Dal Manoscritto:”DIE
WERFT” 1995
La Leggenda del Re Nudo
I Comandanti Nautici
sono i più pericolosi prototipi di Homo sapiens, sapiens che io
conosca. Sono quanto di peggio, di più insidioso e infido, di
ridicolo e presuntuoso, possa esistere in questo nostro mondo, in
diversi, in molti, in troppi casi, i Capitani Nautici della Marina
Mercantile , si portano una lunga sfilza di morti sulla coscienza .
Forse solamente la
squallida mentalità di un politico italiano, la si può comparare a
quella di diversi Capitani Nautici di nave mercantile, e questo
sotto qualsivoglia Bandiera in ogni angolo di mondo e di mare.
Naturalmente ci sono
le eccezioni, inverosimile, ma ci sono pure dei Comandanti Nautici
con la testa sulle spalle e il cervello al posto giusto e infilato
non nel proprio portafoglio con un patologico senso di infallibilità,
ben piantato anche nel DNA.
Quelli di tale
pasta sono miei amici. A ragion del vero devo dire che non ho molti
amici, pochini direi, comuque sempre meglio pochi amici, ma buoni,
che avere una banda di infidi , ambigui ed irresponsabili nautici
tra i piedi.
Ogni tanto anche i
miei amici danno i numeri, ma sempre e solo quando si sono bevuti un
po’ di birra, dato però che a bordo non beviamo alcoolici e non
abbiamo quasi mai il tempo di scendere a terra, li incontro solo in
condizioni normali, in mare, il che naturalmente rende la mia, ma
sopratutto la loro vita, molto più facile.
Il mio Amico Helmut
di Bremerhaven, che con me si trovava al Cantiere Navale della SLK a
Komarno in Slovacchia, sulla riva destra del Danubio, era uno di
quelli ligio al dovere, preciso nelle sue affermazioni e sicuro del
suo lavoro.
La Società
Armatrice per la quale lavoravamo ci aveva affittato un appartamento
di quattro stanze non molto distante dal cantiere e la nostra
giornata era tutta casa e lavoro.
Qualche volta però
uscivam, anzi non tornavamo neanche a casa e, girando da una
Birreria all'altra, preferivamo “stare usciti” e rintanare poco
prima di Mezzanotte piuttosto che farci due volte otto piani di scale
in una sola serata.
Quando però Helmut
si era incamerato una decina di Birre, allora anche lui cominciava a
dare i numeri, diventava il menestrello di se stesso e non la
smetteva più di decantare le sue gesta e capacita di Argonauta
dell’acqua salata.
In momenti del
genere mi mettevo sordo, nè ascoltavo, nè rispondevo, pensavo alle
mie cose e bevevo la mia birra senza dargli retta.
>Io parlo e tu non mi ascolti,<
brontolava quando si accorgeva che stava parlando con il muro.
>Racconti e
ripeti sempre le stesse idiozie, ormai le
conosco a memoria.<
>Allora non mi credi. Non è vero?<
>Ti credo.<
>Se mi credi, perché non ascolti?<
>Perché ho già sentito queste
storie la settimana scorsa, il mese scorso e pure l’anno scorso e
pure un paio di anni fa, per di più stavo pensando al sistema del
combustibile che ci vogliono costruire a bordo, c’è qualche cosa
che non mi quadra e penso che domani porterò delle modifiche per
renderlo più versatile ed efficiente.<
>Senti Franco,
per favore non ti arrabbiare, ma ti devo
dire una cosa.<
>Bene
ascolto.<
> Vedi Franco il cantiere ha già
costruito una cinquantina di navi per diversi Armatori Tedeschi, e
nessun Capitano si è mai lamentato dei sistemi.
>Ti credo sulla parola hai
perfettamente ragione, difatti è così.<
Helmut non capì la mia sarcastica
risposta, e comincio a decantare le sue capacità tecniche e quelle
dei suoi colleghi.
