Un detto tedesco dice che la volontà non ha limiti, e dato che questa
massima non è solamente tedesca bensì universale, questo vale anche per
i nuovi cittadini friulani dei quali ho raccontato in Quadruvium Uno e
Due, sorti come la Fenice dalle Ceneri, dopo la scomparsa del Paese
degli Asini.
Quando tre mesi dopo la mia ultima visita andai a
casa per una settimana dai miei, gli amici della Banda del Tocai mi
informarono che il Monumento all'Emigrante era stato eretto e, con
tanto di benedizione, solennemente inaugurato.
Lo avevano veramente fatto, anche se non così sontuoso come previsto.
Dunque, dissi divertito a me stesso, gli scemi del villaggio, i pro- "monumentari", erano ad ogni modo riusciti ad avere la meglio e a spuntarla contro quei pochi che avendo, a mio modo di vedere, ancora tutte le rotelle al posto giusto, erano stati sempre contrari ad una simile baggianata .
Il Progetto iniziale prevedeva di collocare davanti alla Stazione ferroviaria, una Statua di Bronzo raffigurante un Uomo, che aveva ai suoi piedi una semplice valigia, e che con sguardo melanconico e greve, con un braccio alzato indicava la strada presa da migliaia di Emigranti, verso l'incognito Nord Europa.
Dal racconto dei miei amici riuscivo perfettamente a visualizzare cos' era successo negli ultimi 3 mesi.
Come già sapevo, il Paese si era diviso in due, anzi in tre, i pro, i contro ed i neutrali, l'ultimo gruppo era costituito dagli emigranti stessi; la spuntarono come è normale, quelli che costituivano il gruppo meglio guarnito, appunto quello degli sciocchi del villaggio, e agli altri, com'è di consuetudine in ogni democrazia che si rispetti, non rimase altro che accettare la volontà della maggioranza del Popolo, ancora una volta , come purtroppo spesso accade, costituita dagli sciocchi del villaggio
Costoro fecero sì il Monumento ma non lo piazzarono davanti alla Stazione, difatti all'ultimo momento i più si resero conto che se avessero sistemato il solenne ricordo agli Emigranti la dove inizialmente previsto, sarebbero andati persi, non solo diversi posti di Parcheggio che già scarseggiavano, ma sarebbero anche venuti a mancare gli spazi per diverse Bancarelle durante il Sacro Mercato del Martedì.
Come se non bastasse, dopo tante discussioni, qualcuno si accorse che le Casse Comunali erano già da molto tempo quasi vuote e spiegò che praticamente il Comune non aveva neanche più un soldo, ma in compenso tanti debiti.
Le Teste comunali ripresero a fumare e cominciò la ricerca di Fondi pro- Monumento, alla fine della certosina ricerca gli archeologi della moneta a forza di scavare tra i Conti comunali racimolarono quel che bastò per acquistare un Sasso di granito rosso alto appena un Metro, che un Architetto triestino, con un paio di martellate accademiche elevò a scultura e in una Solenne Cerimonia venne Consacrato alla memoria degli Emigranti della Città e del Comune di Codroipo.
Alla solenne Cerimonia inaugurale, che anziché davanti ala Stazione Ferroviaria ebbe luogo davanti alle vecchie scuole Elementari dove fu collocato il sacro sasso, c'erano i Bambini delle Scuole elementari con le loro Maestre e i Bambini dell'Asilo, con le Suore.
C'erano pure i sempre vigili e solerti Vigili Urbani i quali, come ci insegna il nostro Inno Nazionale, essendo creati schiavi di Roma, e discendenti dal Popolo dell'Urbe, per adeguarsi ai tempi, erano stati, dopo la scomparsa del Paese, e la miracolosa comparsa della Città di Codroipo, ribattezzati in Polizia Urbana.
C'era pure il Monsignore che, contento di vedere tanti bravi fedeli cristiani, gaudente benediva sotto l'occhio soddisfatto e fiero del Sindaco che assisteva all'evento con tanto di sciarpa tricolore a tracolla.
La Banda comunale non c'era.
Nix Banda comunale, una volta il Paese aveva la sua bella Banda e il figlio di Giovanni, il provetto Fabbro dalle Mani d'oro del Paese, ne era il capace e bravo Maestro, ma dopo che gli strumenti furono venduti dal Comune o imprestati ad un altro Comune confinante, o come male lingue insinuano, pignorati, da un altro Comune, la Banda comunale si sciolse per il semplice fatto che senza strumenti non si poteva suonare, e nessuno ne parlo più.
Sembra veramente che le spese sostenute per il Monumento prosciugarono completamente le Casse comunali e il Sindaco in Cattedra, fece finalmente una cosa giusta, si ritirò!
Disperati, i membri della Giunta Comunale formata da tanti e mille Partiti e correnti interne ed esterne si riunirono d'emergenza e, per poter salvare le poltrone, cercarono tra le loro fila un pirla che fungesse, almeno per un poco ancora, da Sindaco.
Come cospiratori quelle sere su e giù per le scale del Palazzo Comunale formarono piccoli gruppetti che confabulando sotto voce si guardavano tra loro storto e in cagnesco, ma il risultato fu che nessuno dei baldi rappresentati cittadini ebbe il coraggio o fu tanto fesso, da candidarsi per il posto di Sindaco.
