Dedalo, Icaro e i poteri forti della economia

Scritto da Marista Urru   
mercoledì 20 maggio 2009
E' piacevole la lettura delle narrazioni mitiche, accendono la fantasia del lettore e non c'è dubbio che normalmente si viene subito presi dall'intreccio del racconto, specie se è un susseguirsi di fatti avventurosi, o dalla magia evocata dalla descrizione fantasiosa dei fenomeni della natura.

Altrettanto piacevole è  però leggere i miti, anzi per me rileggerli dopo tanti anni,  con ottica nuova, cercandone il significato nascosto, ben consapevole che è caratteristica del racconto mitico quella di prestarsi a diverse interpretazioni e significati, in base alle diverse conoscenze ed esperienze del lettore.

Il mito di Dedalo, fra i vari miti che ho cercato di leggere in "modo nuovo" per me, ricercando anche fra i vecchi libri di casa mia, è forse quello che mi sembra meglio  attagliarsi ai tempi poco piacevoli  in cui mi trovo a vivere.

 
Partiamo dall' isola di Creta, posta nel centro del Mediterraneo, circostanza che ne fece  il trés d'union fra due civiltà: quella Egiziana e quella Minoica.

 
Minosse era il re della isola e le leggende che sorsero intorno questa figura , trovarono  basi storiche.

Minosse era re che fece sorgere grandi opere e Dedalo, che la leggenda vuole essersi rifugiato a Creta dopo aver ucciso il nipote che gli sembrava potesse  oscurarlo con la sua bravura, rappresenta il genio, il costruttore che, maestro della tecnica, spende la sua vita per essa, per perfezionarla, dimentico o incurante degli effetti che quella tecnica può produrre, sostanzialmente insensibile al bene ed al male.

Ecco quindi una storia antichissima diventare attuale: un potente, un potere , che chiede all'artefice una opera che nessun altro possiede, chiede all'artefice di mettere al servizio del Potere la capacità tecnica, e  questi, pago solo di poter esplicare le proprie capacità, di ottenere risultati che in qualche modo lo "avvicinino agli dei", esegue gli ordini al meglio, incurante  degli effetti  che le novità  e le possibilità introdotte avranno sugli uomini non ancora pronti al nuovo. Pensiamo alle tante armi  omicide nate da una ricerca in buona fede attuata per il progresso, o come il sogno delle macchine volanti si sia tramutato in fonte di armi mortali e di oppressione. Ma io ci aggiungerei anche le violenze "sociali" cui  le moderne forze economiche  vogliono sottoporre  gli uomini per accelerare quei processi di integrazione  che dovrebbero svolgersi nel tempo naturale, o almeno più naturale possibile.



Il mito di Dedalo ci evidenzia questa incapacità della tecnica e della scienza di analizzare il bene ed il male che potrà causare specie nel momento in cui  si mette non al servizio della umanità, ma a quella del potere, scisso dalla etica, scisso dall'amore per l'uomo.
Ed io immagino che medesima incapacità vi sia stata  in molti sociologhi ed etologi che hanno posto il loro sapere al servizio delle forze economiche, spero senza  prevedere gli sconvolgimenti e la sostanziale violenza verso  i popoli che  andavano ad operare.

Dedalo è simbolo principe di questa tragedia che tanti dolori ha causato alla umanità:  riceve da Minosse il compito di costruire un labirinto da cui nessuno potesse  uscire,  come abitazione del  Minotauro, mostro crudele , metà uomo e metà toro, figlio di un rapporto osceno tra la regina Pasifae ed un toro, simbolo quindi della parte bestiale dell'uomo che lo rende incapace di ragione.

Dedalo si trova però prigioniero con il figlio nel labirinto da lui stesso costruito,  sa troppo dei segreti della reggia,  e Minosse lo vuole prigioniero; quando poi  Minosse si infuria perché Teseo riesce a sconfigger il mostro aiutato proprio  da Dedalo,  questi prepara la fuga. E qui mi sono impantanata , che spiegazione dare? La scienza prigioniera della tecnica? Ma non mi sembra che sia giusto, mi sembra più giusta la spiegazione trovata in seguito  in un vecchio libro : la scienza prigioniera di se stessa, vittima delle proprie macchinazioni in un certo senso.

E si arriva al tentativo di evasione, al volo con ali tenute da cera, alla poca accortezza del giovane figlio, che incurante  degli avvertimenti paterni vola alto e si avvicina al sole, finchè la cera non si scioglie e si verifica la  morte del giovane che aveva voluto troppo per la natura umana, senza  adeguarsi ai limiti che questa impone.

Intolleranza giovanile o incuranza del potere degli dei? Apollo , il dio del sole non aveva un carattere facile, non da sopportare sfide umane. Icaro come un incauto ateo?  Non lo so, ma certo ogni mito è come uno scrigno pieno di possibili significati, anche in questo il fascino inestinguibile di questi racconti .

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