In momenti simili,
come sempre, chiedevo il conto e, facendogli notare che ormai era
tardi, gli facevo capire che per noi era giunto il momento di
andarsene a casa.
Dalla birreria dove
noi ci trovavamo a casa nostra, c’erano sì e no, tre minuti di
cammino, il guaio quella sera poco prima di Mezzanotte, era che il
Ring Bar si trovava in una posizione strategica e invitante, proprio
davanti a casa nostra, ed era ancora aperto.
>Qui, uno può camminare in mezzo
alla strada e non gli succede niente,< sbottò Helmut non appena
fummo in strada.
>Rallegratene, così non corri
pericolo di finire sotto un automobile.< replicai secco.
>In Germania una
cosa simile non te la puoi permettere, finiresti subito all’Ospedale
o peggio ancora al Cimitero->guardati le Automobili,< -continuo
a filosofare il mio arguto amico mentre pian piano ci incamminavamo
verso casa- >hai notato quei rottami su quattro ruote? Le poche
macchine tedesche che vedi per strada son di sicuro tutte rubate.<
>Non
necessariamente, qui non siamo in Polonia.< ribattei senza
approfondire il discorso.
>Tutto è così buio e grigio, le
strade sono deserte e poco illuminate, io qui non poteri vivere, e
tu?
>La gente da
queste parti è la stessa del resto del mondo, come quelli della DDR,
però anche loro qui sono da poco usciti da una dittatura comunista,
si stanno evolvendo verso un libero mercato e le cose cambieranno
presto in meglio, anzi, stando a quanto si vede sono già, e
continuano a cambiarsi di bene in meglio, ogni giorno che passa.<
Le strade, quel martedì sera erano
veramente deserte, ma poco prima della Mezzanotte non lo erano forse
in tutte le Città di Provincia di questo mondo?
A Bremen poi, dopo
la chiusura dei negozi il centro città si svuotava in poco meno di
mezz’ora in modo addirittura pauroso, a volte mi sembrava che la
gente non stesse rincasando, ma che letteralmente scappasse dalla
città, come per sfuggire ad un incombente pericolo.
Soltanto gli impavidi e i coraggiosi,
gli arditi della notte erano in giro e vagavano da Bar a Bar alla
ricerca di Dio solo sa cosa.
Spesso ,quando ero
giovane e bello, anch’io mi cimentavo in queste escursioni notturne
alla ricerca di qualche cosa, ed a distanza di tanti anni non ho
ancora capito cosa andassi cercando, di sicuro so solamente dire che
era bello cercare.
Anche il numero dei
“cercatori” oggi giorno si è drasticamente ridotto, difatti con
il 10% di disoccupati, in quel di Bremen pochi hanno ancora la voglia
o la capacita finanziaria di andare a cercare, chissà poi cosa.
Infatti, l’unico
parallelo tra le due città lo vedevo nel fatto che, mentre a Komarno
le strade erano deserte perche l’indomani mattina la gente doveva
andare in cantiere a lavorare per costruire le stesse navi in gran
parte pagate con incentivi Federali per incrementare l’Industria e
l’occupazione delle Länder Costiere, in Germania, a Bremen,
Bremerhaven e in altre Città portuali lungo la costa sia del Mare
del Nord, sia del Mar Baltico, le strade erano deserte perchè la
gente , non avendo un lavoro, non aveva di conseguenza i soldi per
uscire di casa a farsi un paio di Birre, e non certo perchè voleva
vivere da spartana.
I posti di lavoro
della cantieristica navale erano stati esportati in gran parte
nell’Estremo Oriente e quelli della Marina Mercantile Tedesca,
dall’Europa orientale nelle Isole dell’oceano Pacifico.
In pratica coloro
che con i loro contributi fiscali avevano permesso a Berlino di
incentivare l’Industria dei trasporti marittimi con tutti gli
annessi e connessi del caso, grazie all’ottusità
dei politici e il beneplacito dei sindacati orano erano disoccupati.
