale, così decisi di andare a Terra da Woollworth a
prendere qualche cosa che almeno ci desse l’apparenza di essere dei
Cristiani, e mentre Jan guardava la tv , me ne andai e ritornai due
ore dopo, senza nemmeno essere entrato in un Pub.
In Città
mi ero preso un piccolo albero di Natale di Plastica, un po’ di
decorazioni, della Cioccolata e tre Bottiglie di Vino Californiano.
Barbari come sono, í
very British manco conoscevano l’Amarone, e cosi mi accontentai
del Cabernet dei Fratelli Gallo che dopo tutto è pure un buon Vino.
Presi pure dei Fish
and Chips e, a Luwala, dato che era Natale, regalai un bel l'osso da
un chilo.
Operazione avvoltoio
iniziò verso le 17:00, avevamo mangiato, e bevuto una delle tre
Bottiglie di vino, e mentre guardavamo la tv, parlato di questo e di
quello, Luwala si era distesa sotto un tavolo nel Salone e
rosicchiava il suo Osso e il nostro piccolo mondo natalizio era
tranquillo e perfetto.
Il nostro “tacchino”
a sera inoltrata era cotto a puntino.
Avevamo combinato su
un contorno di patate lesse e crauti rossi lessati , una salsa che
non saprei definire, dal colore piuttosto angusto che non faceva
affatto pensare ad una salsa appetitosa, ma che invece aveva un
sapore gradevolmente agrodolce e piccante, con un non so che di
esotico e lontano che mi ricordava vagamente, sia pure con molta
fantasia, i sapori indocinesi e asiatici, e che, a parte il colore
giallino marrone che le derivava dalla panna mescolata con l’olio
di Soia e la Sambal indonesiana, poteva anche andar bene.
»Non sono mai stato
bravo a far le salse,« mormoro Jan quasi scusandosi, - »almeno
questa ha il sapore di salsa fantasia e non di quello che sembra
sia,« sbottò poi ridendo.
Mi misi pure io a
ridere e quella fu una delle poche volte che Luwala ci guardò
incuriosita togliendo gli occhi dalla porta aperta del forno dove Jan
in una sperlunga aveva appoggiato l’ avvoltoio arrostito a puntino.
Ormai su Plymouth era calata la sera,
tutte le luci in Porto erano accese,
Laddove erano le
navi della Royal Navy ,era illuminato un po’più del solito, c’era
aria di attentai IRA nell’aria, le sentinelle erano state
raddoppiate e i Fari scrutavano in continuazione le acque portuali e
le banchine.
Era tempo di bassa
marea e come ogni sera Jan si apprestava a controllare gli ormeggi
della nave.
Quella sera, dato
che era la vigilia di Natale, lo facemmo insieme e arrivati sulla
prua ci fermammo un momento a fumare una sigaretta.
Il Porto e le
strade adiacenti erano deserte, non si vedeva anima viva in giro, e
il traffico, di solito molto sostenuto, era nullo; se non fosse
stato per le mille luci colorate dietro le finestre e i continui
guizzi dei fari della Royal Navy, avremmo potuto anche dire di essere
gli unici esseri umani al mondo, cosi calma e tranquilla era Plymouth
quella sera.
Istintivamente
allungai il braccio destro verso il basso per accarezzare Luwala che
di notte mi seguiva sempre in coperta, si metteva regolarmente alla
mia destra e stava li immobile come me a guardare nel buio, solo che
questa volta accarezzai un bel nulla, non c’era.
La chiamai ma non rispose.
»Jan quella
disgraziata ci sta fregando l’avvoltoio,« e senza indugi scattai
verso poppa e la Cambusa.
»Questa notte divento un coreano.«
sentii dire il Nostromo, mentre correvo e speravo che l’avvoltoio
fosse ancora troppo caldo per quella dannata traditrice di cagna
perchè potesse prenderlo tra le sua e fauci e portarselo via.
Nix, arrivato che
fui in Cambusa l’avvoltoio non si trovava più nella sperlunga e
Luwala era sparita.
»Quella dannata
*** ci ha fregati capo, era tutto il pomeriggio che lo teneva
d’occhio, le è bastato un minuto di disattenzione e se l’è
portato via,«
La chiamai, fischiai, la chiamai
ancora, nix, quella faceva orecchio da mercante e se ne fregava delle
mie chiamate e delle mie fischiate.
