Fascismo ed antifascismo - Cassola e "La casa di via Valadier"¯

Scritto da Marista Urru   
giovedģ 18 settembre 2008

 

 

 

 

 
 


 

 

 

 

 

 


La storia non è solo un insieme di eventi concatenati nel tempo, di date e trattati. Storia è anche il vivere quotidiano delle persone che gli effetti della politica, dei trattati, degli accordi degli uomini di Stato e dei poteri forti subirono, storia è anche il segno che tali eventi lasciarono sulla vita spirituale e morale degli uomini, dei popoli.

 
Nel particolare momento politico che stiamo vivendo a me pare che la lettura,  e  per chi lo avesse già letto, la rilettura, del libro di Cassola possa essere illuminante. Il racconto delle vicissitudine delle persone comuni che lottarono nel piccolo di vite private contrapponendosi al fascismo o sfiancandosi nel dilemma fascismo ed antifascismo, esposto con delicatezza e precisione dall’autore, come d'altra parte da molti altri scrittori italiani nel filone del neorealismo nato nel dopoguerra, può esser chiarificatore specie per i giovani che quei tempi non hanno vissuti e che quindi, spesso sospinti dalle opposte sirene dei moderni politicanti, trinciano affermazioni e giudizi avulsi dalla realtà di una epoca di cui hanno nozione tramite narrazioni e scritti di parte, ormai sempre più resi imperfetti in qualche modo, dall'offuscarsi dei ricordi e dalla urgenza degli opposti interessi; leggere invece quel che a ridosso dei fatti scrissero uomini che quei fatti conobbero e vissero in prima persona può essere non solo interessante, ma necessario.





Gli autori del dopoguerra aderirono tutti al neorealismo e non per moda o conformismo , semplicemente sentivano di dover raccontare il vissuto proprio e di tutti, quasi un lavacro dal male passato, io a tale proposito son convinta che il neorealismo possa esser spiegato anche in chiave psicologica, e forse lo è stato ed io non lo so.

 
Ricordo bene che la mia spontanea e sentita adesione all’antifascismo, non rancorosa, visto che il fascismo non lo ho conosciuto direttamente, non nacque solo dai racconti ascoltati in famiglia, ma meglio forse fu maturata dalla lettura di romanzieri come Cassola, e non solo : Gadda, Jovine, Pratolini, Tobino... fino al "Gruppo del 63", e questo sotto la spinta di mio padre e mia madre che alla fine, credo anche stremati dai mille perché che ponevo, mi misero in camera un bel blocco di libri con l’invito a leggerli e trarne delle mie conclusioni, senza nessuna indicazione o spinta a privilegiare il giudizio di questo o quello autore.

  E di questa possibilità di sereno giudizio ringrazio ancora i miei che pure ebbero vite e famiglie rovinate dal regime, lo ho considerato da parte loro un "atto di amore" nei miei confronti, visto e considerato che avrei dovuto vivere in una Italia in cui se pure il fascismo era caduto, pure il  seme avvelenato del "fascismo reale" si era nascosto, come più tardi ho potuto capire da sola, nei più impensati meandri del potere .

I racconti di Cassola contenuti nel volumetto “La casa di via Valadier”, furono scritti negli anni 50, in un momento in cui il fascismo è già passato e quindi l’autore può con calma narrare e ripercorrerne gli anni nel momento in cui è meglio affermato e quindi più crudo ed oppressivo, e lo fa tramite il racconto delle peripezie di operai socialisti che dalla Toscana debbono migrare verso Roma nella speranza di sfuggire dalle violenze e dalle intimidazione del regime ( L’esilio ).

 
Il racconto che dà invece il nome al volumetto , ci mostra il travaglio della classe piccolo borghese romana , di socialisti che si opposero fino alla fine al regime, senza cedimenti, rappresentati dalla vedova di un dirigente socialista che cerca di tenere uniti gli amici ed i compagni del marito nella continua speranza di un avvenire che pare non arrivare mai, in una spossatezza e logorio degli ideali che vengono vinti in qualche modo dalle amare delusioni, fino al loro tradimento proprio da parte del fratello della vedova Turri. Tradimento che dopo un penoso travaglio Leonardo l’amareggiato figlio del “traditore” convertitosi all’antisocialismo, pone alla morte del padre nella casella del “passato” per potere finalmente

“… porsi con chiarezza e pietà di fronte al proprio passato, ed alla luce di quella chiarezza e pietà poter giudicare il presente..”




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