Stanley Jaki il rapporto tra scienza e fede |
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Scritto da Marista Urru | ||||||||
giovedì 09 aprile 2009 | ||||||||
![]() Jaki Stanley E' morto il filosofo e fisico ungherese naturalizzato statunitense Stanley Jaki, monaco benedettino noto studioso di fama internazionale del rapporto tra teologia e scienza, e' morto in un ospedale di Madrid, in seguito a complicazioni cardiache, all'eta' di 84 anni. Lo studioso si trovava in Spagna per visitare alcuni amici, prima di tornare negli Stati Uniti; una decina di giorni fa aveva tenuto a Roma alcune lezioni al master in scienza e fede del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. (Adnkronos). Il mondo attuale è afflitto da disparità sociali, dal trionfo della astuzia , della avidità e della indifferenza, che permettono nelle accettazione supina dei più, che i deboli, che non sono soltanto nel terzo mondo, vengano rigettati sempre più indietro. Per loro solo belle parole e suggestioni, mentre nei fatti vediamo crescere le file alla Caritas ed ingrossarsi il drappello dei disagiati, di coloro che vengono lasciati indietro, mentre ipocritamente si inneggia da decenni alla parità ed alla solidarietà. Tutti presi dalla tecnologia, dallo strologare spesso spocchioso dei tecnici, che pieni di sicumera ci hanno anche indotto ad affidarci a rovinosi "governi tecnici", governi in cui, e ce ne accorgiamo col senno di poi, l'uomo come persona non veniva neanche preso in considerazione, e come i tecnici ci hanno ridotti è davnti ai nostri occhi, siamo impoveriti materialmente e spiritualmente, per riscoprire forse che esiste l'uomo e che la solidarietà non è merce astratta da cortei e comizi o affare da FMI e similari, c'è voluto un terremoto in Abruzzo. Capiremo infine che tecnica e scienza non possono indicarci quel che è bene o quel che è male e che laici o cattolici che siamo, dobbiamo partire dal rispetto per la persona, per l'uomo, dal riconoscimento del fatto che l'uomo non può essere solo materia , ma in ogni caso deve curare anche la dimensione spirituale e questo indipendentemente dal sentirsi o meno credente. Non sappiamo in genere neanche più valutare bene e male, capire cosa è la pietà, l'amore, la solidarietà vera e non pelosa. Tutti presi a rimarcare la laicità dello Stato, che è cosa sana e giusta senza dubbio, direi doverosa, ma non c'è solo quella e comunque non implica la messa al bando di quanto di buono il pensiero cattolico che è alle radici della nostra civiltà, ha prodotto. In un clima di caccia alle streghe si è discusso in questi tempi del tema del rapporto tra scienza e fede, quindi probabilissimo che molti in Italia, nulla sappiano di questo illustre filosofo - fisico, invece dobbiamo ascoltare più voci se vogiamo avvicinarci il più possibile al vero, altrimenti saremo sempre condotti dagli altri e dove gli altri vogliono , e questo non sarebbe mai nel nostro interesse, ma nel loro. Il tema del rapporto teologia e scienza è attualissimo. Può la scienza arrivare a dimostrare che Dio non esiste? Molti hanno già risposto e dimostrato che no, non può, come non può dimostare il contrario, cioè che Dio esista, ma la scienza può arrivare a indicare in un certo senso la presenza di Dio. E a me sembra che dalla fisica , scienza che più ci avvicina alla filosofia, arrivi questa forte indicazione della presenza di Dio. L'opera di questo illustre monaco benedettino: Stanley Jaki, è preziosa per chi volesse accostarsi a questa problematica attuale ed affascinante, per questo di seguito riporto una intervista di Luigi dell'Aglio a Jaki Il terrore scientifico. Leggetela, è interessante, è stata fatta dopo il crollo delle due torri a Manhattan. LUIGI DELL'AGLIO: IL TERRORE SCIENTIFICO L'attentato di Manhattan è la tragica dimostrazione che la tecnologia può tradirci: parla l'americano Jaki "L'11 settembre? L'Occidente rischia disastri ancora più gravi" "Se non smetteremo di pensare che il potere quantitativo possa controllare tutto il resto, la nostra civiltà crollerà" "La caduta delle Twin Towers è la tragica dimostrazione che la matematica e l'ingegneria sono inesorabilmente neutrali. Con le loro leggi avevano tenuto in piedi le Torri, per le stesse leggi le hanno lasciate cadere sotto i colpi dei terroristi. Un'ennesima prova che la categoria delle quantità su cui poggiano le scienze esatte, anche se affascinante, è altamente ingannevole perché priva di una dimensione morale". Sorprende e "aggancia" la riflessione che fa Stanley L. Jaki, benedettino e professore di Storia e filosofia della scienza alla Seton Hall University, South Orange (Usa), a Roma in questi giorni per un convegno della Pontificia Accademia delle Scienze in tema di sapere scientifico ed educazione. Come ricercatore è noto anche per le sue applicazioni dei teoremi di Kurt Goedel. Professor Jaki, come ha vissuto l'11 settembre da scienziato? "La distruzione delle Twin Towers è stata orribile ma il mondo occidentale va incontro a una catastrofe ancora più grave, se si lascia troppo incantare dalla