… L’uragano ci
raggiunse e ci investì, con tutta la sua immane frastornante
potenza tre ore dopo,
poco prima di mezzogiorno.
Il barometro cominciò
quasi a vista d’occhio rapidamente a scendere, dai 1040 Millibar
che segnava, scese in meno di mezz'ora poco sopra i 1000 e, mentre il
cielo veniva oscurato da immensi nuvoloni neri gonfi di vento e di
pioggia, quellocontinuava inesorabile la sua caduta al disotto dei
1000 millibar, fu allora che attorno a noi si scatenò l’inferno.
Il mare cominciò a
bollire e la nave a rullare e a saltare come impazzita tra le onde
che in poco tempo avevano già raggiunto i 5 metri di altezza.
In pochi minuti il
Cantabrico aveva cambiato faccia, dal mare dalle acque tranquille e
celestine di prima, era diventato tenebroso e minaccioso come una
bestia infuriata.
Tutto ciò accadde così
in fretta, che il vecchio Comandante, preso alla sprovvista grazie
alla sua stessa stupida e insolente sicurezza, era così sconcertato
che, nella sua scempiaggine, aveva persino dimenticato di ridurre i
giri del motore e adeguare la velocità della nave alla furia del
mare.
La Condor, spinta avanti
dalla mia Mandria di Cavalli Deutz all’80% della sua potenza,
arrancava selvaggia, rullando su per quelle onde quasi forandole,
così che la sua prua spariva in una nuvola di spruzzi bianchi quando
le penetrava e le spartiva con forza, quasi volesse buttare da parte
quelle onde insidiose e veloci che la volevano sommergere.
La nave rullando alzava
la sua prua al vento e al mare come corresse ad una sfida e, cozzando
caparbia contro quei muri d'acqua, si scuoteva quasi spasimando in
un gioco di vita e di morte, per poi uscire ancora una volta
vittoriosa dall’altra parte dell’onda, cadendo con un tonfo
assordante che la faceva tremare, nella valle tra due onde, per ricominciare, sicura e battagliera, la sua scalata alla prossima
ondata che già le stava rotolando addosso.
Le navi possono essere possenti e
sicure finchè si vuole, i loro equipaggi sicuri e saldi nel lavoro,
ma tutti, sia le navi che gli equipaggi temerari, prima o poi, senza
le necessarie precauzioni, troveranno un mare, una burrasca una onda
più grande e più forte di loro.
In casi simili, anche per non
danneggiare le Strutture della Nave stessa e evitare eventuali
incidenti all’Equipaggio i Comandanti accorti, riducono velocità e
si adeguano alla condizione del mare.
L'ARROGANZA DELL'UOMO
>Vuole
fracassarmi il motore o intende affondare la nave e ammazzarci tutti,
< chiesi tranquillo quando vidi che il Comandante come ipnotizzato
guardava quel mare furibondo che voleva carpirci la nave e spedirci
tutti all’inferno.
Senza aspettare una sua reazione con un
paio di passi spediti mi avvicinai al quadro comando motore e ne
ridussi i giri al 40%
Come in trance,
l'uomo mi guardo ridurre la velocità della nave e, pallido in
faccia, quasi supplicando, mormoro uno sconnesso: >Cosa diavolo ci
sta succedendo Chief?<.
>Niente di
speciale,< -gli risposi tranquillo >stiamo solo assaporando la
tempesta che era stata già preannunciata da alcune ore dalla BBC e
da tutte le Stazioni Radio della zona,< aggiunsi sarcastico.
L’Uragano lo aveva
colto completamente impreparato, la sua stupida arroganza lo aveva
reso completamente refrattario a ogni buon senso marinaro e per colpa
sua ora noi eravamo in un’inutile situazione di navigazione
sconfortevole con tutti i pericoli di danni alle persone e alla Nave
che avremmo benissimo potuto evitare se solo avesse ascoltato i miei
consigli di due ore prima e seguito l’esempio dei suo colleghi su
altre navi nei paraggi che al primo avviso Radio di un imminente
forte Burrasca da Nordovest avevano subito fatto richiesta e ottenuto
il permesso dalle Stazioni Radio sia inglesi sia francesi che
fossero, il permesso di cercarsi un ancoraggio sicuro nelle loro
acque territoriali o in alternativa di un entrata di emergenza in
qualche porto sicuro della zona.
Come precauzione quella
mattina avevo messo in guardia i ragazzi e chiesto anche a Peter
nostro provetto Nostromo/Cuoco di chiudere tutte le porte stagne e
di controllare che nelle loro cabine e in mensa, tutto ciò che era
sui tavoli, che venisse ben assicuro o rimesso nei cassetti e
armadi.
Luwala la nostra mascotte
di bordo quella mattina l’avevo richiusa nella mia cabina e quella
per tutta risposta, con i suoi trenta chili di Rottweiler mischiato a
Mastino napoletano, dopo essersi fatto in coperta vicino alla
scialuppa di salvataggio una bella pisciatina, aveva annusato l’aria,
poi mi aveva guardato in faccia quasi strizzandomi gli occhi, e di
filato e senza indugi, se ne era andato nella mia cabina, e, con un
elegante balzo da felino era saltato sul mio letto trincerandosi
zampe all’aria tra il materasso e la parete, poi, dopo avermi
strizzato di nuovo gli occhi, si era messa tranquilla a dormire.
LA STIVA
Quella mattina verso le
otto, subito dopo il primo avviso di burrasca, emanato prima dalla
BBC e subito dopo ripreso da Ushant Radio, e da tutte le altre
Stazioni Radio Marittime sul Canale della Manica, avevo anche fatto
un giro di ricognizione in Sala Macchine e nel compartimento
timoneria, volevo assicurarmi che tutto fosse in ordine, eseguii un
giro d’ispezione veloce ben sapendo il mio mondo era in ordine
anche perché non avevo l’abitudine di lasciare attrezzi o
strumenti di lavoro in giro.
Il mio problema, o
piuttosto, il nostro pericolo apparve sul ponte sotto forma del primo
Ufficiale di Coperta subito dopo che il resto della banda, al di
fuori naturalmente di Luwala che dormiva beata nel mio Letto.
Dal grande bernoccolo che
gli spuntava dalla fronte capii che doveva aver sbattuto, e pure
piuttosto violentemente la testa contro qualcosa da qualche parte, ma
se di questo fatto non mi interessava proprio un bel niente, mi
interessò molto quello che lo senti mormorare e che mi mise subito
in allarme.
>Questa è la punizione,<
mormorò sommesso.
>La punizione per che cosa?< gli
chiesi imperativo.
>I Pontoni della
stiva, Chief, li ho accatastati uno sopra l’altro a prua senza
metterli in posizione, prevedevo una traversata tranquilla, per
questo li ho lasciati accatasti, ma li ho assicurati bene,< mi
rispose quell' infelice quasi supplicando e implorando perdono.
>Pezzo di idiota
ti rendi conto di cosa hai fatto?< Gli
sibilai in faccia.
>Ora per colpa
tua siamo nella merda fina al collo < lo rimproverò Peter che in
quanto a capacità marinare era ben preparato, navigato, e molto più
capace e affidabile del 1° Ufficiale.
>Signori per carità,
non lasciatevi prendere dal panico, non c’è né nessuna ragione.
