A Roma, sconosciuta ai più, nascosta nei giardini degradati
dell’Esquilino, resta un piccolo gioiello: una Porta Magica, unica traccia giunta fino a noi di Villa Palombara che
sorgeva intorno alla metà del 600 nei
pressi della meravigliosa villa di Papa
Sisto V. Villa Palombara era certo assai più modesta della splendida
villa papale, cionostante rivestiva la sua importanza, visto che il Marchese Palombara
era un membro dei Rosacroce che poteva permettersi di finanziare numerosi alchimisti
ed intrattenere nella sua villa personaggi importanti come la regina di Svezia
che aveva i suoi medesimi interessi
La rosa, simbolo dei Rosacroce
schema della porta - segue-
I Rosacroce si dilettavano di studi in svariati campi scientifici,
ma solo gli adepti iniziati potevano avere accesso ai segreti di tali
conoscenze: un anticipo della futura massoneria.
A Villa Palombara c’era quindi una piccola dependance separata,
probabilmente un laboratorio, dove avevano segretamente luogo i
convegni e gli esperimenti alchemici. Si racconta che un giovane medico
ed alchimista milanese tal Giuseppe Borri, che era stato espulso dal
collegio di Gesuiti dove studiava per via del suo grande interesse per
l’occultismo, venne a Roma e si unì al circolo di Villa Palombara.
Secondo la leggenda Borri, finanziato dal marchese, pare facesse del
suo meglio per trovare la mitica pietra filosofale, quella che gli
avrebbe permesso di trasformare la materia in oro.
Ma quando l’Inquisizione papale si mise sulle sue tracce fuggì,
lasciandosi dietro un certo numero di pergamene su cui erano riportate
complesse formule, che nessuno però comprese.
Massimiliano Palombara le fece allora incidere sulla porta d’accesso
del suo laboratorio (o, secondo un’altra versione, fu lo stesso Borri
ad inciderle prima di partire).
Villa Palombara fu completamente demolita nella seconda metà
dell’800, quando fu edificato il nuovo quartiere. L’unica minuscola
parte che se ne salvò fu proprio il portale d’accesso alla dependance,
quella che oggi viene detta Porta Magica di piazza Vittorio, sebbene
Porta Alchemica sarebbe stato un nome più appropriato. Consiste in un
piccolo portale, ora murato, contornato da uno stipite di pietra bianca
ricoperto da simboli alchemici, ed affiancato da due strane statue di
origine egizia.
Sul gradino il motto SI SEDES NON IS, frase
palindroma che si può leggere da sinistra verso destra, “se ti siedi
non procedi”, ma anche da destra verso sinistra (SI NON SEDES IS), col
significato opposto: “se non ti siedi procedi”; l’insegnamento è quello
di perseverare nel proprio percorso.
Sopra la porta è affisso un grosso disco con un
doppio triangolo a forma di stella a sei punte , il sigillo del re
Salomone, vi è incisa tra l’altro la frase: TRI SVNT MIRABILIA DEVS ET
HOMO MATER ET VIRGO TRINVS ET VNVS, “tre sono le cose mirabili: Dio e
l’uomo, la madre e la vergine, l’uno e il trino”.
Si ritorna al concetto della unione degli elementi e di spirito e
materia, riportato nella tavola smaragdina. Un cerchio sormontato da
una croce è sovrapposto alla stella, e reca un altro motto :CENTRVM IN
TRIGONO CENTRI (”il centro è nel triangolo del centro”), la croce
simboleggia l’unione degli elementi, il centro, il sole
Nella parte più alta dello stipite, una scritta in ebraico : “Spirito Divino” -ruah elohim- ed altro non è se non una invocazione allo spirito santo.