Era proprio grazie a
questo melmoso intreccio di interessi politici e finanziari che
uomini come me e Helmut ora, grazie alla loro grande esperienza,
venivano impiegati come ispettori di Costruzioni Navali in giro pel
Mondo, mentre in Germania un Cantiere Navale dopo l’altro, come
stava succedendo al Cantiere Vulkan di Bremen, dichiarava insolvenza
per mancanza di lavoro.
Avrei voluto
ricordargli questi fatti, considerando però che era ormai
praticamente impossibile cavar fuori dal suo cervello una frase
sensata, preferii starmene zitto.
In quei pochi
minuti, camminando piano, eravamo arrivati nelle vicinanze del Ring
Bar che era ancora aperto. Forse perché Helmut era un tantino
malfermo sulle gambe, e senza volerlo aveva preso quella direzione, o
forse anche perche da buon vecchietto non se la sentiva ancora di
farsi quattro piani di scale per arrivare a nostro appartamento,
fatto sta che si incamminò verso la piccola locanda che vantava
anche una delle migliori cucine a conduzione casalinga di Komarno.
Nel locale, mentre
al piccolo banco della birra sedeva un singolo avventore, quasi i
tutti tavoli erano collegati insieme in un'unica tavolata, e una
trentina di persone sui vent’anni ascoltava ciò che un anziano
signore, in piedi a capotavola stava loro dicendo.
Venni più tardi
a sapere che i giovani erano studenti del Liceo e stavano
festeggiando l’anniversario delle Fondazione della loro locale
associazione studentesca, nata dopo la caduta del Regime Comunista e
la divisione della Cecoslovacchia in due Stati.
Noi due ci sedemmo al banco e Karl, il
cameriere dietro il banco, ci servi subito due Birre Pilsner Urquell
alla spina che, senza mezzi termini, senza sé e senza ma, è da
considerarsi una tra le più squisite, se non la migliore birra del
mondo intero.
>Questa Birra non è per niente male
Franco, ma non tanto buona quanto la Birra Tedesca. <
In quel preciso istante ne ebbi
abbastanza.
>A questo mondo
c’è qualche cosa di dannatamente storto Helmut, vedi, o
l’imperiale decreto sugli ingredienti della birra sono la truffa
del millennio, oppure i maestri birrai in quel di Pilsen ci stanno
prendendo in giro,< -replicai con dosata e solenne lentezza a
Helmut che alle mie considerazioni, incredulo alle sue orecchie,
aveva cominciato a sgranare gli occhi- >perché vedi,<
-continuai scandendo ogni parola- >Com’e possibile che a noi,
giurati bevitori di birra, dopo un paio di giorni di degustazione più
o meno proficua di questa nobile fermentazione, ci si gonfia la
pancia e ruttiamo e scoreggiamo come i maiali? Come mai dico, ciò
non ci succede in Germania o nelle altre parti del mondo, ma solo qui
in questa terra da dove la birra di Pilsen è partita alla conquista
del mondo? Potrebbe forse darsi che i maestri birrai in Germania non
siano poi tanto capaci quanto il mondo crede che essi siano, come
loro vogliono farci credere di essere? Pensi che ciò sia possibile?
Comparando la birra che beviamo in Germania a questa che beviamo ora,
la possibilità che i maestri birrai tedeschi invece di essere tanto
maestri siano invece nient’altro che una banda di raffinati
alchimisti, che ci propinano acqua colorata con il sapore di birra e
una percentuale di alcol, sembra indubbia e non è poi cosi sballata,
non ti pare? Non pensi che alla luce di queste deduzioni, il Decreto
sugli ingredienti per la produzione della birra, emanato da Willelm
Secondo e da suo Fratello Ludwig in Baviera nel 1516, che dopo tutto
è da considerarsi il primo vero decreto sugli alimentari emesso in
Germania, potrebbe essere tutta una farsa?