La tempesta è presto passata e i pontoni divisori nella stiva sono
stai ben assicurati con le catene,< decretò il Comandante.
Dentro di me però il mio allarme
interno aveva cominciato a suonare e a sciorinare fiumi di adrenalina
nelle mie vene
Conoscevo quel
suono, l'ultima volta che lo avevo sentito, fu al Radisson Hotel,
nelle vicinanze di Schippol, l’Aeroporto di Amsterdam un paio di
giorni prima di prendere l’aero per Creta e andare a Bordo della
Motonave El Castillo, solo che questa volta, il suono della sirena
significava una sola cosa, morte.
>Scheiße,
Comandante si metta subito contro mare e vento e riduca la nostra
velocità ancora di qualche cosa, voglio andare nella stiva ad
assicurarmi che tutto sia in ordine, non ho ancora nessuna intenzione
di crepare. <
Senza indugi il Comandante
si mise ancora di un paio di gradi sottovento e ridusse ancor di più
la velocità della nave.
>Meno di cosi non
posso Chief, altrimenti non ho più timone, stia attento la fuori, e
non corra rischi,< lo sentii dire mentre seguito da Peter andavo
giù per le scale.
Dall’uscita degli
alloggi per l’equipaggio a dritta sul ponte di carico, fino alla
porta stagna della stiva, ci sono circa 6 metri.
Il Capitano aveva
manovrato la Condor così che la sua prua si trovava con pochi, per
me vitali gradi, a dritta del vento e delle onde.
>Stai attento a
non finire fuori bordo Chief,< mi esortò Peter che come me
attraverso l’oblò stava osservando e contando la sequenza delle
onde.
Ne vedemmo veramente
delle alte, >quella li ha minimo otto metri,< gli feci notare
mentre un mezzo mastodonte di onda ci faceva traballare tutta la
baracca.xx
>Se una di quelle lì
ti porta via Chief e poi ci succede un guasto ai motori o la stiva
comincia a fare acqua e affondiamo aspettaci all’Inferno che ti
seguiremo a ruota,< commentò quello ridendo.
>Promesso< gli
risposi ridendo a mia volta, anche se nessuno di noi due non se la
sentiva veramente di ridere.
Lasciammo passare un altro
paio di onde grandi quanto colline vaganti e quando la nave per
pochissimi minuti si tranquillizzò un poco, aprii la porta stagna e
uscii in coperta, e mentre Peter la richiudeva alle mie spalle, con
un paio di passi raggiunsi l’entrata della stiva, la aprii e mi ci
infilai dentro, chiudendola subito proprio mentre un'altra onda
inondava e spazzava la coperta della nave da prua a poppa.
Come mi fu dato di
raggiungere la stiva senza venir spazzato via in mare, a tutt’oggi
non lo saprei dire, so solo che oggi, quasi cinque anni dopo posso
riferire che ci riuscii, di più non saprei dire.
>Dannatamente
brevi e veloci queste onde,< pensai, mentre per il momento al
sicuro da quelle, scendevo la scaletta che portava al primo piano
della stiva.
Sottocoperta il ruggito
della tempesta e della nave stressata era quasi insopportabile.
Il pericolo e il
misticismo che emanavano i rumori della nave e della tempesta
accompagnata dai colpi incessanti delle onde che inclementi,
battevano come cannonate in continuazione contro i suoi fianchi, era
assordante e quasi angosciante.
La Lirica di quel
concerto, tutto quell’insieme di suoni erano parte di un Partitura
così esaltante che per un momento, quasi rapito da quella armonia
di frastuoni, mi fermai ad ascoltare.
L’insieme dei
rumori sentito dalla stiva non era nulla a confronto ai rumori e ai
suoni del mare e delle navi che ben conoscevo dopo diversi decenni
di navigazione, eppure in quella particolare occasione fu come se
fossi in una Sala di Concerto dove un’immane Orchestra suonasse
solo per me: quel frastuono assordante sembrava quasi fosse musica,
anzi, lo era ,e per un breve momento, affascinato, quasi ipnotizzato
da quei sinistri suoni, rimasi ad ascoltare stregato quella musica
che sapeva di morte e che lì, nella solitudine sembrava essere
composta solo per me, mentre quasi mi congelava il sangue nelle vene.
Poi mi riscossi e mi
guardai attentamente attorno.
I pontili di poppa
erano si accatastati uno sopra l’altro, ma anche imbragati contro
la paratia, saldamente ancorati in modo incrociato e, come se fossero
una parte integrale della struttura della nave, non potevano andare
da nessuna parte.
Quelli erano sempre
lì così com’erano e venivano utilizzati solo quando si trattava
di dividere la stiva in due piani distinti, e solo nel caso avessimo
da caricare due diverse qualità di Cargo. Foto: Franco Parpaiola
Quello che invece vidi
quando guardai in avanti verso la prua, mi derubò per un breve
eterno momento il respiro e mi diede un tonfo al cuore.
I dodici Pontili di
Prua che si potevano solo accatastare liberi al centro senza poterli
appoggiare contro nessuna paratia o struttura e tenerli in posizione
solo tramite catene, giacevano accatastati in ordine sparso un po’
dappertutto, difatti, il forte rullio della nave aveva fatto si che
il loro peso e la mole avessero spezzato le catene ed erano
buttati ed ammassati tutti in un mucchio sulla parte sinistra a prua
della stiva là dove in una sporgenza si tenevano i vari attrezzi di
imbracatura, e accessori di carico vari, liberi di muoversi sia a
dritta che a manca, e alcuni di loro con gli spigoli sfregavano
contro lo scafo della nave e minacciavano di sfondarlo.
Quasi in trance,
raccattai tutte le tavole di legno e i cunei di legno che potevo
trovare e come forsennato cominciai a infilarli tra quei pontoni
badando bene a dove mettevo i piedi.
Non lo so quanto
tempo impiegai a mettere del legno tra i pontoni e lo scafo della
Nave e tanto meno mi ricordo di quanti cunei ficcai tra la tolda e i
pontoni affinché non scivolassero, e solo dopo che mi era assicurato
che per il momento non potevano muoversi e che da solo non potevo
fare più altro, considerai lucidamente il pericolo in cui ci
trovavamo.
>Molte Navi si
sono affondate in situazioni analoghe,< pensai mentre
andavo di nuovo verso la scala di poppa per risalire in Coperta.
>Per
imparare non è mai troppo tardi, ma per molti una lezione così e
stata veramente l’ultima,< pensai ancora mentre risalivo la
scaletta che portava in Coperta.
Sapevo che dovevo ritornare nella stiva, e questa volta con i ragazzi, non potevo lasciare i pontoni
liberi cosi senza cercare di incatenarli alle traverse laterali, ma
per poterlo fare mi serviva l’aiuto degli altri.
Di nuovo riuscii a raggiungere la porta
stagna degli alloggi e Peter che mi stava aspettando, non appena mi
vide l’aprì.
>Cominciavo a
impensierirmi Chief cosa diavolo hai fatto la sotto?<
In poche parole lo
informai di cosa avevo trovato e cosa avevo
fatto e gli spiegai che dovevamo ritornare nella Stiva e fissare i
pontoni il più possibile con catene e tiranti, prima che ci
sfondassero lo scafo.
