Quando la “festa della donna “ “fa la festa alla donna”

Scritto da Marista Urru   
domenica 08 marzo 2009


                                                           

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non  ho mai amato la celebrazione della festa della donna. In genere si celebra in pompa magna quello che non c’è più o che si finge che ci sia.

Ora la donna  con pari diritti, non mi sembra ci sia mai stata davvero, se non qua e là come anomalo episodio sociale. Quindi siamo nella seconda fattispecie: SI FINGE che ci sia qualcosa che non c’è, credo la volontà di parità effettiva.

 Nel senso che all’universo maschile  sta parità uomo donna, ammesso  che  si arrivi a capire  davvero di che si sta parlando, non interessa e non conviene più di tanto, e amolte donne  nell'universo della politica al femminile, sembra che  la festa serva solo per  qualche  trafiletto in più sulla stampa.

Questa festa è  ormai senza senso, specie se nel complesso  ripeterà vecchi riti, come temo,  e sarà solo il festeggiare il ghetto delle donne in cui esse si stanno volontariamente chiudendo, specie protetta da una parte e sempiternamente infelice e sfruttata, dall’altra, ottima merce da corteo politico politicante.

Quanto alle donne, poverette sono in genere maledettamente confuse.( segue)

Ed a me pare che le più sfortunate  in questo senso siano  quelle ancorate alla vecchia e un tempo utile lotta al maschio , lotta che indubbiamente  è servita a scuotere molte donne , a fare prendere loro coscienza di uno stato di antico servaggio, ma il tempo corre , e non si può restare fermi su vecchie rendite di posizione, infatti vediamo che le donne   specie se giovani, cadono  come pere di fronte all’amore, la natura  giustamente, chiama e .. addio impegno, addio pseudo- consapevolezza ( la consapevolezza di quel che si voleva essere,  non c’era  o non c’era abbastanza, visto che erano con la testa volta al passato) ed eccole spesso imbottite di impossibili idee  che non reggono il presente,  e che , svaporato il primo entusiasmo, di fronte alle difficoltà  le fanno  ritrovare  magari arrabbiate,  magari frustrate, ma senza il bagaglio necessario per reagire se non “contro il maschio “  ed eccole laureate vittime a tutto giro, arrabbiate   e fumanti come tori, pronte per i cortei… e poi pronte ad un mesto ritorno a casa,   magari  in veste di  rompiscatole cui un marito  violento e manesco potrebbe finir per rompere la faccia in un empito di ribellione maschia di fronte a certe pittimate asfissianti. quanto inutili .

Tanto per dire a chi va a finire il famoso torsolo. Una nuova sconfitta, una nuova  pecora da corteo, ancora una donna ributtata indietro nel tempo.

 

Ed a quel punto che ne è dei proclami politici politicanti, dei cortei, delle urla, dei gesti, delle parolacce a dare forza a concetti che non si esprimono neanche? Cenere  di un fuoco di paglia, eco di riti antichi che si ripetono per abitudine o peggio, a volte per interesse.

 

E mi sgomenta l’idea che forse  oggi donne   che non sanno come essere a pieno donne, andranno in gruppo  come scolarette al ristorante, vocianti e grottesche , imitando gli uomini in una sguaiatezza   retrò, oppure  si godranno uno spogliarello maschile ( ma se piace, perché solo l’8 marzo?) o in corteo ( non so se ci saranno anche quest’anno), mostrando mutande e facendo gesti evocativi,  e dimostreranno che la parità Uomo – Donna , manca ancora nei cervelli di troppe donne perché possa allignare  finalmente nella società e costituire un dato acquisito, quindi non urlabile, non  intruppabile nei cortei piazzaioli,  NON  POLITICAMENTE MERCIFICABILE .

 

E come donna non posso che sentirmi depressa, defraudata, e io si davvero  arrabbiata, e a volte  persino disgustata del totale deficit culturale di cui molta, moltissima colpa va ad alcune femministe e ad alcuni collettivi che ancora si etichettano ed etichettano le lesbiche per esempio, come fossero dei panda da proteggere.. c'è molta strada da fare, ma non nelle strade, bensì magari nella fatica , alla fine piacevole, di curare  accrescimento e consapevolezza culturale che , quella si, è in grado di cambiare, come è necessario, la società.

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