Cosa ne diresti se
la favola del Re nudo si manifestasse in tutta la sua malvagia e
perfida comicità proprio qui e ora, a Komarno, al Ring Bar in un
bicchiere di Birra Pilsener Urquell?<
>Alla tua salute, scemo.<
>Alla tua, Helmut.<
>Mi stai
prendendo in giro non è vero? Come mai ti viene in mente di
screditare il decreto del 1516 che regola la produzione della birra
in Germania< mi chiese poi, non proprio sicuro del fatto suo.
>Perché?<
>Perché? Cosa
diavolo intendi con: Perché? Hai il coraggio di diffamare il decreto
del 1516 del quale noi Tedeschi giustamente andiamo fieri e tu mi
chiedi perche?<
>Quella che tu qui stai bevendo è
una Pilsener Urquell alla Spina Helmut.<
>E con ciò?< Sbottò quello
piuttosto incavolato.
>Che diavolo
intendi dire, con il tuo: E con ciò?< -gli scimmiottai dietro-
>Tutte le birre che si autodefiniscono Pils dovrebbero essere
prodotte così, altrimenti non si potrebbero denominare tali, non ti
pare?
>Quando
tu cominci a parlare per mezzi enigmi, e cominci a gironzolare
attorno a qualcuno, di solito significa c’è qualche cosa che bolle
in pentola, e che aspetti solo il momento giusto per rifilargli una
martellata in testa, si può sapere dove diavolo vuoi arrivare questa
volta Franco?<
>Cerco solo di
spiegarti che con tutte le probabilità quella che noi stiamo qui
bevendo è la vera birra, scaturita dall’arte dei veri Maestri
Birrai, se ciò e vero, ciò vuol anche dire che il Decreto del 1516
è una bufala, perché non corrisponde all’arte di produrre Birra,
ma solo agli interessi commerciali bavaresi di allora, che per una
ragione o per l’altra il mondo ha preso come verità assoluta. Se
quello che dico è vero, allora, noi, i bevitori di birra di tutto il
mondo abbiamo creduto ad una favola bavarese, ben orchestrata,che si
è prima propagata in tutta la Germania e da là, nel mondo intero.<
>Tu sei pazzo,
sei impazzito, ti ha dato di volta il cervello, tu a forza di cercare
di migliorare l’efficienza di quelle navi ha perso il contatto con
la realtà, sei fuori dai binari, stai scherzando non è vero?
>Ti sembra veramente che io stia
scherzando?< -gli risposi, mentre il povero Helmut, completamente
spaesato dalle mie affermazioni, sembrava non capire più un
accidenti.
>Quello che cerco
di spiegarti è il fatto che la produzione di questa birra, e molto
più costosa di quella che noi siamo abituati a bere in Germania, e
che molto probabilmente già allora qualcuno aveva pensato di
aumentare le proprie entrate tagliando sui costi di produzione,
facendo passare i suoi prodotti per alta qualità. A quel tempo la
gente era ignorante, era timorosa di Dio e fedele al Kaiser, credeva,
era semplice, sincera, rozza e paurosa, temeva la maledizione divina,
erano i tempi delle inquisizioni e nessuno voleva finire arrostito
per un boccale di birra, non ti pare? Ed è proprio un quest’ottica
che dobbiamo vedere la leggenda del Re nudo alla quale tutto il mondo
si è ormai abituato.