Sul ponte, il vecchio
Comandante stava spiegando ai ragazzi e al suo 1° Ufficiale che
immobile reggendosi ad un termosifone, sembrava come ipnotizzato, con
sussiego e spreco di aggettivi la scienza del mare.
Spiegava loro, con
far da cicerone, il comportamento delle onde in alto mare e come
erano da interpretare e prendere.
>A prua i
pontoni, che avete cosi ben imbracati hanno spezzato le loro catene
Signori miei, ora dobbiamo andare nella stiva e assicurarli allo
scafo cosi come e dove sono, prima che ci sfondino lo scafo e ci
mandino tutti ai pesci,< annunciai secco e piuttosto incazzato.
Il Comandante
sembrava non aver afferrato ciò che avevo detto, sembrava veramente
non essersi ancora reso conto della gravità della nostra
situazione, come se non avessi pronunciato una singola parola,
quell’imbecille continuò imperterrito a blaterare di onde e di
mare.
>Capitano ha
capito che cosa ho detto?<chiesi al vecchio rimbambito che
imperterrito continuava gesticolando a segnalare ai ragazzi, le onde
di passaggio che mi sembravano aver aumentato sia in altezza sia in
velocità.<
> Vedo che è
ritornato Chief, cosa ha trovato nella stiva, tutto in ordine vero?
Mi chiese il vecchio che pareva però quasi spaventato.
Gli spiegai di nuovo la situazione
nella stiva e cosa avevo fatto e gli dissi che dovevo ritornarci con
i ragazzi per imbragare il tutto un'altra volta.
>Va bene
Chief se le cose stanno così bisogna naturalmente farlo e subito
anche, prima però voglio rendermi conto della situazione, io stesso
andrò tra un poco a vedere poi deciderò sul daffare<
>Tu non farai un bel niente vecchio
scemo. Tu rimai qui sul ponte al timone e ai comandi, non andrai da
nessuna parte,< gli ringhiai in faccia.
>Io sono il Comandante
della nave e devo visualizzare lo stato della mia nave,< mi
rispose quel vecchio imbecille con aria di sfida.
»Se lei ora lascia
il ponte per andare nella stiva, io le rompo una gamba così che
dovrà rimanere al suo posto. Il 1° Ufficiale è in uno stato di
shock, l'uomo è fermo immobile e non vede e non sente niente,
pertanto mentre i ragazzi ed io siamo nella stiva, lei è l'unico che
può guidare la nave in una situazione del genere.
Siamo profondamente
nella merda e tutto quello che ho a disposizione per cercare di
uscirne sono: due ragazzi di 18 anni, che non hanno mai visto una
burrasca simile e che sono anche per la prima volta in mare a bordo
di un Mercantile, e Peter, inoltre ho un Capitano di 74 anni, che,
anche se si regge a malapena in piedi, vuole andare nella stiva, solo
perché lui vuole giocare ai Capitani Coraggiosi, e non io dovrei
rompere una gamba, ad un vecchio imbecille simile,< gli spiegai
calmo, amareggiato e disgustato per il suo irresponsabile
atteggiamento.
>Continui così
su questa rotta, ma non si azzardi a cambiarla di un solo grado,
perchè se prende il mare in modo differente la nave comincia a
rullare ancora di più e i pontoni a scivolare e questo ci può anche
ammazzare.<
Senza più curarmi del
vecchio rimbambito che aveva ripreso come se fosse in uno stato di
trance a fissare un punto imprecisato chissà dove tra le onde là
fuori, seguito da Peter e dai due ragazzi andai giù per le scale per
ritornare nella stiva.
Pochi minuti dopo eravamo
tutti e quattro con le ossa sane, magari un po’ bagnati dalla
pioggia sferzante che grazie Dio teneva un po’ basse le onde, e
mezzo intirizziti dal freddo nella stiva e rapidi cominciammo a
imbracare i pontoni cercando di non romperci le ossa.
Ci mettemmo
due ore ma alla fine riuscimmo a fare un lavoro accettabile e
ragionevole e a imbracare allo scafo ogni singolo pontone
indipendente dagli altri.
Avevamo messo anche
una buona imbottitura di legno tra i singoli pezzi impendo così uno
scivolamento del ferro sul ferro.
Certo che non fu
facile, qui pontoni avevano 6 metri di
lunghezza e tre di larghezza e pesavano circa 350 Kili l’uno.
NELL' URAGANO : il
nostromo reagisce
Eravamo nella prua della
nave nel bel mezzo di un Uragano, e la nave saltava e rullava come un
Mustang selvaggio, con cadute libere di oltre 8 metri nella valle tra
due onde.
Alla fine però,
senza romperci manco un osso, eravamo riusciti con un po’ di
fortuna ad fissare i dannati pontoni allo scafo della nave e a
mettere una buona barriera di legno tra di loro e lo scafo.
Avevamo così fatto
tutto quello che potevano e che in quella situazione ci fu dato di
fare per salvare la nostra vita con i nostri mezzi di bordo, il resto
era solo nelle mani di Dio.
È ancora un mistero, come
in quelle ore riuscimmo a entrare e uscire dalla stiva senza venir
spazzati via in mare, fatto è che ci riuscimmo, e non solo in
quell’occasione.
Arrivati sul ponte,
informai il Capitano della situazione e gli
spiegai quello che avevamo fatto.
Gli spiegai che
i pontoni non erano per nulla al 100% al sicuro, ma che semplicemente
erano più sicuri di prima.
La Tempesta intanto aveva
aumentato d’intensità e il vento aveva raggiunto la bellezza di
25, con punte di oltre 30metri al secondo, il che ci portava ben
oltre la forza dodici della scala Bouford.
La Condor scossa e
maltrattata dal vento e dalle onde teneva il mare con un rullio
selvaggio e veloce di 30 gradi.
In cinque secondi
rullava da destra a manca come ubriaca, spinta dall’immane forza
delle onde per poi raddrizzarsi di nuovo con un paio di gradi di
incasinamento a sinistra, per ricominciare a rullare di nuovo un paio
di secondi dopo.
Questo assetto con
un’inclinazione di due Gradi a sinistra mi veniva a fagiolo,
difatti i Pontoni si erano ammassati tutti da quella parte e il loro
peso teneva sì la nave inclinata sulla sinistra, ma allo stesso
tempo li teneva quasi inchiodati lì dov’erano.
In una situazione del
genere, tutti i comandanti che conosco sarebbero rimasti lì alla
cappa, navigando a velocità ridotta contro il mare e il vento fino a
quando le condizioni non si fossero migliorate, solo questo vecchio
scemo no, quello era determinato a giocare al Capitano coraggioso e
impavido, e fu cosi che quando quel vecchio rimbambito sentì che in
qualche modo eravamo riusciti a imbragare i pontoni nella stiva,
annunciò tutto solenne e raggiante che intendeva riprendere la Rotta
per Cabo Finistère in Spagna.
>Grazie Chief, ha
fatto veramente un buon lavoro, ora posso riprendere la mia rotta,<
questo è tutto ciò che Signor Capitano ebbe a dire.
La mia risposta non tardò ad
arrivargli addosso.
>Se lei si azzarda solo
a provare a cambiare questa rotta di un solo grado la faccio
rinchiudere in cabina e prendo in consegna la nave,< non dissi
altro.