Segue l’avvertimento che non si entra nel giardino delle Esperidi
senza aver ucciso il Drago. Il Drago rappresenta passioni ed istinti da
eliminare con la volontà ( Ercole), solo dopo aver ucciso il Drago
delle passioni, si potrà dare inizio alla pratica alchemica per il
raggiungimento della verità, Insomma solo dopo aver sconfitto la forza
delle passioni terrene, solo dopo aver ucciso il Drago si potrà passare
le porta alchemica ed entrare nel giardino delle Esperidi.
Più sotto vi è un riferimento mitologico a Giasone: HORTI MAGICI
INGRESSVM HESPERIVS CVSTODIT DRACO ET SINE ALCIDE COLCHICAS DELICIAS
NON GVSTASSET IASON (”il drago delle Esperidi custodisce l’ingresso
dell’orto magico, e senza Ercole Giasone non avrebbe assaggiato le
delizie della Colchide”).
Infatti gli alchimisti identificavano il Vello d’Oro cercato da
Giasone nell’antico mito degli Argonauti con la pietra filosofale,
l’obiettivo fondamentale dei loro studi, almeno in apparenza.
Naturalmente gli studi alchemici, precursori della futura chimica,
sottendevano qualcosa di molto più importante che la ricerca dell’oro
in senso stretto : la ricerca della conoscenza,
dell’equilibrio. L’obiettivo principale dell’alchimia non era la
trasmutazione dei metalli, quanto invece la trasformazione
dell’alchimista stesso verso l’unione con il tutto, verso la conoscenza
, la vera sapienza, ed entrare nel giardino delle Esperidi dopo aver
ucciso il Drago con la forza della volontà così da poter passare
attraverso la porta alchemica, simboleggia il faticoso viaggio
dell’uomo verso la conoscenza e la saggezza.
Il ricongiungimento dell’uomo al Cosmo, il raggiungimento della
unità nel Tutto, che è credo, il fulcro degli studi alchemici, viene
presentato come difficile e complesso, quindi e viene indicato sugli
stipiti della “porta” dove possiamo distinguere le tre fasi del processo alchemico: il nero, il bianco, il rosso.
- l Nero è simbolo di Saturno che rappresenta il Piombo: QUANDO IN
TUA DOMO NIGRI CORVI PARTURIENT ALBAS COLUMBAS, TUNC VOCABERIS SAPIENS
-Saturno rappresenta quindi la materia prima, il piombo, infatti :
“Quando nella tua casa neri corvi partoriranno bianche colombe allora
sarai detto saggio”.
In quest’iscrizione è indicata la trasformazione del piombo (i neri
corvi) in argento (le bianche colombe), cioè il passaggio dal nero al
bianco, dalla materia allo spirito.
Il rosso, il terzo colore, dovrebbe essere il fuoco, ma ancora non ho approfondito.
La fantasia si esercitò a lungo sulla porta e sul Borri. Si vuole
che Il Borri fosse imprigionato di nuovo a Castel S. Angelo dove
sarebbe morto, e tre anni dopo questa morte avvenuta nel 1695, si
avrebbe la nascita presunta di uno dei più misteriosi personaggi del
settecento: un leggendario alchimista che avrebbe trovato il segreto
dello elisir di lunga vita, il Conte di San Germano la cui esistenza si
sovrappone in parte con quella del mago più famoso, il conte
di Cagliostro che dichiarava di essere vissuto due secoli. Il confronto
tra i ritratti di Francesco Giuseppe Borri e del Conte di San Germano,
pur separati da almeno un secolo, mostrano, secondo alcuni, lineamenti
compatibili con quelli di una stessa persona.
In conclusione, secondo lo spirito e la cultura dell’epoca, comincia
a prender le mosse la moderna scienza, e si può capire che il popolino
che certo non poteva arrivare a capire , in ben altre e più pressanti
faccende affaccendato, condisse mezze notizie, mezze parole e mezze
verità.. con tanta e tanta fantasia e superstizione.
Comunque, dimenticato da tutti, in Piazza Vittorio in un angoletto,
tra lo sporco ed il degrado, c’è il ricordo di un pezzetto della nostra
cultura .
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