Il Decreto è stato
dettato dai commercianti che volevano guadagnare di più risparmiando
sul Malto e sul Luppolo, e il Kaiser firmò perche gli andava bene di
firmare, non perche gli interessasse cosa beveva la plebe a quel
tempo, e poi sai una plebe mezza ubriaca è sempre meglio di una
attenta e guardinga. Ubriachiamoli tutti, esultarono di sicuro i
commercianti di allora, oggi ubriachiamo la Germania e domani il
mondo intero. Capisci dove voglio arrivare Helmut, molto
probabilmente la Germania per prima e il mondo dopo, sono caduti
della fregatura più grande del millennio e nessuno fin ora se n’è
accorto, io sì,< -dissi sorridendogli con un sorriso satanico
stampato in Faccia- > hai finalmente capito, ieri la Germania e
domani il mondo intero, e quasi ci erano riusciti.<
>Perché poi solo
quasi?< sbotto Helmut irritato, dato che
ormai non capiva più niente.
>Per il semplice
fatto che la Germania è appena inciampata in un bicchiere di Birra
Pilsener Urquell, hai capito ora? La Germania e il mondo intero si
sono lasciati fregare dalla baggianata del millennio, la gente però
si sta svegliando, e prima o poi prenderà il Re Nudo a calci nel
sedere, e dopo Helmut, come a mettiamo con il dopo?<
Helmut non mi
rispose, stava lì mezzo afflosciato al banco e mi guardava con
occhio semi spento, cercava di coordinare le sue idee mentre la sua
baldanzosa arroganza di prima era svanita, e non sapeva più che
pesci pigliare.
Sembrava si stesse
chiedendo come mai mi permettevo di attaccare il sacro decreto del
1516 e lo volessi mettere a tutti i costi sul banco degli imputati.
Nel suo mondo
illusorio fatto di aspirazioni di supremazia e di inebrianti idee
accompagnate da quell’infallibile senso di superiorità che
attanaglia i più labili, e li fa diventare refrattari e sordi a
qualsiasi richiamo al buonsenso civile, le mie idee sul Decreto del
1516 che regola la produzione e la qualità della birra, erano delle
pure eresie.
Blasfemie e veri i propri vilipendi
alla sacra birra tedesca della quale io stesso ero un devoto e fiero
ed eccellente adoratore.
Secondo lui, e di
questo ero sicuro, eresie simili erano solo punibili e scontabili sul
rogo, e da come mi guardava già vedevo le fiamme purificatrici
divampare nei suoi occhi.
Quella sera il suo
cervello non funzionava più a come il solito, e per quanto cercasse
una risposta, una sorta di contro argomento da contrapporre alla mia
provocazione, vedevo che non riusciva a concepire nessun contro
argomento plausibile.
Pian piano vidi le
fiamme che fino a pochi secondi prima negli occhi suoi sfavillavano
vivaci e purificanti, spegnersi lentamente e lui rimase li
afflosciato sul banco della birra con la testa che gli girava e non
sapeva più cosa dire o cosa fare.
In silenzio si alzò
e, leggermente barcollando, si incamminò verso i gabinetti, ritornò
poco dopo e,con un semplice saluto accompagnato da un sorridente, >a
volte sei proprio una bestia< si incamminò verso l’uscita.
Solo il pensiero di
dovermi fare otto rampe di scale per arrivare al nostro quarto piano
mi tenne ancora inchiodato nel seggiolone al banco del Bar e così
ordinai un'altra birra.
>Di sicuro non hai tutti i torti
Franco, anzi guarda sembra proprio che tu abbia ragione, a volte i
tuoi colleghi sono dei veri imbecilli, si comportano da cafoni e in
un modo cosi arrogante e offensivo che a diversi di loro e stato
perfino interdetto l’accesso al cantiere. < Mi disse Karl mentre
mi metteva la non so più quanta birra sul banco.
Una famiglia speciale
Il mio vicino di
banco era ancora li, quasi immobile, taciturno, con quel suo sguardo
lontano ed assente, dava l’impressione che vivesse in un altro
mondo, molto lontano e molto differente dal mio attuale.
Era alto, scarno,
vestito in modo semplice, quasi arcaico, con una giacca grigia, di
vecchia fattura e taglio, tipica della gente semplice e non di certo
agiata.