>Questo è
ammutinamento, < comincio a sbraitare il vecchio scemo che da come
si comportava era ormai evidente che non aveva ancora afferrato bene
il pericolo in cui ci trovavamo, > farò rapporto alle autorità
Portuali Olandesi e manderò un Rapporto all’Armatore.<
Prima che potessi rispondere Peter gli
si avvicinò minaccioso e lo squadro da capo a piedi.
>Comandante dato che
c’è, ci metta pure il mio nome, ma lei la rotta di questa nave
ora non la cambia,< gli gridò in faccia, Peter era veramente
arrabbiato e per un momento ebbi il timore che lo stress lo rendesse
aggressivo nei confronti del vecchio Comandante che vista la violenta
reazione del Nostromo era subito ammutolito e lo guardava sbigottito
e pallido in faccia.
>Se lei si vuole
suicidare si accomodi, salti pure fuori bordo, ma questa nave rimane
qui dov’è ora, io a casa ho una moglie e due bambini che mi
aspettano, e non ho nessuna intenzione di deluderli solo perche lei
si comporta come un vecchio incosciente senza senso di
responsabilità, ma si può sapere chi è quell’imbecille che la
lascia ancora navigare. Lei è una persona pericolosa e stia più che
sicuro che d’ora innanzi la terrò d’occhio poi a Rotterdam,
sempre se ci arriveremo, faremo i conti. <
Intervenni io:
>Come può
rilevare dall’indicatore di velocità la fuori ci sono dei colpi di
vento che ora vanno oltre i 30 metri al secondo e certe onde che ci
piovono addosso superano gli otto metri, questa tempesta è in realtà
un bell' Uragano, e noi a causa della sua scempiaggine ci siamo in
mezzo. Ora lei intende con una nave di 4000 Tonnellate, che già in
condizioni normali si troverebbe in una situazione di emergenza,
prendere questo mare quasi di traverso con 12 pontoni sciolti nella
stiva e tenuti a malapena in posizione da delle catene e da dei
cunei di legno, ma che è impazzito? Vuole andare all’Inferno? Se è
questo che lei vuole non ha che fare un salto fuori bordo, qui
nessuno la fermerà,< spiegai al vecchio Comandante che sembrava
veramente trovarsi in una forma di torpore mentale che non riuscivo a
specificare.
Nel frattempo il giovane
1° Ufficiale del Cabo Verde, come se fosse paralizzato, guardava
fuori fissando un punto in mare e non si muoveva, nè tanto meno
parlava, da lui non potevo certo aspettarmi nessun aiuto e mi resi
ancor di più conto che, come non mai, mi trovavo veramente nella
merda fino al collo.
>Dato che non vogliamo
giocare con le nostre vite,< -proseguii- >ora è suo dovere
informare Radio Ushant della nostra situazione e chiedere loro di
tenerci d’occhio, poi quando la burrasca sarà passata, vedremo
cosa possiamo fare per proseguire la navigazione senza ulteriori e
inutili pericoli,< conclusi sperando che il vecchio testardo
capisse la precarietà della nostra situazione e non mi costringesse
a destituirlo dal Comando della Nave.
Quell’uomo ormai
mi ripugnava, avevo capito che lui pensava solo a se stesso e al suo
effimero prestigio di Comandante, da come si presentava ora ai miei
occhi non era più un marittimo, ma uno zio qualunque, che, in un
modo o nell' altro, intraprese la via del mare e forse solo in
seguito, credendo che una posizione di Comando lo autorizzasse a
fare ciò che credeva più opportuno senza badare agli altri, era
diventato un piccolo cinico che pensava solo a se stesso e ai suoi
interessi.
Precisai perentorio:
» Prima di tutto, noi non
vogliamo mettere a repentaglio la nostra vita o distruggere la nave e
tanto meno mettere in pericolo chi per mestiere verrebbe in nostro
soccorso, non è vero? È suo dovere chiamare Ushant Radio e
informarli della nostra situazione perché in realtà siamo in
pericolo; anche se per il momento abbiamo la situazione sotto
controllo. In un qualsiasi momento, ogni singolo secondo, i pontoni,
un pontone può rompere le imbracature e farci un buco nella nave e
noi finiamo ai pesci, si rende ora conto della gravità della nostra
attuale situazione Comandante?<
L'uomo che pensava
solo a se stesso e al proprio prestigio, senza rispondermi,
afferrato il microfono della Vhf , chiamò sul Canale 16, Radio
Ushant.
>È proprio per
colpa di rincoglioniti simili che molte navi si sono affondate e
molti bravi uomini hanno perso la loro vita. È proprio a causa di
certi *** che volevano giocare a fare i Capitani impavidi e
senza paura, che tante navi sono affondate trascinandosi dietro
l’’intero equipaggio,< pensavo questo, mentre guardavo quello
scellerato chiamare Ushant Radio, cosa che naturalmente avrebbe
dovuto fare spontaneamente nello stesso momento in cui gli avevo
spiegato la pericolosa situazione che si era creata nella stiva.
Tranquillo, con voce quasi
monotona, il vecchio Comandante rispose a tutte le domande che
l’operatore Radio nella Stazione posta sull’isoletta di Oushant
nella punta più occidentale della Francia.
Rispose a tutte le
domande, diede le dimensioni della nave, il pescaggio dello scafo, il
tipo di carico, Il Porto di partenza e quello di destinazione, il
nome dell’Armatore e dell’agente marittimo nel Porto di
destinazione. Alla fine, la Stazione Radio Costiera gli accordò il
permesso di rimanere alla Cappa nel bel mezzo della Zona
spartitraffico dove ci trovavamo e gli impose di chiamare la Stazione
Radio ogni 15 minuti, per un rapporto dettagliato della situazione.
Subito dopo Ushant
Radio lanciava il suo primo avviso ai Naviganti informandoli
e dando la nostra Posizione, li avvertiva che per il momento la MV
Condor era impossibilita alla Navigazione, e in stato di emergenza,
ma ancora sotto controllo e Comando.
L'EMOZIONE DI
SENTIRSI UN ALBATRO
Proprio quando
pensavo di andarmi a cambiare la tuta che oramai era tutta bagnata,
sul ponte di navigazione accanto cominciammo a sentire dei colpi
secchi contro una struttura, in sintonia con il rullio della nave che
provenivano dalla Piccola Coperta, detta anche Coperta della Bussola,
appunto perche proprio lì sulla più alta coperta della nave è
situata la Bussola Magnetica di ogni Nave.
>E ora che
diavolo succede,< mi chiese Peter
guardando in alto.
>L’unico modo
di saperlo è di andare su a vedere, sembra che la porta stagna
dell’entrata al vano del ventilatore dei servizi sanitari nella
ciminiera si sia aperta, < gli risposi, mentre senza indugi,
aggrappandomi dove potevo, un po’ qua e un po’ la, guadagnai la
porta di dritta e uscii nella nocca subito seguito dal bravo Peter
che era veramente l’unica persona della quale in una situazione
simile potevo effettivamente fidarmi.
Se non fu facile
raggiungere la coperta della bussola non lo era certo di più
restarci sopra.