tecnologia scientifica. Cioè dallo straordinario potere di dominare gli aspetti quantitativi delle cose. Se arriviamo a pensare che, grazie al potere "quantitativo", sia possibile controllare anche ciò che non è "quantitativo", ci allontaneremo del tutto dai valori più importanti della vita umana". Insomma, secondo lei, l'11 settembre la tecnologia ha "tradito"? "I terroristi che hanno fatto sprofondare le torri di New York hanno utilizzato gli ultimi risultati della tecnologia. Ho letto il rapporto degli ingegneri esperti di struttura dei grattacieli. Se i terroristi avessero colpito le torri non all'ottantesimo piano ma al novantesimo o più in alto, non ci sarebbe stato il collasso. Le hanno colpite nel punto strutturalmente più debole. Coincidenza o no, questo è il fatto". Che cosa dedurne? Che anche in questo c'è una responsabilità sulla scienza? "La tecnologia non è vulnerabile o invulnerabile. È precisa o imprecisa. E certo non è buona o cattiva dal punto di vista morale". Gli scienziati lo sanno? "Cosa dichiarò John Robert Oppenheimer, il direttore del Progetto Manhattan? "Quando ormai sei a un passo da una impresa scientifica tecnologicamente dolce, vai avanti e soltanto dopo il successo tecnico ti preoccupi del resto". La maggior parte degli scienziati non vuol saperne dei limiti del criterio quantitativo. Anche la maggior parte dei teologi non ne sa niente". C'è una tendenza a rimuovere questo ragionamento? "È una questione che può essere capita immediatamente. Eppure su di essa si potrebbero scrivere montagne di libri senza che la gente la capisca". Ci si è chiesti se il terrorismo e la guerra non stornino attenzione e soldi dalla ricerca che porta benessere e progresso. "Ma scienza e tecnologia non possono automaticamente assicurare né il progresso né la stabilità nel mondo. Troppo spesso ci si prova ricorrendo alla guerra. E c'è ancora chi crede che la scienza possa, da sola, produrre stabilità e progresso? Scienza e tecnologia possono soltanto assicurare al genere umano i mezzi necessari per fare certe cose. Ma non forniscono né gli scopi né la determinazione né la buona volontà. Tutto ciò esula dalle preoccupazioni della scienza". Ma una parte degli scienziati rinvia apertamente a una ricerca interiore... "Prendiamo la teoria della relatività. È una rappresentazione assolutamente matematica, quantitativa. Ma in nome della teoria della relatività è stato predicato un vangelo secondo il quale tutto è relativo. E questa è diventata la sola verità assoluta". Nell'insegnamento, quale metodo va introdotto perché i giovani imparino ad amare la scienza e a usarla per l'umanità e non contro? "Prima di tutto, nelle scuole ci vuole disciplina; altrimenti la scienza non vi potrà mai entrare seriamente. Poi occorrono insegnanti convinti che esiste una differenza tra il male e il bene. Dobbiamo guarire l'insegnamento da questa malattia universale: la persuasione che vi siano soltanto attitudini differenti e che siano tutte, invariabilmente, buone e accettabili. Oggi i principii generali vigenti in Occidente assolvono qualsiasi comportamento: ma questo può portare al fallimento della società moderna. Il 65% dei ragazzi di colore e il 35% dei ragazzi bianchi vengono allevati senza un padre. È un rischio molto maggiore delle bombe nucleari da 50 chili l'una chiuse in una valigia". Vede rimedi a questa situazione? "L'uomo impara soltanto battendo il muso contro i suoi errori. Io spero che la tragedia delle Torri Gemelle risvegli il mondo occidentale. Oltre che dei fondamentalisti musulmani, dovremmo preoccuparci delle fondamenta della cultura occidentale che franano. Questa è ormai ridotta, più che altro, a una civilizzazione, cioè a un complesso di comportamenti civili. Una civilizzazione che ha gettato via la cultura. La parola cultura è intimamente legata al culto, cioè alla religione. E l'Occidente di oggi non ha e non vuole religione, rivelazione". Parla lo scienziato o il padre benedettino? "Parlano tutti e due. Quando uno scienziato affronta un argomento, impiegando soltanto qualche dato scientifico, in realtà parla da filosofo. Chi non può usare un approccio quantitativo, diventa ipso facto un filosofo. Quando pronunciate la parola "essere", siete di fatto un metafisico". La scienza è "condannata" a essere quantitativa? "Non è condannata, quella è la sua natura distintiva, il suo metodo. E più un ramo della scienza può risultare "quantitativo", più merita il riconoscimento di scienza veramente detta. La chimica, la fisica, l'astronomia, sono scienze esatte. Sta per diventarlo la biologia, grazie alla microbiologia. La sociologia e la psicologia non lo sono affatto; possono diventare discorsi razionali, non scienze". Spesso la società si rivolge alla scienza per avere consigli di ogni genere. "È un errore accostarsi agli scienziati per avere risposte etiche, filosofiche o sociologiche. Anche se ci sono fisici che, senza aver fatto nemmeno un corso di epistemologia o di morale, pretendono di tenere conferenze in queste materie".
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