I nostri sguardi si incontrano nello
specchio del buffet dietro il banco e girandosi poi verso di me mi
salutò sorridendo, quasi imbarazzato o pauroso di disturbarmi.
Sorrisi a mia volta e lo salutai con un
breve cenno del capo.
>Non vorrei
sembrarle importuno, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare la
vostra conversazione di prima, vorrei tanto invitarla per un
bicchiere di vino a casa mia, abito a due passi da qui, vorrei farle
vedere delle cose mie, che probabilmente l’aiuteranno a cementare
le sue idee< mi disse in perfetto tedesco, quasi timoroso di
ricevere una negazione.
Sorpreso lo guardai
per un momento ma poi, vedendo Karl annuire, accettai l’invito e
cosi senza sapere con chi avevo a che fare, pochi minuti dopo
lasciammo il Bar e girando l’angolo, arrivammo in pochi passi a
casa sua.
Un po’ sconcertato segui l’uomo
nella sua cantina dove da uno scaffale, prese una bottiglia di vino
bianco e l’apri, poi indicandomi una delle due poltrone che si
trovavano al centro della grande stanza mi invitò a sedermi, fu
allora che mi guardai in giro.
La stanza era piena
zeppa di vecchi mobili da cucina, un paio di letti e armadi smontati
e ben accatastati l’un acconto all’altro, occupavano gran parte
della stanza.
Appese alle pareti
accanto vedevo fotografie di gruppi famigliari e lì mi accorsi,
anche perché in diverse di quelle foto vedevo il tipico vestire
degli Ebrei Ortodossi che quelle erano fotografie scattate prima
della Seconda Guerra Mondiale.
Messo lì, nel bel
mezzo del resto della stanza, quasi stesse aspettando degli ospiti
c’èra un salotto completo con tutte le suppellettili di allora, la
grande vetrina, con dei bicchieri e la porcellana del Sabat ben in
vista, una libreria piena di libri e sul tavolo sopra un bel centro
candido e sicuramente ricamato a mano un vaso di fiori freschi.
Il tutto era ben tenuto e pulito, non
si vedeva un singolo granello di polvere.
In silenzio mi guardai in giro e
cominciai a capire, poi prendendo il bicchiere di vino bianco che
l’uomo mi porgeva annuii con il capo senza dire una parola.
>Vedo che ha
capito cosa mi ero permesso di farle notare, spero vivamente che non
me ne voglia, non volevo di certo importunarla, ma dopo aver
ascoltato i suoi pensieri ci tenevo a farle vedere tutto questo, e la
ringrazio veramente di essere venuto qua.<
In silenzio annuii di nuovo e
sorseggiai lo squisito Tokai che l’uomo mi aveva offerto.
L’anziano signore
mi spiegò che le persone che vedevo raffigurate nelle Foto era
tutta la sua famiglia e altri parenti sia da parte di suo padre che
era un Rabbino, sia di sua madre che era una insegnate di Liceo, mi
spiegò che tutti erano periti nei Campi di Concentramento nazisti, e
che lui stesso, all’età di 14 anni, come per miracolo, era
scampato a sicura morte ed era uno dei superstiti di Auschwitz.
Parlava sommesso,
senza rancore, mi spiegava che ad Haifa in Israele aveva ancora dei
parenti lontani, che già da anni ormai lo avrebbero voluto avere
con loro, ma che lui non se la sentiva di lasciare la casa dove era
nato.
Mi diceva che se fosse partito gli
sarebbe sembrato di abbandonare i suoi, di lasciarli soli in una casa
ormai logora dal tempo e sicuramente prossima alla demolizione.
E lì,per l’ennesima
volta, mi trovai a comparare la mia infanzia con la sua, mi rividi in
quel lungo vicolo cieco dove ero nato, ben accudito dai miei, mi
rividi a razzolare con gli altri bambini sul prato dell’asilo
infantile sotto i pini, e pensando alla sua infanzia e agli orrori
che già in giovane età aveva visto, quasi mi vergognai di essere
stato cosi fortunato da essere nato altrove.