I rabbiosi sbalzi della
nave nelle onde che la martoriavano, la forza del vento, le nostre
membra intirizzite dal freddo, le sovrastrutture bagnate e scivolose,
tutto questo insieme di cose ci stava dando molto filo da torcere,
ci rendevamo conto che eravamo veramente in pericolo di venir
catapultati fuori bordo.
La Coperta così
detta della Bussola Magnetica è la più alta della Nave, proprio
sopra il Ponte di navigazione, difatti non è altro che il “soffitto”
del Ponte, a quel tempo le Batterie di emergenza da 24 Volt erano
sistemate in un cassone saldato su quella Coperta, anche quello ora
aveva rotto le sue saldature.
Ci eravamo
letteralmente distesi sulla Coperta bagnata e per non venir
scaraventai fuori bordo c’eravamo aggrappati alla ringhiera
parapetto della Piccola coperta a ridosso della Ciminiera, e
cercavamo in tutti i modi di rimettere in posizione il cassone delle
batterie che aveva rotto le sue saldature già provate dall’usura
del tempo e ora, tenuto fermo solo dai cavi che portavano la corrente
al quadro di Emergenza della nostra Stazione Radio, sbatacchiava
contro il Camino seguendo gli incessanti sbalzi della Nave.
Alla fine, unendo le
nostre forze, riuscimmo a rimettere il cassone nella sua posizione
prestabilita, e per non permettergli più di muoversi, mi
attorcigliai alla ringhiera come un serpente e mi ci sedetti sopra
con le chiappe mezze congelate, sperando che i miei 100 Chili di
peso lo tenessero fermo finchè Peter non trovasse una corda con cui
assicurarlo alla ringhiera del Parapetto.
Incorporato nel
Camino c’era il vano dell’aspiratore dei servizi sanitari della
Nave e da lì Peter estrasse un rotolo di cordicella di nailon molto
resistente e si accinse, mentre con una mano nella sua cinghia dei
pantaloni lo tenevo fermo perché non mi scivolasse fuori Bordo, a
imbracare il cassonetto.
>Se cede anche la
ringhiera mollo Peter e volo da solo dritto
all’Inferno,< - pensai sorridendo beffardo, mentre ciondolavo
sospeso tra cielo e mare con gli spruzzi delle onde gelate che mi
lavano la faccia. Se dalla finestra
del Ponte, la vista della tempesta era imponente e sconvolgente,
vista così da fuori mentre ero lì come una banderuola al vento, il
tutto era puramente e semplicemente maestoso.
Difatti mi bastava
non pensare, non guardare la nave, e lì, sospeso tra gli elementi
scatenati, potevo veramente provare e vedere ciò che provava e
vedeva un Albatros quando faceva la gimcana tra le Onde alla ricerca
di cibo.
Mi sorpresi ad
ascoltare con profonda umiltà un concerto provocato dai risciacqui
delle onde che a volte passavano veloci a pochi metri dal mio naso,
dai colpi dello scafo contro il mare infuriato, e dalle centinaia di
violini che il vento suonava tra le strutture dell’Albero
segnaletico della Nave.
Dal Camino poi potevo seguire anche
l’andazzo del Motore Principale che cambiava suono ogni volta che
il Mare, sollevando la poppa per pochi istanti, toglieva la pressione
dell’acqua sulle pale dell’elica.
In momenti simili il
Motore si scatenava e la mia Mandria sembrava voler correre via a
briglia sciolta, finchè il regolatore dei giri Motore non la portava
a miglior ragione e ne riduceva i giri, salutato dai colpi secchi
dell’aria di lavaggio nella turbina che in momenti simili si
ingolfava d’aria.
Cambiando suoni da un
adagio lento a un andante con brio come in una Sinfonia, il Motore
scandiva i suoi giri accompagnato dalle tuonate della Turbina e il
tutto si mischiava con il frastuono delle onde e gli ululii del
vento.
Fu proprio quel giorno,
in quell’occasione, che mi resi conto che nessun pittore al mondo,
nessun musicista su questa Terra, nessuno scrittore per quanto
capace, sarebbe mai stato in grado di dipingere un quadro simile o
scrivere una partitura o di raccontare in modo adeguato una
situazione del genere.
Per capire tutto
ciò, bisogna averlo visto e saputo ascoltare con umiltà e profondo
rispetto, ma soprattutto essere arrivato a sentirsi ed essere ,
parte integrale del tutto.
Cercare di spiegare a
parole, dipingere, o scrivere una partitura simile non sarebbe
nient’altro altro che espressione di pura e semplice stupida umana
vanità.
I TRE CAVALIERI DELLA
MORTE IN MARE
Troppe navi sono
affondate, troppa Gente di Mare ha perso la vita in situazioni
precarie e pericolose simili a quelle che racconto, venute a crearsi
a causa di non curanza, di leggerezze o semplicemente per mancanza
d’esperienza degli Ufficiali di Bordo.
Molti, troppi uomini hanno
perso la vita in mare su navi in avaria, trascinati in fondo al mare
da una nave che colava a picco, congelati dall’acqua ghiacciata,
intrappolati senza possibilità di scampo nei vani stagni di navi
che affondavano, o bloccati da qualche incendio a bordo, morti
bruciati vivi o asfissiati.
Nessuno di questi uomini
sarebbe dovuto morire, non uno e non in tempo di pace.
Nessuna nave è stata
costruita per affondare, il buonsenso, le strutture e le capacità
che in ogni nave sono state messe a disposizione per affrontare
ogni evento, tutto questo ci dà sempre e ovunque quando navighiamo,
ogni possibilità di reazione e prevenzione di avarie e di incidenti
gravi.
Nella maggior parte
dei casi è possibile evitare e aggirare ogni tempesta, altrimenti,
in particolare le coste europee, ci offrono all’occorrenza diverse
opportunità di un ancoraggio o porto sicuro in cui rifugiarsi nei
casi estremi. È sempre e solo
l’incoscienza umana che mette in pericolo uomini e navi. La
diversità delle situazioni è vasta, si va dalla pura stupidità o
inesperienza, alla pura negligenza o codardia di fronte agli
Armatori, i quali guadagnano soldi solo da una nave in movimento e
non quando questa perde prezioso tempo all’ancora ad aspettare che
il mare si calmi.
I tre cavalieri della
morte in mare sono: L’incompetenza, la negligenza, la cattiva
gestione.
A bordo della nostra Nave
quel giorno i tre, si erano presentati compatti e uniti, determinati
e pronti a falciarci uno dopo l’altro.
I tre cavalieri della
morte da noi avevano assunto le sembianze del 1° Ufficiale, del
Comandante della Nave e dell’Agenzia di Navigazione nei Paesi Bassi
che, senza pensarci su due volte aveva mandato a bordo un vecchio
Comandante mezzo rimbambito dalla vecchiaia, ben sapendo che la nave
aveva un Equipaggio di bambini d’asilo senza esperienza di Mare
alcuna.
Ja Scheiße, Fuck You!
L’incompetenza
marinara: Il cosiddetto Comandante in seconda, sia per mancanza
d’esperienza, sia per pura e semplice noncuranza, non aveva messo
i pontoni della stiva in posizione assicurandoli con gli appositi
punti di bloccaggio, infatti, si era limitato ad accatastarli uno
sopra l’altro e a imbragarli alla meno peggio.