Così , passati i termini previsti senza che la Giunta riuscisse a produrre un pirla che in quei frangenti se la sentisse di fungere da Sindaco, da Roma ladrona venne un Commissario Amministratore d'Ufficio.
Ancor oggi nessuno è ancora riuscito a capire che cosa diavolo volesse o potesse amministrare l'Illustre Commissario Amministrativo d'Ufficio, fatto è che quello arrivò e pertanto c'era, e dato che c'era, si mise ad amministrare.
Manco a farlo apposta, da buon Burocrate, partì subito con il piede sbagliato, e invece di far togliere il sacro sasso dello scandalo per venderlo al primo scalpellino in piazza onde poter cosi racimolare almeno quattro lirettine per le ormai vuote Casse del Comune, quello cominciò a tagliare i contributi comunali all'annuale Festa del Patrono del Paese, che, come ci si può ben immaginare doveva essere piuttosto incavolato.
Se lo fosse veramente, ciò non avrebbe dovuto meravigliare nessuno, difatti in tempi lontani al nostro Patrono San Simone, era stato affidato un piccolo Paese di contadini e piccoli artigiani, mentre ormai, non solo si trovava a dove badare ad una Città piena di scemi del villaggio, ma come se ciò non bastasse, quale ringraziamento si vedeva anche tagliare i fondi per la Tenda della Birra durante la sua Festa annuale.
A ragion del vero però pian piano tutto sembra ritornare alla normalità e lo spauracchio di un'insolvenza perenne, da quando alla ribalta della Politica comunale si sono presentate le nuove generazioni, sembra definitivamente debellata.
Sembra anche che gli zombi del passato che rovinarono il Paese siano stai fatti correre via e che il tutto riprenda un andazzo più civile ed umano e dicono anche che diversi gruppi giovanili cercano di far riviver le vecchie e sane tradizioni, folkloristiche del passato.
Time will tell!
Personalmente però con il mio Paese che rinasceva solo il Martedì per poi come una Fata Morgana scomparire poche ore dopo, avevo definitivamente chiuso.
I pochi giorni che passai ancora dai miei rimasi chiuso in Casa e non andai più da nessuna parte.
Con la Banda del Tocai mi trovai solo una volta ancora, una Domenica mattina nella nostra Osteria "Sot il Piul" dove bevemmo un paio di bicchieri di Tocai.
Di fatto ormai eravamo diventati troppo diversi, quello che ancora ci teneva uniti era il solo il ricordo del Paese scomparso insieme ai nostri ricordi d'infanzia, nient''altro.
Il Martedì successivo andai per l'ultima volta al Mercato.
In una delle Bancarelle acquistai delle bustine di sementi per ortaggi e fiori che avevo a suo tempo promesso alla cuoca del Ring Bar a Komarno dove spesso mangiavo alla sera, quando ero troppo stanco per cucinare da solo, e al Supermercato una Bottiglia di Grappa per il Caffè mattutino con Jan il mio collegamento slovacco nel Cantiere Navale della SLK.
Quel giorno incontrai in Piazza anche due vecchi Contadini del tempo andato che credevo ormai morti da diversi anni ormai, fu un onore per me invitare quei due vecchietti dal viso rugoso e sincero che pareva s scolpito nel marmo, a bere un Bicchiere di Tocai, quando se ne andarono li seguii per un lungo momento con lo sguardo.
Nel vederli, un po' curvi e stanchi andarsene pian piano verso Casa, ebbi la netta sensazione che anche il mio Paese sparisse definitivamente con loro all'angolo della Piazza.
L'indomani mattina ero di buona ora alla Stazione Ferroviaria, mentre tra gli studenti che andavano a Udine, con la Bottiglia di Grappa per il Caffè mattutino con Jan, le sementa per la Cuoca del Ring Bar, il Salame e il formaggio, le calze di lana e il pullover pesante che mia Madre mi aveva messo nella Borsa, ci mancò poco che non scoppiasi ridere.
Difatti mi sentivo veramente come un vecchio Emigrante che se ne andava via verso il freddo e oscuro Nord alla ricerca di un futuro migliore per sé e la propria Famiglia.
Sorrisi in silenzio e augurai a coloro che avevano rovinato il mio Paese tutto il bene del Mondo sotto forma di un cronico mal di Denti e una diarrea persistente, perenne e continua.
Poco più tardi, nello steso istante che il Treno si mise in movimento, venni catapultato nel mio futuro, a bordo delle due Navi in Costruzione a Komarno.
Il Paese che non esisteva più perché sulla Carta era diventato una Città, e che si vide anche la vecchia Chiesa Parrocchiale trasformata in un Duomo, sparì sempre più velocemente dietro di me, e nel profondo del mio passato.
Ero riuscito ad tagliare definitivamente il cordone ombelicale che mi teneva legato, quasi incatenato al passato, da quel momento il mio Quadruvium sarebbe vissuto solamente nei miei ricordi dove non c'era posto per scemi di villaggio e pizzicagnoli rivenditori di bottoni variopinti e nastri colorati vari.
Tutto li.
FINE.
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