Quella mezz’ora che stetti in casa
sua non dissi una parola, ascoltai solamente, e mentre ascoltavo mi
guardavo in giro e ad un determinato momento provai una strana
sensazione di freddo e la pelle mi si accapponò, mentre i peli delle
mie braccia si raddrizzavamo come se chiamati da una forza
sconosciuta.
E mi accorsi che non
eravamo soli, non li potevo vedere ma potevo benissimo percepirli,
sapevo che i suoi erano lì sempre con lui, che quell’uomo di cui
non sapevo nemmeno il nome non era mai solo, non provavo paura, ma
una serenità infinita e rassicurante, poi mi accorsi che l’uomo si
era addormentato.
Finii in mio
bicchiere di vino e in silenzio per non disturbare me ne andai in
punta di piedi, ringraziandolo in cuor mio per avermi lasciato
sbirciare nel suo animo e nei suoi ricordi.
Ritornai al Ring Bar dove Karl mi mise
senza parlare subito un bicchiere di birra davanti, disse solo che
quello me lo offriva la casa.
Rimasi in silenzio
seduto tranquillo sul mio seggiolone, finchè verso le due del
mattino, gli studenti e i loro professori non se ne andarono via,
solo allora pagai il conto e me ne andai a dormire pure io.
Erst nach Mitternacht, als langsam auch
die anderen Gäste nach und nach Feierabend machten, entvölkerte
sich das Lokal, so zahlte ich unsere Rechnung und machte mich auch
auf die Socken.
»Gut, dass wir hier nicht in Holland
sind,« dachte ich, als ich endlich in unsere Wohnung ankam, denn die
steile Bauart den holländischen Treppen, und das noch bei 59 Stufen,
wären in der Tat für einen alter halbbesoffener Mann, die reinste
Tortur gewesen.
|
- Si prega di inserire commenti riguardanti l'articolo.
- Commenti ritenuti offensivi verranno eliminati.
- E' severamente vietato qualsiasi tipo di spam. Cose del genere verranno cancellate.
- I commenti verranno approvati dall'Amministratore prima di venire pubblicati.
- Ricordarsi di inserire il codice numerico nell'apposito box
- Se il codice è errato riaggiornare la pagina (refresh)
|
Riporta quest'articolo sul tuo sito!
1. ...und sempre con l'elmetto in testa. Scritto da
Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
, il 25-09-2011 21:56 La metafora del Re nudo calza alla perfezzione tante cose, mette a nudo tante brutture dell'animo umano ed è proprio per questo che bisogna sempre rimanre con l'elmetto in testae non toglerselo mai Bisogna stare sempre molto attenti e facile perdere il senso della razionalità. Quando poi in un qualsiasi punto di vista ci si accorge che cominciano a sputare gli interessi di parte i tornaconti, i vantaggi e le convenienze, allora il tutto degrada in ipocrisia e da li può succedere di tutto. Praticato su scala Nazionale questo si chiama manipolazione delle menti e ciò a sua volta spalanca la porta alla demagogia Politica. Questo è il momento dove la Costituzione languisce e degenera in una filastrocca senza senso né lettori né ascoltatori da una situazione degenere può nascere solo la malapianta della Dittatura. Il Re nudo nasce proprio da queste cose, nel sapiente “far credere”. Le vittime sono brave Persone come Helmut, che se sapientemente guidate dai Media o sobillate da predicatori dell’odio, e sottoposti a un continuo input di notizie e nozioni ben lavorate, ad un certo punto smettono di ragionare e di vedere, di intendere e volere e vedono solamente quello che vogliono che vedano chi li guida e governa e cosi facendo, la Strada che conduce prima all’ubriacatura della Nazione oggi e del Mondo intero domani e spianata. La Storia ci insegna proprio questo. Ciao
|
Powered by AkoSuite 2007 |