La negligenza
marinara: Il Comandante non aveva controllato il suo giovane
Ufficiale gli aveva lasciato mano libera.
La cattiva gestione:
Chi era quel disgraziato in Olanda che aveva mandato un vecchio
Comandante di 73 anni, mezzo rimbambito con sola esperienza di
grandi navi, a bordo di una nave di 4 mila tonnellate con Equipaggio
ridotto e un solo Ufficiale di Coperta a bordo?
Personalmente, se
dovevo considerare una mia colpa, potevo solo accusarmi di essermi
fidato di tutto e di tutti, difatti questo era stato il mio unico
errore, per quanto i lavori di carico e di stivaggio non rientrassero
delle mie mansioni di bordo, il mio sbaglio lo vedevo nel fatto che
mi era fidato troppo, fu la forza dell'abitudine a farmi sbagliare.
Markus come Comandante a
Bordo aveva gli occhi dappertutto e controllava costantemente il suo
1° Ufficiale, con lui una cosa del genere non sarebbe mai accaduta,
in questo caso, avrebbe sfondato a calci il *** del suo Ufficiale e
gli avrebbe immediatamente imposto di mettere i pontoni in posizione
e fissarli in coperta con gli appositi meccanismi.
Markus però non si
trovava a Bordo bensì da qualche parte in Inghilterra in ferie e noi
eravamo in un mare di merda in piena burrasca, e come se ciò non
bastasse, in una grave situazione di Emergenza Nave che minacciava di
mandarci tutti ai pesci.
Solo dopo che
riuscimmo ad assicurare nel miglior modo possibile il cassone delle
Batterie alla Ringhiera Parapetto sul Ponte Bussola, mezzo congelati
e intirizziti dal freddo, bagnati fradici e incazzati neri
riscendemmo la scaletta “a Muro” e ritornammo nel Ponte di
Comando e anche questa volta, grazie a Dio senza romperci le ossa , o
ancor peggio senza finire in mare a far compagnia alle aringhe e ai
merluzzi..
Gerd,
uno dei due ragazzi, aveva preparo del The e ciò contribuì
notevolmente a farci cambiare umore, a riscaldarci e a ritemprarci un
poco.
Subito dopo pensai bene
che fosse arrivata l’ora di cambiarmi e togliermi gli indumenti
bagnati di dosso per poi fare un giro di Controllo in Sala Macchine.
Da tempo ormai sulle Navi
al disotto delle cinquemila, grazie agli automatismi era possibile
lavorare in solitario, mi piaceva pure, anche se a volte era davvero
stressante.
Mi piaceva perché non
dovevo pensare che a me stesso e alla mia Mandria di 3000 Cavalli, e
a quello che facevo, pertanto impartivo i miei parametri assicurando
che, nei limiti del possibile e accettabile, tutto funzionasse a
dovere senza che nessun Comandante, previe quattro madonne, mi
rompesse l’anima, e allora, buona notte al secchio e a tutti i
grandi transatlantici alle petroliere e casini vari, in questo modo
ero praticamente il padrone di me stesso, e così intendevo finire i
miei anni in mare.
Quando mi serviva
aiuto chiamavo uno dei ragazzi e quando pioveva e non potevano
lavorare in coperta me li portavo in macchina e gli facevo lavare e
pulire un po’ tutto, alla sera poi, a lavoro terminato offrivo loro
una mezza cassa di birra, e loro ringraziavano, e l’indomani, se
necessario, in previsione dell’altra metà della cassa di birra,
lavoravano con ancor più buona lena.
Così dissi ai
ragazzi che Peter ed io andavamo a cambiarci gli indumenti, e mezzo
intirizzito com’ero, ma con l’adrenalina che ancora mi scorazzava
nelle vene, mi accinsi a lasciare il ponte.
>Vorrei prima dare una guardatina
nella Stiva Chief, vado giù con Gerd e torno subito,< disse Peter
quando vide che stavo per andarmene.
>OK Peter, andate pure, forse e
meglio così poi siamo anche più tranquilli,< risposi mentre per
l’occasione mi versavo un'altra tazza di the.
>Ma se siete stati nella stiva
appena una mezz’ora fa, ora che avete assicurato il tutto allo
scafo, non succede più niente,< sbottò il Comandante.
>Sei veramente sicuro
che tutto sia ancora a posto? Dannazione lo sei veramente? È colpa
tua se ora ci troviamo in una situazione di emergenza e siamo tutti
in pericolo e prega iddio che quando ritorniamo a Rotterdam, se mai
ci ritorneremo, non ti denunci alla Guardia Costiera,< gli urlo
Peter in Olandese e seguito da Gerd, senza attendere risposta usci
dal Ponte di Comando prima di andare nella stiva, ed io usci con la
mia tazza di the nella nocca di dritta, per tenerli d’occhio.
>Abbiamo
rafforzato ancora un paio di catene e ne abbiamo messe altre due,
abbiamo pure trovato altri cunei di legno e ancora altre tavole, le
abbiamo usate subito, per ora se tutto rimane cosi dovremmo farcela.
Penso comunque che sarebbe opportuno andare ogni ora a controllare,<
ci spiegò Peter una ventina di minuti dopo, non appena assieme a
Gerd ritornò dalla stiva.
>Penso sia
veramente il caso di istituire dei turni di guardia Comandante, penso
che Peter e Gerd potrebbero ora riposarsi un poco mentre io e Martin
andremo avanti fino alle 20:00 di questa sera,< spiegai al vecchio
che mi sembrava veramente ancora un po’ frastornato e alquanto
stordito.
>Sì, lei ha
ragione, facciamo così io rimango comunque sul ponte,< mi rispose
il vecchio con voce sommessa, in un paio d’ore sembrava
invecchiato di qualche secolo.
Finalmente Peter ed io potemmo andare a
toglierci gli indumenti bagnati, Gerd e Martin lo avevano fatto in
precedenza ed ora toccava finalmente a noi due.
Rapidamente mi spogliai in
bagno lasciando la roba bagnata sul pavimento, ancor più rapidamente
mi asciugai e mi rivesti subito con roba lavata da poco, ma
soprattutto asciutta.
Luwala era ancora
distesa sul mio letto; a zampe per aria si era incagliata tra il
materasso e la paratia come faceva ogni qualvolta che eravamo in una
burrasca, e come sempre mi guardava con una mesta faccia da scema,
quasi implorandomi di farle compagnia e di non lasciarla sola.
In un modo o
nell’altro ad un certo punto doveva essere scesa giù dal letto
perche vidi che aveva pisciato sul pavimento.
>Buon per te, che
non hai pisciato nel mio letto,< la ammonii sorridendo e prima di
uscire dalla mia cabina misi un po’di stracci sulla sua piscia e
andai in Sala Macchine dalla mia mandria.
Come previsto, là
trovai tutto a posto, la mia Mandria ben controllata e tenuta a bada
dal regolatore automatico, brava e diligente si adeguava alle sue
richieste dettategli dalle condizioni del mare e regolava a richiesta
la sua corsa, magari protestando e scalpitando un poco, ma sempre
obbediente e attenta ad adattarsi alle richieste di potenza.