»Forse è nel tuo salone di sopra,«
»No, la viene solo
a dormire, mai a mangiare, ma so che ha un suo posticino segreto
sotto la scala che porta sul ponte a dritta, andiamo a vedere, va a
vedere che si è rintanata là,« e uscii di nuovo in coperta seguito
dal Nostromo.
Ed era là, istesa
sotto la scala, con l’avvoltoio ancora fumante tra le zampe
posteriori, ma quando ci vide arrivare, Luwala fece finta di niente,
rimase lì indifferente e tranquilla come se noi non esistessimo, e
tenendoci ben inquadrati , annusava con piacere il ***
dell’avvoltoio, là dove la Salsa alla Bolognese ancora troppo
calda usciva.
Tutte le bestie
hanno un certo confine entro il quale non ci si può avvicinare senza
svegliare il loro istinto di difesa, anche una spudorata cagna, un
avanzo di strada, una blasfema falsa e bugiarda come Luwala ,lo
aveva. Difatti quando noi due ci avvicinammo e oltrepassammo quel
limite a noi invisibile, lei si alzò, e tenendosi l’avvoltoio tra
le zampe puntò il naso verso di noi, e guardandoci in cagnesco
cominciò sommessamente a ringhiare.
La signora ringhiava
quasi annoiata, ma si capiva bene che non era intenzionata a mollare
la sua preda e che allo stesso tempo ci stava esortando ad andarcene,
dicendoci che era meglio per noi se l’avessimo lasciata in pace.
»Capo, abbiamo
mangiato il Fish and Chips, abbiamo le patate con i crauti rossi, ci
facciamo un paio di Uova fritte e Buon Natale, quella, se le
tocchiamo il tacchino ci sbrana,« mormorò Jan tirandosi
istintivamente un passo indietro.
Il mio primo istinto
sarebbe stato quello di saltarle addosso e prenderla a pugni in
testa, ma ero cosi divertito da quella sua ridicola posa da guerriera
che lascia correre e seguii Jan in Cambusa.
»I conti li facciamo più tardi, hai
capito scema?«
Nix, Luwala si era
accovacciata di nuovo e tenendomi sempre d’occhio , quasi ridendomi
in faccia, cominciò con sommo piacere a leccare il *** del pollo,
la dove la Salsa alla Bolognese, con il riso stracotto, la cipolla e
lo Speck di Merano, non più fumanti , stavano lentamente scolando
fuori.
In cambusa trovai un Nostromo mezzo
incazzato e mezzo divertito che stava friggendo sei uova.
Luwala si degnò di
onorarci con la sua presenza una mezz'ora dopo, furtiva e silenziosa
fece capolino tastando dalla porta della mensa l’aria che tirava da
noi, e noi due, come se lei non esistesse, continuammo a fumare in
silenzio e a guardare la TV.
Solamente quando mi
accorsi che le sue fauci erano spalancate mi alzai e le diedi un
mezzo secchio d’acqua da bere, difatti il pollo era stato molto ben
salato e pepato e questo indubbiamente le aveva procurato una gran
sete.
Quando però,
cominciò a venirci vicino tutta giuliva come se niente fosse
accaduto, senza dire una parola le indicai la via delle scale.
Finalmente mogia e
vergognosa di se, lei sali le scale, ma arrivata in cima, si fermò e
mi guardò, e di nuovo la sua espressione mi sembrò quella
soddisfatta e furba , quasi mi stesse facendo una gran bella risata
in faccia.
Tranquilla e a testa alta si giro e
andò di filato a dormire sul mio sofà.
Un paio d’ore dopo
ce ne andammo a dormire pure noi, e sul mio Sofà, trovai ancora
Luwala che dormiva beata, mi parve quasi sorridesse nel sonno,
quella ladra.
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1. Buon Natale. Scritto da Franco Parpaiola , il 24-12-2010 08:16 Ciao Marista, ed è pure una storia vera. La Nave che hai messo è il tipo d'Imbarcazione sulla quale mi è sempre piaciuto navigare. Buon Natale a tutti.
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