Come misura
precauzionale, mandai in linea anche il mio secondo gruppo
elettrogeno, veramente questo lo avrei dovuto fare sin dall’inizio,
in una situazione del genere l’ultima cosa che ci serviva era un
Black-out cosa che soprattutto a causa dei forti sbalzi della nave
sarebbe potuto benissimo capitare, e dato che c’ero per avere
ancora meno grattacapi fermai pure la centrifuga per la purificazione
dell’olio del Motore principale.
In Sala Macchine, diversi
metri sotto il livello del mare, i movimenti della nave sono molto
meno violenti che sul Ponte di Comando dove la gente viene
sbatacchiata e sballottata in continuazione e senza pietà un po’
dappertutto per i mari e gli oceani del mondo, questo probabilmente
spiega anche il fatto, il perché i Comandanti dicono e fanno tante
cazzate, difatti a forza di venir sbatacchiati in continuazione da
una parte e dall’altra, quelli son talmente suonati che non si
rendono più conto delle stronzate che dicono e del male e dei danni
che fanno alle navi e ai loro equipaggi.
A parte questo, a
prescindere dalle loro tare mentali e dalle brame di gloriose imprese
marinaresche, molti di loro dovrebbero essere in Galera per omicidio
colposo, né più né meno che questo.
UN BULLONE PROVVIDENZIALE
Prepotente si fece sentire
la mia voglia di una sigaretta, ne presi una dal piccolo cassetto
dello scrittoio giù in Macchina , dove tenevo il mio brogliaccio
nel quale registravo dati e parametri dei motori insieme con i
lavori eseguiti in giornata, quindi, prima di riportare tutto, con
le mani pulite e in bella calligrafia domenicale sul mio Giornale di
Bordo in sala controllo, mi sedetti su di un gruppo di valvole nel
bel centro della nave e mi fumai finalmente la mia meritata
sigaretta mentre rimuginavo l'accaduto e passavo in rassegna le
nostre possibilità di cavarcela senza finire in mare, magari pure
in pasto ai pesci.
Tutto dipendeva da
quei dannati pontoni fissati in qualche modo allo scafo della nave e
dalla forza del mare che, stando al trotto e al galoppo della mia
Mandria, sembrava essersi stabilizzata poco sotto Forza 10.
Fu lì che mi
ricordai che a suo tempo nella paratia divisoria tra Sala Macchina e
fondo stiva avevo scovato un bullone da dieci millimetri.
Solamente un pazzo
si mette a sforacchiare una paratia per vedere se dall’altra parte
c’è dell’acqua pensai a quel tempo, ma in quello specifico
momento lo ringraziai, chiunque esso fosse, e svitai via il
bullone, con un cacciavite pulii via la ruggine e i piccoli detriti e
resti del granito del viaggio precedente e vedendo che dal foro non
usciva acqua, ebbi la certezza che la nave era ancora stagna e che
nessun Pontone a prua aveva ancora sfondato lo scafo.
Prima di risalire sul
ponte andai in sala controllo e accesi i due riflettori alogeni da
1500 Watt della stiva e, dopo essermi assicurato per l’ennesima
volta che avevo fatto tutto quello che umanamente mi era dato
possibile di fare, usci da l mio rumoroso Regno della pura tecnica e
della logica meccanica, per andare sul ponte dei se e dei ma e dei
forse.
Mi accorsi che avevo
anche fame e sete, così passai nella Cambusa per farmi un tramezzino
e bermi mezzo secchio di caffè.
Nella Cambusa trovai Peter che era
intento a riempire un sacchetto di Plastica con dei tramezzini e
delle banane.
Prima di tutto mi scolai quasi un mezzo
litro di latte fresco, poi agguantai un tramezzino e lo mangia in un
paio di bocconi.
<Certo che nello stress
ci si dimentica anche di mangiare e di bere,< dissi mentre ne
mangiavo un altro.
>Prima di andare
sul ponte Peter, è necessario che tu venga un momento con me in
Macchina, ti voglio mostrare un foro nella paratia che ci aiuterà a
controllare se nella stiva c’è dell’acqua,< gli spiegai.
E fu così che poco dopo gli mostrai il
foro magico.
>Quando questa
notte sarai a guardia della stiva, manda ogni tanto Gerd a
controllare quel foro, se vede uscire dell’acqua digli di
svegliarmi subito,< gli spiegai mentre dai lavandini della Cambusa
prendevamo il sacchetto con i tramezzini e il bidoncino del Caffè
dove li avevamo messi perche non scivolassero sul Pavimento.
>E poi?<
>E poi, Peter
cominciamo a pompare fuori la Stiva e andiamo a vedere quanto grande
è la falla, se però le chiappe ci dicono che stiamo affondando
allora prendo Luwala e raccattiamo qualche coperta e delle bottiglie
d’acqua, poi saltiamo nelle zattere e a ramengo la barca, non
dobbiamo lanciare nemmeno il Mayday succede automaticamente non
appena l’acqua raggiunge la Boa con il trasmettitore di emergenza,
quello manda il suo Mayday ai Satelliti e quelli lo ritrasmettono a
chiunque lo voglia sentire sulla Terra< gli spiegai.
Sul ponte i due ragazzi
non appena videro il mangime ci si buttarono addosso come giovani
lupi affamati e Peter vedendo la loro fame, pensò bene di scender
un'altra volta in Cambusa e prepararne degli altri ancora.
Solo dopo aver mangiato un
altro tramezzino e una banana guardai di nuovo fuori e mi accorsi che
il vento e il mare si erano un po’ placati, navigavamo ancora sui
sette o otto, ma le onde si era erano notevolmente placate e tutto
indicava che nelle prossime ore si sarebbero calmate ancora di più.
>Pian piano si
sta calmando,< dissi al Comandante che per tutto il pomeriggio era
stato vicino al timone, mentre il suo promo Ufficiale stava ancora
là aggrappato al termosifone vicino alla porta; senza dare segni di
vita quello stava li e, come inebetito, guardava un punto fisso là
fuori da qualche parte senza parlare.
>ora abbiamo ancora un
po’ di luce, tra un’ora però sarà buio, se vuole ora possiamo
andare nella stiva, < gli suggerii.
> Si Chief,
andiamo,< -prima però chiamò Peter il nostro Nostromo e Cuoco al
Timone- >siamo in automatico e la Rotta e di 315° continua così,
se ti viene a mancare l’automatico prendila a Manuale e dacci
avviso con un lungo suono del Tifone, <
>Bene Comandante Rotta 315 Gradi,<
rispose Peter e prese subito il suo posto.
Anche questa volta
riuscimmo a guadagnare la stiva senza bagnarci, non ci bagnammo
nemmeno i piedi.
Anche dai rumori che
si udivano nella stiva si poteva capire che la tempesta stava
perdendo vigore, la mia Mandria faceva ancora qualche volta le bizze,
ma non come prima e i colpi delle onde contro lo scafo erano meno
intensi, molto meno intensi di prima.
Tenendo sempre
d’occhio il vecchio Comandante nel caso
inciampasse da qualche parte, lo pilotai a Prua dove poté ammirare
con i suoi occhi la gravità della nostra situazione.
>Grazie Chief,<
mormoro sommesso, non appena vide il nostro problema, non disse
altro.
In Silenzio stava
li, e tenendosi ben saldo ad una traversa, quasi aggrappato allo
scafo della nave, il Capitano guardava quel macello di pontoni
sparsi, ammucchiati sulla sinistra della stiva come se fosse un
mucchio di rottame.
>Grazie,< mormoro di
nuovo, e lì capii che non solo si era finalmente reso conto della
gravità della situazione in cui ci trovavamo, ma anche che questo
tipo di nave non era fatto per lui.
Grazie ad una banda di
irresponsabili al Ministero dei Trasporti e della Marina Mercantile
agli Armatori avevano praticamente dato mano libera e potevano fare
quello che volevano, non solo quei disgraziati potevano ridurre
drasticamente gli Equipaggi delle Navi, ma era pure loro permesso di
ingaggiare alla rinfusa senza tanto badare alle qualificazioni del
Personale Navigante chiunque andasse loro a genio.
Un'altra volta controllai se i nostri
accorgimenti di fortuna erano ancora in ordine mentre stavo guardando
in giro, il Comandate tendendosi fermo ad una traversa si guardava in
giro incredulo e sbigottito.
>Com’è
stato possibile,< chiese l'uomo ancora incredulo.
>Lei è stato
sempre su navi con diversi Ufficiali a Bordo, aveva un Ufficiale di
Carico, un Nostromo e marinai dei quali si poteva fidare, purtroppo
grazie alla delinquenza navale odierna, le cose sono cambiate, il
suo Ufficiale ad esempio è per la prima volta su di una Nave
Mercantile, a Cabo Verde lavoravo sui piccoli pescherecci locali,
pescava, e ora è 1° ufficiale a Bordo di un Mercantile di 4 mila
tonnellate, ma non ha mai visto una Burrasca simile e per questo è
sotto shock, e stato semplicemente irresponsabile permettere ad un
giovane pescatore senza esperienza un ingaggio su una Nave Mercantile
e di assumere una posizione di così alta responsabilità. È stata
la nostra forza dell’abitudine a metterci nei guai, la sua, perché
lei si è sempre fidato della sua Gente, la mia perché pensavo che
tutto funzionasse come quando l’Armatore era a bordo, ed è per
questo che non abbiamo controllato il giovanotto,< gli spiegai
continuando scrutare tra i Pontoni buttati li alla rinfusa,
ammassati come un mucchio di ferrovecchio uno sopra l’altro da una
Burrasca che ora sembrava si stesse calmando sempre più,
>Con il vento in
poppa questo scafo e impareggiabile e la nave tiene il mare come un
gabbiano, forse sarebbe il caso di considerare un cambiamento di
rotta e filare via al sicuro sotto costa, là potremmo mettere in
posizione i pontoni e proseguire il nostro viaggio, < proposi al
Comandante che ora, essendosi reso conto della situazione, sembrava
ancora più invecchiato e fragile di prima.
>Quanto tempo le servirebbe per
rimettere in posizione i pontoni Chief?<
>Normalmente una
ventina di minuti, attualmente con tutte le catene i tiranti e
imbragature di emergenza che abbiamo messo mi ci vorrebbe minimo
un’oretta,< risposi continuando a guardarmi in giro per la stiva
>Solo un’ora di
mare calmo e potrei proseguire,< mormoro il vecchio, con ostilità
caparbietà.
>C'erano
persone in mare, a cui bastavano un paio di battiti di cuore o una
boccata d’aria o pochi secondi per salvare le loro vite, in
confronto lei chiede un'ora, questo non le è dato di avere,<
dissi con voce tagliente guardandolo dritto negli occhi.
L’uomo sembrò di
nuovo scuotersi e ritornare con tutti e due i piedi sulla tolda della
stiva si guardò in giro e prese la sua decisione, l’unica che
aveva.
>Chief, la
ringrazio ancora una volta e ora andiamo, di nuovo sul ponte abbiamo
una nave da girare e mi auguro che anche questa volta lei abbia
ragione,< disse mentre ancora un po’ incerto sulle gambe si
avviò verso la scaletta a poppa per uscire dalla stiva.
>Mentre eravate
nella stiva l’ufficiale, si è lamentato perché oggi non ho potuto
preparare un Pasto caldo,< ci disse Peter non appena il
Comandante ed io fummo di nuovo sul ponte,
mentre il Capitano
riprendeva il suo posto davanti ai quadri di comando, e, dopo un
breve rapido controllo si apprestava a invertire la nostra rotta. Mi
guardai il così detto ufficiale che sembrava rivivere in proporzione
alla diminuzione della Burrasca e guardai Gerd senza dire una parola.
>Niente di
speciale, lo ho preso per il collo e gli ho detto che se si
azzardasse ancora a fiatare, lo scaraventerei fuori bordo,<
risponde il ragazzo con calma.
Sorrisi e gli chiesi
perche non lo avesse fatto e mi accorsi che anche il Capitano non
solo sorrideva a sua volta, ma era pronto alla manovra.
Prima di invertire
la rotta il Comandante chiamo di nuovo Ushant Radio e dando la nostra
posizione e tutte le informazioni del caso, chiese il permesso di
navigare sotto costa e cercare un ancoraggio sicuro.
Naturalmente il permesso
d’ancoraggio gli fu subito accordato e augurandoci buon viaggio,
Ushant Radio chiuse la trasmissione.
Maestoso il vecchio
Comandante, guardò fuori scrutando e valutando le onde di un mare e
la forza di un vento che, per quanto meno furiosi di poche ore prima,
si mantenevano ancora constanti su un buon sette con venti sui
quindici metri al secondo e le onde erano ancora sui tre o quattro
metri, anche se in prevalenza aveva smesso di giocare al gran
selvaggio, e iniziò la manovra.
> Bene signori
ora inverto la rotta,< e spingendo il motore a tutta forza, mise
la barra tutta a manca.
Sulle prime, sembrò che la Condor non
si fosse resa conto che la Mandria era stata lanciata al massimo,
difatti mi sembrò che fosse stata colta di sorpresa e che stesse
valutando rapidamente la nuova situazione.
Poi tutt’un tratto si
scosse e quasi frenetica, sempre più velocemente e rabbiosa, quasi
spingendo via davanti a sè le onde che la volevano fermare, quasi
buttandole da parte, prese velocità e inclinandosi a sinistra fino a
30° si girò come su di un piatto, e poco dopo mostrando al mare le
sue capienti chiappe, prese a navigare imperterrita del vento e del
mare verso Terra.
>È d’accordo con il 60% della
potenza Chief?
>Un 80% mi sta
pure bene se vuole, ora non ho problemi e la nave come vede naviga
quasi tranquilla, < risposi mentre mi apprestavo a scendere giù a
vedere Luwala e il Comandante impostava alla Mandria l’80%.
Come supponevo, quella
disgraziata che mi aveva pisciato in camera, mi stava già aspettando
ferma davanti alla porta e quando l’aprii scodinzolando mi salutò
e senza indugi uscendo dalla mia cabina si piantò di fronte alla
porta stagna che dava sulla seconda coperta a sinistra a un paio di
metri dalla mia cabina.
Aprii la porta per
farla uscire ma lei non si mosse, prima guardò fuori, guardinga e
sospettosa, poi annusò il vento, infine, guardandomi compiaciuta
quasi strizzandomi gli occhi, usci in coperta e si feci una bella
cagatina di gusto, sotto la scialuppa di salvataggio.
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